Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Mercoledì 1 aprile 2020

INPS

Il racconto della giornata di mercoledì 1 aprile 2020, attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dall’analisi dei dati dell’epidemia di Vittorio Agnoletto al caos col sito dell’INPS nel giorno del via libera all’invio delle domande per il bonus di 600 euro. Nonostante gli appelli e le richieste, i dati sui decessi legati al COVID-19 a Milano non vengono rilasciati. Radio Popolare è in attesa di una risposta dal sindaco Beppe Sala. La Spagna ha superato i 100mila contagi e in Iran, dove secondo i dati ufficiali ci sono almeno 47mila persone positive al COVID-19, scarseggiano i farmaci salvavita. In chiusura, i dati della diffusione del coronavirus in Italia.

L’analisi di Vittorio Agnoletto sui dati dell’epidemia diffusi oggi

I dati di oggi sul contagio in Italia sono in linea con l’ultima settimana. Sono stati 4782 i nuovi casi. Circa 80.500 le persone attualmente positive al coronavirus.
Ancora alto il numero delle morti correlate: 727 nelle ultime 24 ore. Oltre 13mila le vittime accertate finora dalla protezione civile.
“Numeri buoni, ma le misure restano. Dobbiamo ancora restare a casa”, ha spiegato il capo del dipartimento Borrelli. Ieri l’Istituto superiore di sanità ha detto che potrebbe essere stato raggiunto il plateu.
Anche in Lombardia la curva è stabile. Oggi 1565 nuovi casi di contagi, in aumento rispetto a ieri. Ma il dato è segnato da un maggiore numero di tamponi effettuati: ne sono stati processati circa 7mila, il doppio di ieri.

L’analisi di Vittorio Agnoletto

 

INPS, caos e confusione per il bonus da 600 euro

(di Alessandro Principe)

339mila domande in un giorno. Tante sono state le richieste di lavoratori autonomi per ottenere il bonus di 600 euro. E il sito dell’Inps si è bloccato. Il presidente Tridico ha parlato anche di un attacco informatico che avrebbe complicato le cose. Ma sta di fatto che l’annuncio poi smentito di un ordine cronologico per soddisfare le richieste è stato un incredibile errore. L’informativa era stata pubblicata sullo stesso sito ufficiale: un click day, chi prima arriva prima prende i soldi. Poi la smentita. Confusione, e poi l’ingorgo.
Ora dovrebbero essere dati dei criteri per scaglionare gli accessi, fermo restando il diritto di accedere al bonus. Staremo a vedere.
1 milione e 400mila i lavoratori coinvolti dalla cassa integrazione sempre in base alle richieste arrivate finora all’Inps. I primi pagamenti dovrebbero arrivare il 15 aprile. Ma è molto difficile che i tempi siano davvero questi. Come hanno denunciato i consulenti del lavoro il decreto cura Italia non ha previsto procedure semplificate: quindi finalità emergenziale ma mezzi ordinari. “Lì c’è il collo di bottiglia che rallenta tutto”, afferma Pasquale Staropoli della Fondazione consulenti del Lavoro.
L’accordo tra governo, sindacati e banche dovrebbe rispondere a questo: le banche dovrebbero anticipare il dovuto in attesa di avere poi il rimborso dall’Inps.
Intanto la Regione Emilia Romagna ha fatto da sé e annunciato un proprio accordo con le banche Emiliane dal contenuto analogo ma più ampio. E bisogna capire come si coordineranno i due piani, quello Statale e quello regionale.
Poi c’è la cassa in deroga, quella per le aziende che non hanno accesso alla cassa ordinaria. “Ancora più complicato: le regole qui sono regionali”, fa notare ancora Pasquale Staropoli.
Ci sono 20 diverse regolamentazioni, con diversi tempi e requisiti. E, aggiungiamo, diversi livelli di efficienza. Il decreto cura Italia non dice se per accedere alla cassa in deroga serve l’accordo regionale e quello aziendale. Inutile dire, come segnalano i consulenti del lavoro, che ogni regione sta interpretando la norma a modo suo.
Detto che uno speciale ammortizzatore di emergenza, con regole uniche, sarebbe stato forse più adeguato (come gli stessi consulenti del lavoro avevano proposto), sembra tornare anche qui il meccanismo poco virtuoso già visto per le ordinanze. Governo da una parte, regioni dall’altra. Norma nazionale e norma regionale. Regola nazionale e interpretazione regionale. Un meccanismo che in tempi normali crea problemi, in tempi straordinari rischia di fare disastri.

Il mistero sui dati delle morti per coronavirus a Milano

(di Letizia Mosca)

Le persone morte con il coronavirus o per il coronavirus a Milano non sono neanche un numero. Dall’inizio dell’emergenza il dato non è mai stato reso pubblico. La Protezione Civile dà i morti solo accorpati per provincia. Al sindaco Beppe Sala va bene così e non fornisce i dati in suo possesso. Radio Popolare li sta chiedendo da una settimana. A Palazzo Marino rispondono addiruttura che non li hanno e che il sinadaco non è interesato a chiederli nè a diffonderli. Dicono perfino che non sarebbe responsabile dare bollettini sui decessi in questo momento.
Oggi ci è stata promessa una dichiarazione del sindaco, forse nei prossimi giorni. Un numero che si può fare è quello che arriva dal Ministero della Salute, fermo per ora al 18 marzo, quando il contagio era molto più basso di adesso: in tre settimane sono morte 289 persone in più rispetto a quelle attese. Ora c’è anche la scena impressionante delle bare allineate sui banchi della Cappella di Niguarda. Alcuni corpi anche senza bara, nei sacchi di gomma, perchè anche un ospedale molto grande come il Niguarda non ha più posto negli obitori.
A Milano di solito muoiono 40-50 persone al giorno, In questa ultima settimana invece sono state il triplo“, ha dichiarato presidente dell’associazione nazionale imprese funebri al sito estremeconseguenze.it. Ma il numero dei morti, che esiste, e che con tutti i distinguo del caso potrebbe dare l’idea dell’impatto del virus sulla città, viene ancora tenuto nascosto.

COVID-19, la Spagna supera i 100mila contagi

(di Giulio Maria Piantadosi)

Anche la Spagna supera i 100 mila casi di contagi per coronavirus. Da sabato sono morte più di 4 mila persona, 800 al giorno. Ma ci sono anche buone notizie: negli ospedali di Madrid si è registrato un calo dell’affluenza di malati. Se fino a domenica ne arrivavano più’ di 300 al giorno, ora sono meno di 200. “I dati dicono che l’isolamento funziona”, ha detto il ministro della sanità Salvador Illa.
L’emergenza ora si è spostata nelle province più isolate, con meno risorse e posti letto come Segovia o Teruel, che hanno chiesto urgente aiuto al governo di Madrid. In Catalogna ha provocato molte polemiche un documento della regione, che raccomandava non ricoverare in terapia intensiva in pazienti con pu’ di 70 anni e con patologie previe. Dagli ospedali di Barcellona pero’ hanno smentiscono e negano che la direttiva sia seguita alla lettera perché ogni caso viene analizzato singolarmente.
Il governo socialista di Pedro Sánchez ha varato una batteria di misure sociali: blocco degli sfratti, moratoria degli affitti e delle tasse per le partite Iva . Allo studio c’è anche un reddito minimo di inclusione per quelle famiglie che non dispongo di nessun tipo di ingresso.

Iran, 47mila positivi e scarsità di farmaci salvavita

(di Farian Sabahi)

L’Iran è uno dei Paesi maggiormente colpiti dal COVID-19: il bilancio di oggi pomeriggio è di oltre tremila morti, 47.593 casi positivi e 15.473 guariti. Le restrizioni agli spostamenti non sono severe come in Italia, ma almeno fino all’8 aprile gli iraniani non potranno spostarsi da una
città all’altra. Consapevoli dei rischi per la salute, molti restano a casa. Un problema importante, per l’Iran, è la mancanza di medicinali: non sono formalmente sotto sanzioni americane ma le pressioni di Washington sono state tali che le case farmaceutiche occidentali non fanno più affari
con Teheran. Per questo motivo, in Iran mancano farmaci salvavita, anche quelli per combattere il cancro.
Ora, dopo tanta esitazione, è stata effettuata la prima operazione per consegnare materiale sanitario all’Iran, materiale del valore di 500 mila euro. Non si tratterà di una vera e propria vendita ma di un baratto usando un meccanismo speciale, tutto europeo, chiamato Instex. Una manciata di Paesi europei ha deciso di utilizzare per la prima volta questo meccanismo – concepito oltre un anno fa da Germania, Francia e Regno Unito – per aiutare l’UE a salvare l’accordo nucleare con Teheran, quello che il presidente statunitense Donald Trump aveva mandato a monte ritirandosi unilateralmente nel 2018. Se gli europei hanno osato tanto, è perché sono consapevoli che in questo momento la Casa Bianca ha ben altre gatte da pelare.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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