Nessuna dichiarazione da parte di Giorgia Meloni: dopo l’incontro, a parlare sono stati solo il presidente Zelensky, con una nota, e poi il ministro Crosetto, che ha incontrato il responsabile della difesa ucraino al quale ha promesso che “l’Italia continuerà a fare la sua parte con lealtà e serietà”. Ma nelle poche righe in conclusione dell’incontro, Zelensky non ha citato l’aiuto militare in armi e materiale bellico che cercava dall’Italia. È un non detto, una promessa implicita — si dovrebbe pensare — nascosta nel ribadito sostegno italiano che Roma ha ancora una volta ripetuto. Ma da Palazzo Chigi nessuna nota ufficiale e le ambiguità quindi restano.
Zelensky parla di un “incontro eccellente”, di un “approfondimento degli aspetti diplomatici”; dice di aver informato Giorgia Meloni del lavoro negoziale in atto e la ringrazia per il pacchetto di assistenza energetica che saranno di aiuto alle famiglie in Ucraina. Ma il resto non è detto. L’incontro avviene dopo la riunione tra Francia, Inghilterra e Germania, alla quale Meloni ha partecipato solo in parte e da remoto. È l’evidenza concreta di una posizione diversa, di secondo piano, che in questo momento non è decisiva nel raccordo tra Europa e Stati Uniti, nel riprendere un dialogo tra Washington e Bruxelles.
Giorgia Meloni non riesce a fare più promesse di quante ne possa mantenere, sul fronte delle armi, — visto che il decreto per la proroga nel 2026 è ancora in attesa di arrivare al Consiglio dei ministri — sulla destinazione e l’uso degli asset russi, visto che a Roma la maggioranza di governo ha idee diverse. Arrivare a un accordo che accontenti il ministro Tajani da un lato e Salvini dall’altro richiede tempo e diplomazia.


