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Fase 2 a Mantova. Intervista al sindaco Mattia Palazzi

Comune di Mantova

A pochi giorni dalla grande riapertura in Italia, qual è la situazione nei comuni e nelle città della Lombardia? Oggi siamo andati a Mantova, dove si sta organizzando per riconquistare una quotidianità il più normale possibile nel rispetto delle distanziamento sociale.

L’intervista di Alessandro Braga a Fino Alle Otto al primo cittadino di Mantova Mattia Palazzi.

Com’è la situazione a Mantova?

Sta andando abbastanza bene, stiamo affrontando questa fase con assoluta responsabilità e prudenza, ma anche con fiducia. Già da un mese abbiamo messo in piedi un piano, lo abbiamo chiamato Piano Mantova, che va dal sostegno al commercio e artigianato – abbiamo messo 1.700.000 euro, che per un comune di 50mila abitanti è una cifra pazzesca – per dare una mano ai nostri commercianti che hanno dovuto tenere chiuso per tre mesi. Stiamo posticipando le imposte e ieri abbiamo fatto una call con 60 associazioni culturali per organizzare un’estate ricca di iniziativa con le regole che ci saranno. La cultura è molto importante per tutto, dalle relazioni all’economia.
Abbiamo lavorato e stiamo lavorando molto sulla mobilità e stiamo cercando di non solo sostenere una fase di grande difficoltà, ma al tempo stesso anche provare ad uscire da questa vicenda con una città su alcuni temi cambia e cerca di impostare un pezzo del suo futuro. L’altro ieri abbiamo presentato un piano con aziende private che investono 4 milioni e mezzo di euro per portare la fibra ottica in tutta la città e in tutti i quartieri, perché abbiamo capito in questa crisi come l’infrastruttura digitale è diventata un tema di diritti. Se tu non hai una connessione veloce puoi fare la didattica online e lo smart working, altrimenti no. E questo non è banale in un momento in cui anche da questo punto di vista abbiamo misurato le disparità.

Oggi si parla del rischio che questa “movida selvaggia”, come alcuni l’hanno definita, possa portare nuove chiusure. Lei ha visto qualche situazione del genere?

Qualcosa si è visto, ma noi stiamo intervenendo molto. La polizia locale sta facendo, e lo farà per tutto il weekend, controlli fino all’una di notte. Poi stiamo facendo tanti appelli alla responsabilità delle persone e ai gestori dei locali, in particolare a quelli più legati alla movida, così come a tutti i genitori nei parchi. È chiaro che il timore c’è e non possiamo permetterci di sbagliare assolutamente nulla, ma stiamo anche agendo per provare a riconquistare la quotidianità. Proprio ieri abbiamo lavorato – e saremo la prima città lombarda nonostante il governo della Regione non abbia dato un euro – per riaprire le aree giochi per i bambini dal 3 giugno. Le nuove disposizioni prevedono di igienizzarle ogni giorno e a Mantova che ne ha 52 e costerebbe 2.500 euro al giorno per farlo, qualcosa di insostenibile per il Comune di Mantova. Allora abbiamo studiato un progetto di utilità e impegneremo 30 persone che ricevono il reddito di cittadinanza. Credo che in una fase come questa chi può dare, soprattutto se aiutato dallo Stato, non deve star fermo a ricevere l’assistenza dello Stato. In questo modo dal 3 giugno potranno riaprire i parchi e i bambini potranno tornare a giocare nei nostri parchi utilizzando le giostrine a loro dedicate. Stiamo cercando di studiarle tutte in una fase nella quale le preoccupazioni sono diverse. La prima preoccupazione è quella di non tornare indietro, la seconda è quella economica e la terza, me lo consenta, è quella dei Comuni. Ad oggi non si sa quanti soldi arriveranno al Comune di Mantova dallo Stato e dalla Regione. Non è arrivato nulla e non ho la certezza che arriverà qualcosa. Quello che so per certo è che i fondi saranno ampiamente insufficienti: se non si mettono subito i soldi sui comuni per coprire l’intero ammanco della spesa corrente sarà un problema.

Come si sta organizzato dal punto di vista dei centri estivi?

Ci danno le regole, ma non ci danno i soldi per attuarle. Vogliamo far partire i centri estivi e da questo punto di vista, se non sbaglio, so che il governo mette 180 milioni di euro, ma non ho ancora capito come arrivano ai comuni e quanti ne arriveranno e con quali tempi. Noi stiamo già studiando un modello con il sistema delle scuole e le associazioni di volontariato. C’è assolutamente bisogno di dare una mano alle famiglie sostenendo anche il gioco e la capacità di aggregazione dei ragazzi. Noi li faremo senza dubbio, la scorsa estate ne abbiamo fatti 60 e vogliamo riuscirne a farne altrettanti. Il modello sarà complicato, il personale da impiegare sarà molto di più e i gruppi molto più piccoli. Stiamo cercando degli spazi idonei che consentano di fare attività garantendo il distanziamento. Il problema, ripeto, è che se non si mettono i soldi ai comuni si farà fatica a gestire la ripartenza e tenere insieme la coesione sociale nelle città.

È partita la sperimentazione sul plasma iperimmune e anche l’ospedale di Mantova è uno dei protagonisti.

L’ospedale di Mantova, insieme a Pavia, ha fatto partire già da tempo il protocollo di sperimentazione e adesso si attua nelle RSA della nostra città. L’ospedale di Mantova sta facendo un lavoro straordinario e importantissimo e ovviamente stiamo tutti facendo il tifo per una cura che sta dimostrando di poter funzionare.
Ci tengo a dire che sono tra coloro che davvero ritiene che in Lombardia in questo momento preferisce non sottolineare gli errori nella gestione da parte della Regione e della Sanità regionale. Preferisco dire che quello che è successo ci ha portato ad avere in Regione una capacità di reazione importantissima. Se pensiamo che partiti con 780 posti di letto di terapia intensiva per arrivare a 1.500 in meno dieci giorni, questo è uno sforzo oggettivamente enorme che è stato fatto.
L’invito che io ho fatto al Presidente Fontana e alla maggioranza è di ragionare da subito su come recuperare i presidi sanitari territoriali nella nostra Regione che sono stati indeboliti da oltre 20 anni. Abbiamo capito tutti che per quanto gli ospedali siano eccellenti, e lo sono, se non hai la capacità di presi in carico territoriale e se tutto finisce nell’ospedale, è evidente che non puoi non mandare in tilt il sistema sanitario nazionale. E questo non possiamo permettercelo.

Foto dalla pagina Facebook del Comune di Mantova

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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