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Vince la paura, come nel resto d’Europa

Il referendum in Gran Bretagna della prossima settimana sarà il passaggio più importante per il futuro dell’Unione Europa dall’allargamento a est. Non solo perché la Gran Bretagna è una delle principali economie del continente, ma anche perché la consultazione sulla permanenza in Europa arriva in un momento particolare, nel quale anche altri paesi europei sono attraversati da un sentimento di rabbia nei confronti della politica e di chi prende decisioni che appaiono sempre più imposte dall’alto, senza tenere in considerazione i problemi e i bisogni della popolazione a livello locale.

Questo sentimento, che sostanzialmente è un sentimento di paura, si manifesta in vario modo: a est le campagne contro l’immigrazione, in Francia il distacco dai partiti tradizionali e l’appoggio al Fronte Nazionale di Marine Le Pen, in Gran Bretagna appunto la voglia di staccarsi dal resto d’Europa. Manifestazioni dal basso che spesso vengono cavalcate dalla politica: la chiusura dei confini sulla rotta balcanica, l’appoggio alla Brexit da parte di diversi politici britannici.

Secondo i sondaggi di queste ultime settimane in Gran Bretagna il sentimento anti-europeo sarebbe più forte nelle zone povere, anche se ci sono importanti sacche di anti-europeismo in alcune ricche roccaforti del partito conservatore. Le grandi città, i centri universitari, le zone più sviluppate che in questi anni sono riuscite a riconvertire le vecchie industrie sarebbero invece favorevoli a rimanere nell’Unione Europea.

Questo vale soprattutto per l’Inghilterra, ma il Regno Unito è fatto di diverse nazioni. Oltre all’Inghilterra ci sono Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Queste regioni, seppur molto diverse tra loro, condividono un certo distacco da Londra e un significativo sviluppo economico realizzato negli ultimi vent’anni grazie ai fondi europei.

Tutte queste considerazioni si traducono in quadro molto complesso, condue soli punti fermi: le fasce sociali più svantaggiate e meno istruite tenderanno a votare Brexit i centri più moderni e dinamici e la periferia del paese (Galles, Scozia e Irlanda del Nord) sosterranno invece la permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea.

La Gran Bretagna non ha visto il flusso di migranti che ha vissuto nei mesi scorsi il resto d’Europa. Ma la paura ha messo lo stesso al centro della campagna referendaria l’immigrazione. Nonostante i molti punti interrogativi che la Brexit aprirebbe sul fronte economico (basta guardarel‘ansia dei mercati finanziari oppure gli annunci d’imminenti tagli alla spese pubblica) sembra prevalere il timore che i cittadini stranieri, a volte anche gli stessi cittadini europei, possano portare via posti di lavoro. Da questo punto di vista le barriere, seppur virtuali, che alcuni sponsorizzano in Gran Bretagna sono molto simili a quelle che hanno costruito austriaci e ungheresi in Europea Centrale.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    Italia-Libia: altri tre anni di diritti umani violati

    Oggi si rinnova automaticamente il memorandum tra Italia e Libia sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere. In pratica l'accordo tra i due Paesi per evitare che arrivino in Italia migranti dall'Africa, anche se così non è. La Libia è uno dei Paesi dove più di altri viene negato il rispetto dei diritti umani, con i migranti torturati e richiusi in lager. Il tacito prolungamento dell'accordo è previsto dall'articolo 8 del memorandum che dice che l'accordo non può essere disdetto se non viene dato un preavviso scritto di almeno tre mesi. Oggi sarebbe stato l'ultimo giorno utile e così dal 2 febbario 2026 continuerà a essere in vigore per i prossimi tre anni. Nel silenzio del governo e nello sdegno delle associazioni umanitarie, uniche a denunciare la vergogna di un accordo che convalida pratiche inumane nei confronti dei migranti. Ascolta l'intervista di Alessandro Braga a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

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