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Viggiù, nel paese degli immuni

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Nessun paese è un’isola, ma visto dal mare di assurdità e contraddizioni della campagna vaccinale lombarda, il caso unico di Viggiù può quasi sembrarlo.

Siamo nel varesotto, il confine con la Svizzera dista appena cinque minuti d’auto. “Paese di artisti e di pompieri”, si legge sotto l’insegna del Municipio salendo dalla frazione Baraggia. L’espressione nobilita una nota canzone popolare, ripresa da un film con Totò del Secondo Dopoguerra.

Tra poche settimane però questa potrebbe anche diventare la prima area immune dal COVID in Italia. Il motivo è semplice. L’Ats Insubria ha chiesto e ottenuto di trasformare Viggiù in una sorta di laboratorio. Vaccino per tutti i maggiorenni, Moderna sopra i 65 anni, AstraZeneca per gli altri.

L’origine di questa eccezione risale a metà febbraio, quando qui i positivi hanno iniziato ad essere tanti come mai prima. La Regione decise di istituire delle zone rosse locali a Viggiù e in altri tre Comuni lombardi. La sindaca Emanuela Quintiglio ricorda quel momento: “C’erano dei giorni in cui in provincia di Varese si registravano 60 casi e dieci erano di Viggiù. La Lombardia era in zona gialla, ma percepivo che per noi la situazione era tutt’altro che semplice. Il focolaio delle scuole aveva numeri elevati, tutte sono state chiuse. Anche pochi casi di ospedalizzazione o sintomatologie gravi per noi erano allarmanti”.

Le preoccupazioni maggiori erano per le varianti del virus, in grado di accendere rapidamente focolai di contagio. Le dimensioni ridotte del paese, poco più di cinque mila abitanti, hanno però permesso di prendere subito delle contromisure. Ester Poncato è viggiutese e direttrice di dipartimento dell’Ats Insubria: “I casi stavano crescendo sensibilmente, siamo arrivati quasi a cento. Abbiamo deciso di fare il tampone a tutta la popolazione, di tipizzare i casi positivi e ricercare le varianti. Abbiamo trovato l’inglese, la scozzese e una variante “viggiutese” o “lombarda” di non nota derivazione. D’accordo con il Comitato tecnico-scientifico regionale,
abbiamo deciso di vaccinare tutta la popolazione perché ci sembrava un territorio a rischio
”.

Così in pochi giorni, tra fine febbraio e i primi di marzo, più di tremila residenti sono stati vaccinati, circa il 70% della popolazione. La palestra delle scuole medie di Saltrio, una tensostruttura ricavata in mezzo alla brughiera, è diventata il polo di riferimento, riaperto nel fine settimana appena trascorso per dare oltre 1400 seconde dosi ai più anziani.
È ancora presto per dire se l’esperimento possa dare indicazioni su scala ridotta dell’efficacia di una vaccinazione diffusa, ma già ora i positivi sono scesi dai 90 di un mese fa a una decina con pochi sintomi.

I viggiutesi neo-vaccinati sembrano entusiasti dell’opportunità e della collaborazione tra azienda sanitaria, Comune e Protezione Civile. Ora la speranza è di non restare un’eccezione troppo a lungo: “Abbiamo avuto la fortuna di essere un paese globalmente vaccinato. Fare il vaccino secondo me è un dovere, dobbiamo farlo sennò non ci liberiamo più di questa situazione” dice un signore incamminandosi verso l’uscita. “Prima si sbrigano a farlo a tutti e meglio è” sentenzia con il sorriso una signora. Un altro invece ironizza: “Io ho detto che mi faccio fare il tesserino con scritto “Sono vaccinato”, però non servirà a niente perché non ci possiamo muovere lo stesso”.
Vista dall’ “isola” di Viggiù la prospettiva cambia un po’ rispetto all’esterno.

In paese non è difficile sentirsi dire che le restrizioni comunque pesano. Si vorrebbe presto beneficiare di qualche riapertura, portare fino in fondo l’unicità di quello che sta accadendo.
“Spero che a maggio quando ci sarà il richiamo di AstraZeneca apriranno. Almeno fare Viggiù, non dico zona bianca…però insomma dare un po’ più di libertà. Per lo meno per gli abitanti. Essendo coperti per l’80 o il 70 percento della popolazione, non finisco in ospedale, sono comunque tranquillo” dice Federico, operaio frontaliero che lavora a Mendrisio.

Il paese è piccolino ma di attività ce ne sono e sono chiuse. La minoranza che è aperta lavora poco perché la gente deve rimanere in casa, c’è comunque zona rossa. Regione Lombardia e lo Stato dovrebbero vaccinare tutti, veramente in fretta” esorta la signora Paola, proprietaria della cartoleria sulla piazza centrale.

Delle speranze di ritorno alla normalità è al corrente anche la sindaca Quintiglio, che invita però a non perdere di vista la conquista principale: “C’è qualcuno che si aspetta un’immediata liberazione dalle restrizioni. Purtroppo non penso che sarà così. Ma io mi sento di sottolineare l’aspetto sanitario: noi non contrarremo più il Covid o lo faremo in maniera assolutamente limitata. Il privilegio di restare sani è comunque la cosa più importante”.

Almeno finché altrove si continuerà a navigare a vista o a non avere una rotta, i viggiutesi si tengano stretta la loro nuova condizione di isola felice. Essere luogo di “artisti e pompieri” non sarà male, ma essere un paese di vaccinati contro il COVID è sicuramente meglio.

di Luca Parena

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