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“Vergognati, Europa”. La Cei sprona l’Ue

Europa avara, sulla pelle dei rifugiati. I soldi per l’accoglienza non ci sono (ancora). Molti Stati europei non stanno rispettando i patti di maggio, quando il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha stabilito la nuova agenda per l’immigrazione degli Stati membri.

Proprio Juncker insieme al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha inviato oggi una lettera ai 28 governi dell’Unione. I due invitano i Paesi membri a “rispettare gli impegni e attuare le decisioni” prese a livello comunitario per far fronte all’emergenza rifugiati.

In particolare, come lo stesso Juncker aveva sottolineato qualche tempo fa richiamando all’ordine i Paesi inadempienti, sono gli impegni finanziari ad essere in gran parte ancora disattesi dagli Stati Ue. Mancano, per esempio, ancora 2,28 miliardi da versare ai fondi per la gestione dei rifugiati, dall’Africa e dalla Siria, all’Unhcr e al Programma alimentare mondiale. Finora gli Stati si sono limitati a versare 515 milioni di euro.

Monsignor Giancarlo Perego è uno dei massimi esperti di migrazione. Direttore Generale della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei, critica fortemente l’atteggiamento dell’Ue. E vede a rischio lo stesso primato morale della Vecchia Europa.

Monsignor Perego, ancora morti tra i migranti, ancora bambini. Una strage infinita… Lei cosa vuol dire a questa Europa.

Vergogna. Lo aveva già detto Papa Bergoglio, e oggi lo ribadisco. Provo soprattutto rabbia, oltre il dolore per queste morti e per i genitori di questi bambini.

Lei dice di provare rabbia: perché?

Perché queste persone, questi bambini, potevano essere salvate se non ci fosse questo egoismo di buona parte dei Paesi europei. E se fossero state stanziate le risorse necessarie.

Ma le risorse, seppur importanti, non basterebbero. Voi come Cei vi eravate opposti alla cancellazione di Mare Nostrum.

Sì, ci eravamo opposti e purtroppo avevamo ragione: il numero dei morti nel Mediterraneo è aumentato in seguito. Quindi bisogna tornare a investire sul salvataggio in mare e creare canali umanitari per permettere ai migranti, ai rifugiati, di raggiungere in sicurezza l’Europa.

Cosa direbbe oggi ai politici europei?

Non è possibile in una democrazia, come quella europea, assistere a quello che sta avvenendo.

Quindi?

Quindi la speranza è che ci sia un sobbalzo di umanità di fronte a queste morti, a quelle dei bambini.

Se così non fosse?

Diversamente sarebbe un segnale grave di una decadenza della democrazia europea, con pesanti conseguenze…

Quali secondo lei?

È chiaro che quando si minano alle basi i diritti fondamentali, come quello all’accoglienza, possono accadere molte cose, preoccupanti ed inquietanti. Intanto ci potrebbe essere una reazione nei Paesi di provenienza dei migranti: aumenti dei conflitti sociali, aumenti degli scontri.

Altri rischi?

L’altro rischio è che la democrazia europea vada in frantumi.

La Cei aveva chiesto per i migranti una sorta di piano Marshall, ma qui i grandi piani non si vedono affatto.

L’agenda per l’immigrazione ha previsto quasi due miliardi, in buona parte per l’Africa. Ora però si tratta di vedere se queste risorse ci saranno veramente. E poi, soprattutto, come verranno usate queste risorse. Non servono grandi opere, ma strutture per migliorare le condizioni di vita delle persone.

Lei non vede il rischio che poi parte di queste soldi europei finiscano nelle tasche dei dittatori dei Paesi da cui provengono i migranti?

Certo che ci vuole controllo. Tocca all’Onu avere un ruolo centrale in questo piano per l’immigrazione.

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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