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Unifil ancora sotto il tiro israeliano in Libano

Un altro casco blu è rimasto ferito, il quinto in due giorni. La missione Onu ha affermato che è stato colpito ieri sera e che non è stata identificata la provenienza dei colpi che lo hanno raggiunto. Le sue condizioni sono definite “stabili”. La situazione per il contingente delle Nazioni Unite è sempre più difficile. Proprio ieri sera – ha raccontato oggi il portavoce Andrea Tenenti – sulla posizione delle forze di peacekeeping ghanesi, appena fuori, l’esplosione è stata così forte che ha distrutto alcuni dei container all’interno in modo molto grave”.
Degli attacchi all’Unifil – dopo le prese di posizione di singoli stati, tra cui Francia Spagna e Italia – si sta occupando in queste ore la diplomazia europea per arrivare a una condanna comune dei 27.
In queste ore si sta parlando molto degli attacchi a Unifil, naturalmente, ma anche Beirut è stata più volte colpita. Gli sfollati aumentano, come ci racconta dalla capitale libanese il giornalista Michele Pompili:

In Israele è in corso la celebrazione della festività di Yom Kippur, il Giorno dell’Espiazione, il più sacro del calendario ebraico: quest’anno è la prima volta che Israele si trova in stato di guerra durante questa data dal 1973, quando fu attaccato da Egitto e Siria.
Resta in sospeso al momento il possibile attacco all’Iran. Dopo le pressioni degli Stati Uniti, le stesse divisioni all’interno del governo di Netanyahu non si sa come e quando Israele risponderà all’Iran.
Di sicuro in queste ore è avvenuto un attacco informatico che ha colpito i sistemi delle istituzioni iraniane. Compresi i siti nucleari.
A Gaza intanto i raid hanno ucciso nelle ultime 24 ore 49 persone, raid concentrati nel nord, nella zona del campo profughi di Jabalia.
Il racconto di un autista che lavora per Medici Senza Frontiere: si chiama Haydar. E si trova bloccato proprio a Jabalia. Msf ha diffuso la sua testimonianza:

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    Di passaggio in Italia, il frontman degli Editors Tom Smith ci ha fatto visita a Radio Popolare per raccontare la nascita del suo primo album solista “There is nothing in the dark that isn’t there in the light”. Un progetto che nasce dal desiderio di fermarsi, respirare e mettersi in gioco in modo più vulnerabile e sincero. In questa intervista, Tom parla del bisogno di tornare a un suono più naturale e acustico, lontano dall’estetica elettronica del gruppo, lasciando le canzoni più vicine alla loro forma originaria. Condivide anche come sia cambiato nel tempo il suo rapporto con la musica, tra scoperte giovanili che hanno plasmato la sua identità e nuovi ascolti capaci ancora di sorprenderlo. Pur esplorando nuove strade, Tom ribadisce che non si tratta di un addio agli Editors: è solo un capitolo diverso, prima di tornare “ai suoi fratelli” sul palco e in studio.

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