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Tutto come prima

In Ucraina, sono sempre più convinti che rispetto ai tempi di Victor Yanukovych, cacciato durante la protesta di Maidan nel febbraio del 2014, non sia cambiato nulla. Anche chi aveva partecipato alle proteste di piazza e agli scontri con la polizia due anni fa a Kiev ha perso quasi ogni speranza.

La colpa è della classe politica, incapace di fare le riforme chieste anche dall’occidente e dal Fondo Monetario Internazionale, che con la sua linea di credito ha tenuto in piedi l’economia ucraina in questo periodo.

Quindi “tutto come prima”, un’accusa pesantissima per chi nel 2014 si era presentato come il salvatore della patria e anche per i suoi sponsor occidentali. La questione è diversa, ma il voto negativo degli olandesi, la scorsa settimana, nel referendum sull’accordo di associazione tra Unione Europea e Ucraina è arrivato a confermare il momento difficilissimo per la ex-repubblica sovietica.

Arseniy Yatsenyuk, il primo ministro uscente, aveva perso l’appoggio parlamentare già diverse settimane fa. Il presidente Petro Poroshenko aveva chiesto le sue dimissioni lo scorso febbraio. I due fanno parte di due partiti politici diversi e hanno spesso avuto posizioni contrastanti, ma l’uscita di scena di Yatsenyuk arriva quando Poroshenko è molto debole e in realtà mette in crisi anche lui.

In questi due anni il governo ucraino non è riuscito a scardinare quel sistema di potere politico-economico che da tempo controlla il paese. L’Ucraina era nota per il potere degli oligarchi, ricchi imprenditori che controllano intere regioni attraverso una serie di alleanze con la classe politica. Le cose non sono cambiate. Gli oligarchi, come Rinat Akhmetov e Ihor Kolomoyskyi, hanno ancora in mano città e regioni dove dettano le regole alla politica. Se si lascia da parte la guerra nell’est, ormai un conflitto congelato a bassa intensità, la corruzione è il male principale dell’Ucraina di oggi.

In questo contesto il governo non ha lavorato per migliorare le condizioni economiche. Nel giro di un anno la moneta nazionale, la hryvnja, ha perso oltre due terzi del suo valore e l’inflazione ha toccato il 43 per cento. L’industria dell’aviazione e della difesa ha perso l’80 per cento del suo giro d’affari e sono stati persi almeno 9 miliardi di dollari in rimesse da parte dei lavoratori ucraini all’estero, soprattutto in Russia. Questi ultimi due dati sono emblematici delle conseguenze negative della totale rottura delle relazioni con la Russia. Visto che il sistema economico ucraino era strettamente legato a quello russo.

La guerra nel Donbass di aggiunge quindi a una situazione già molto difficile. L’Ucraina era già quasi uno stato fallito. Oggi lo è ancora di più.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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