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Tutti gli occhi su Kobane

Soldati turchi al confine con Kobane - 2014

Sembra si debba decidere a Kobane il destino dei curdi di Siria. La città simbolo della resistenza all’ISIS, riconquistata nel 2015 dalle Unità di protezione Curde in coalizione con un mosaico di forze arabe e supportate dagli americani, capitale morale delle regioni autonome del Nord Est della Siria, è di nuovo al centro della contesa. La città vive sotto la minaccia di un attacco imminente da parte dei ribelli del cosiddetto Fronte Nazionale Siriano e dei loro alleati turchi che da giorni premono alle porte della città, e nonostante il cessate il fuoco indetto lo scorso giovedì ed esteso sino alla fine della settimana, il consiglio militare delle forze curde e dei loro alleati riferiscono di attacchi nella zona della diga di Tirsheen a cui sono seguiti ore di scontri. In città e nelle zone limitrofe si verificano continui black-out di corrente e gli abitanti impauriti ed esasperati di giorno scendono in piazza, di notte organizzano picchetti di vigilanza. I media curdi raccolgono le testimonianze di cittadini angosciati che non sanno che ne sarà di loro. Si chiedono se gli americani se ne sono andati, se è stato raggiunto un accordo con i turchi, se ne dovranno andare da quella che considerano la loro terra e che hanno difeso con la vita. Le truppe americane non sono in città ma stanno pattugliando i dintorni, mentre per il secondo giorno consecutivo sono andati a vuoto i tentativi di dialogo fra i ribelli filo turchi e le forze democratiche siriane a guida curda, che avrebbero dovuto incontrarsi sulla tomba del Sultano Solimano, luogo di culto caro ai turchi che si trova nei pressi di Kobane. La proposta dei curdi, per voce del capo militare Mazoloum Abdi, è quella di creare una zona demilitarizzata nella città di Kobane, con la redistribuzione di forze di sotto la presenza e la supervisione americana per venire in contro alle necessità di sicurezza della Turchia. Ma nel frattempo Erdogan continua a schierare truppe ben armate lungo il confine e sul
piano diplomatico internazionale, forte della sua posizione di potere e del suo ruolo nella nuova Siria, continua a mettere sullo stesso piano curdi e ISIS.

FOTO| Soldati turchi al confine con Kobane – 2014

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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