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Tra Pd e 5 Stelle è una questione di fiducia

Il nodo è sempre il taglio dei parlamentari. La soluzione è inserirlo in una riforma più ampia. Il problema è la fiducia reciproca.

Sulla strada dell’accordo di governo tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico c’è ancora la questione della riforma costituzionale che taglia 345 tra deputati e senatori, fortemente voluta dai 5 Stelle. Manca un solo voto alla Camera perché diventi legge (a dire il vero poi ci sarebbe il referendum confermativo).

Il Pd ha sempre votato contro. Al primo incontro tra le delegazioni dei due partiti, si è discusso soprattutto di come superare l’ostacolo.

Per il Pd, la soluzione è quella di ampliare l’offerta: taglio dei parlamentari insieme a una legge elettorale proporzionale, proposta condivisa anche da Liberi e Uguali, che farebbe parte della coalizione di governo, e ‘garanzie costituzionali’.

Fare una legge proporzionale dovrebbe essere il minore dei problemi. Tutti sanno che il proporzionale è uno degli strumenti per stoppare il nemico comune, Salvini. Lo vede di buon occhio, il proporzionale, persino quella parte del Pd che era per la ‘vocazione maggioritaria’. Il Movimento 5 Stelle non dovrebbe avere problemi.

Diversa la questione delle ‘garanzie costituzionali’, ossia delle tutele della rappresentanza per i piccoli territori e le minoranze politiche. Servirebbe una nuova legge costituzionale. Quindi, ulteriori quattro letture. Quindi, tempi lunghi, e più i tempi sono lunghi e i passaggi complessi, più occorre fidarsi dell’alleato.

Sogno di Renzi poi sarebbe quello di riproporre una riforma costituzionale per superare il bicameralismo perfetto, ma questo il Senatore di Rignano non lo ammetterà mai pubblicamente. Non per il momento, almeno. Restiamo a quello che c’è sul tavolo: Di Maio tiene il punto e conferma che il taglio dei parlamentari va fatto subito. Si fa però notare che nel suo discorso successivo alla consultazione con il presidente della Repubblica Di Maio ha parlato di riforme da fare entro la legislatura. Parole interpretate come un viatico per un accordo che il Pd vuole ovviamente blindato.

Di patti blindati che poi sono saltati, nella politica italiana, però ne abbiamo visti tanti. Ultimo, il famigerato ‘contratto’ tra Lega e 5 Stelle.

Quindi?

“Quindi nella vita bisogna fidarsi” dice un rappresentante Pd tra quelli che sono più favorevoli alla nascita del nuovo governo.

“Del resto – aggiunge – te lo vedi il Pd che va a votare dopo che è fallita la trattativa con il Movimento 5 Stelle perché noi non volevamo tagliare i parlamentari?”

Mentre era ancora in corso la riunione tra le delegazioni di Pd e 5 Stelle, nei corridoi di Montecitorio si commentava:

“Salvini è nell’angolo, adesso sta lì e aspetta l’errore degli avversari. Ma se sbagliano stavolta, Pd e 5 Stelle sono finiti”.

Salvini. Il collante più forte rimane lui.

 

 

 

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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Finanza e Industria, ecco chi ci porta alla guerra

    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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