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Suburra. Ovvero Roma criminale

Nel 2015, Stefano Sollima – già responsabile del successo televisivo della serie Gomorra – portava al cinema Suburra: tratto dal romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, arrivava in sala mentre sui giornali imperversava l’inchiesta su Mafia capitale, e si svolgeva pochi giorni “prima dell’Apocalisse”, come veniva chiamata la caduta del governo Berlusconi. E anche se la vicenda di criminalità e potere consumata sullo schermo poteva dirsi narrativamente conclusa, il film sembrava già l’episodio pilota di una serie tv: perché apparecchiava un mondo complesso e personaggi intriganti, oltre alla possibilità di molteplici piste narrative.

Infatti il colosso internazionale dello streaming Netflix non se l’è fatta scappare e l’ha trasformata nel suo primo prodotto originale interamente italiano: la prima stagione, di dieci episodi, è disponibile sulla piattaforma dal 6 ottobre, dopo essere stata presentata all’ultima Mostra del cinema di Venezia. Co-prodotta da Cattleya e dalla Rai (dovrebbe andare in onda anche sulla tv pubblica, infatti, in un prossimo futuro), è diretta dal veterano Michele Placido, e dai più giovani, ma già apprezzati, Andrea Molaioli (La ragazza del lago) e Giuseppe Capotondi (La doppia ora).

E’ un prequel del film, ambientato nel 2008, nei venti giorni tra l’annuncio delle dimissioni del sindaco di Roma e il momento in cui diventano effettive. Mentre un consigliere comunale, una revisora dei conti vaticani e il più potente criminale della Capitale (ricalcato sulla vera figura di Massimo Carminati) si affannano a concludere un lucroso affare, tre giovani criminali (i figli del capo di un clan sinti, di un boss di Ostia e di un poliziotto) stringono, quasi per caso, un’alleanza che scombina le carte. Nel cast Filippo Nigro e Claudia Gerini, e i giovani Alessandro Borghi e Eduardo Valdarnini; ma la vera protagonista è Roma, unica al mondo, probabilmente, a riunire nello stesso luogo così tanti, e diversi, centri di potere. Bellissima e torbida, cornice perfetta per un nuovo romanzo criminale.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Violenza stradale, numeri un po' in calo. Il rimedio: l’educazione e diminuire la velocità

    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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    Nubi sull'università italiana: si moltiplicano le adesioni alle università private telematiche, mentre alle statali il governo Meloni taglia i fondi. Ospite l'economista Gianfranco Viesti. E poi, il caso Raiplay Sound, la censura nei confronti di un podcast – prima autorizzato e poi annullato - sulla storia di Margherita Cagol, una delle fondatrici delle Brigate rosse. A Pubblica Nicola Attadio, uno degli autori insieme al giornalista Paolo Morando e al musicista Matteo Portelli.

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