Approfondimenti

Stati Uniti, che Paese lascia Trump quattro anni dopo? Intervista ad Enrico Deaglio

Stati Uniti Trump

Il giornalista e scrittore Enrico Deaglio, residente da anni negli Stati Uniti d’America, commenta a Radio Popolare i risultati delle elezioni presidenziali statunitensi e spiega come è cambiata l’America in questi quattro anni di Donald Trump.

L’intervista di Lorenza Ghidini e Claudio Jampaglia a Prisma.

Che Stati Uniti lascia Trump quattro anni dopo?

Lascia il più grande trauma che abbia avuto il Paese. Le elezioni qualche volte le vince uno, qualche volta l’altro, è la democrazia. Anche quando vinse Nixon, Reagan non è che disse “aiuto, è tutto perduto”, però il livello di immoralità e di anti-americanità di Trump era talmente evidente da mettere in dubbio il tutt’uno. Nel momento stesso in cui Biden è stato dichiarato vincitore c’è stata una specie di liberazione, quelli che potevano sono scesi in strada, tutti i clacson che suonavano. Adesso che ci siamo un po’ tranquillizzati possiamo valutare quello che è successo. Io direi che è successa una cosa storica, il fascismo è stato fermato con mezzi non violenti, senza bisogno di una guerra. È stato fermato dalle elezioni dove la forte maggioranza della popolazione ha votato contro.

Se c’è una cosa che si può dire degli Stati Uniti è che da quelle parti la democrazia ha le spalle larghe. Anche tu faresti questa considerazione dopo quattro anni di Trump?

Si, c’è una tradizione di democrazia di base, di comunità molto forte. C’è una forte partecipazione delle donne sia nella discussione sia nella partecipazione attiva alla vita politica, ma la maggiore differenza sta nella stampa. Il ruolo che ha la stampa negli Stati Uniti è diverso da quello che ha la stampa in Europa. Chi si è opposto a Trump dall’inizio sono stati i giornali, quasi tutte le televisioni.

La polarizzazione su cui hanno insistito molto giornali e commentatori l’hai vista in questi anni? È diventata un fatto più evidente o c’è sempre stata?

C’è una polarizzazione, ci sono delle bolle sociali, le persone tendono a frequentare e abitare luoghi dove ci sono propri simili o delle persone che la pensano come loro. È una cosa anche razziale, la ghettizzazione della società americana è andata avanti, non indietro. Uno dei cavalli di battaglia di Trump nella campagna elettorale è stato, rivolgendosi alle donne, dicendo che nei sobborghi medio-affluenti Biden proponeva un grande piano di edilizia popolare e lasciava intendere che anche i neri sarebbero andati ad abitare lì, e tutta la campagna di Trump è stata: Biden vi porta i neri in casa, i vostri sobborghi diventeranno ricettacolo di droga. C’è stata una polarizzazione, questo è un aspetto. L’altro aspetto è che Trump ha preso 70 milioni di voti. Una parte di questi voti sono di persone che hanno sempre votato repubblicano, chiunque sia stato il candidato, e c’è una forte tradizione in questo senso in America. Bisogna capire se ci sia stata una fascistizzazione completa di questa base oppure se cadendo lui questa fascinazione antisistema se ne va con lui. Francamente credo che il rischio della radicalizzazione sia un po’ sopravvalutato. In fondo credo che, come già successo altre volte nella storia americana, perdendo il capo la cosa si affloscia.

Biden ha detto e ripetuto in tutti i suoi discorsi che adesso lui vuole unire la nazione, dopo questa polarizzazione. Che cosa deve fare secondo te?

Prima di tutto c’è una questione non rimandabile, ovvero il virus che sta arrivando a dei livelli spaventosi. Adesso sono 100.000 contagi al giorno ma le stime da qui a gennaio, quando Biden si insedierà, sono terrificanti. Lui non può prendere misure adesso, Trump ha il potere fino al 20 gennaio. Il primo giorno di insediamento Biden ha già pronta una raffica di ordini esecutivi, che sono nel potere del Presidente, e riguardano molto la politica ambientale, conclude la questione del muro, si stabiliscono degli stimoli economici molto più grandi di quanto sia stato fatto finora. C’è anche un lato più politico-istituzionale: prima di tutto ancora non si il Senato che maggioranza avrà, ci sono ancora due senatori da eleggere in Georgia, e se sono entrambi democratici in Senato sono 50 vs 50, più il voto della vicepresidente Kamala Harris che porta alla maggioranza. A quel punto Biden avrebbe Presidenza, Camera e Senato. Se così non fosse bisogna fare un inciucio, qualcosa che gli permetta di governare, altrimenti si va contro una situazione com’è stato per Obama nel secondo mandato in cui il presidente è frenato dal Senato che gli vota contro ogni volta.

Alcuni ascoltatori sostengono che la democrazia statunitense non è una meraviglia con sistemi elettorali che si differenziano addirittura per contee e che in fondo Biden non è nemmeno Obama. Tu cosa ne pensi?

Una parte di sinistra italiana è molto antiamericana in generale ed è molto sospettosa, ma deve rendersi conto che rappresenta una posizione di estrema minoranza. Gli Stati Uniti non sono un’Italia più grande, non hanno mai avuto un’ideologia come la nostra, non si possono applicare modelli agli altri. Io penso che la candidatura di Biden sia stata ottima perché quello che ci voleva in quel momento e la scelta di Kamala Harris si è rivelata essere buona. Biden poi è una persona anziana, con ogni probabilità non si ripresenterà nel 2024 quindi c’è una candidata presidente pronta. Avere in pectore una donna presidente nera che è pronta ad essere nella Casa Bianca come risultato non lo vedo male. Direi a questi ascoltatori di essere un po’ più tolleranti.

(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 4)

  • Autore articolo
    Redazione
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio mercoledì 26/11 12:29

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 26-11-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve mercoledì 26/11 18:29

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 26-11-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di mercoledì 26/11/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 26-11-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di mercoledì 26/11/2025 delle 07:15

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 26-11-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Boom della sanità privata mentre aumentano gli italiani che rinunciano a curarsi

    La privatizzazione della sanità è già oggi una realtà. Lo dice l’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe. Negli ultimi 7 anni la spesa sanitaria degli italiani nel privato è cresciuta del 131%. Ormai, spiega il Gimbe, il privato rappresenta la spina dorsale di interi settori come la riabilitazione. Di pari passo cresce la quota di persone che rinunciano a curarsi, sono arrivate a quasi 6 milioni nel 2024. Ascolta l’intervista di Mattia Guastafierro a Marco Mosti, direttore generale del Gimbe.

    Clip - 26-11-2025

  • PlayStop

    Poveri ma belli di mercoledì 26/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 26-11-2025

  • PlayStop

    Vieni con me di mercoledì 26/11/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 26-11-2025

  • PlayStop

    Volume di mercoledì 26/11/2025

    Dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 16.00, Elisa Graci e Dario Grande vi accompagnano alla scoperta del suono di oggi: notizie, tendenze e storie di musica accompagnate dalle uscite discografiche più imperdibili, interviste con artisti affermati e nuove voci, mini live in studio e approfondimenti su cinema, serie TV e sottoculture emergenti. Il tutto a ritmo di giochi, curiosità e tanta interazione con il pubblico. Non fartelo raccontare, alza il Volume!

    Volume - 26-11-2025

  • PlayStop

    Musica leggerissima di mercoledì 26/11/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

    Musica leggerissima - 26-11-2025

  • PlayStop

    Legge sul consenso, il governo non può tornare indietro

    La legge sul consenso si ferma al Senato perché la presidente della Commissione Giustizia Giulia Buongiorno vuole correggerla, ma la Lega esprime anche dubbi generali sulla necessità di una legge che definisca il consenso. Secondo Alessandra Maiorino, vice-capogruppo M5S Senato e Coordinatrice Comitato Politiche di Genere e Diritti Civili: “Da noi al Senato il provvedimento è arrivato tardi, da una parte c’è una questione strumentale per cui la Lega vuole più tempo, dall’altra parte c’è una questione reale, vogliamo leggere e approfondire il testo, quindi non trovo lunare la richiesta di prendere più tempo”. Insomma l’accordo c’è per approvare la legge. “L’importante è che il 609 bis che punisce la violenza sessuale agita finora con violenza, minaccia o abuso di potere, sia adegui a quello che dice la giurisprudenza: non servono il sangue, i lividi, le botte o le minacce perché ci sia violenza sessuale, basta che quell’atto sia stato compiuto senza il consenso della donna”. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

    Clip - 26-11-2025

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di mercoledì 26/11/2025

    Noi e altri animali È la trasmissione che da settembre del 2014 si interroga su i mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia. Ogni giorno con l’ospite di turno si approfondisce un argomento e si amplia il Bestiario che stiamo compilando. In onda da lunedì a venerdì dalle 12.45 alle 13.15. A cura di Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 26-11-2025

  • PlayStop

    Cult di mercoledì 26/11/2025

    Oggi Cult, il quotidiano culturale di Radio Popolare, era in onda alle 11.30 dallo spazio "Living Together" della Comunità di Sant'Egidio al Corvetto, con: Modou Gueye del C.I.Q.; Roberto Di Puma per lo spazio "Fratelli Bonvini 1909; Alice Marinoni di Formattart; Barbara Sorrentinini con i curatori del progetto di cinema di territorio Wanted Clan...

    Cult - 26-11-2025

  • PlayStop

    Gli speciali di mercoledì 26/11/2025 - ore 11:02

    I reportage e le inchieste di Radio Popolare Il lavoro degli inviati, corrispondenti e redattori di Radio Popolare e Popolare Network sulla società, la politica, gli avvenimenti internazionali, la cultura, la musica.

    Gli speciali - 26-11-2025

  • PlayStop

    Il Maestro, caduta e rinascita di un ex divo del tennis nella Roma degli anni ‘80

    Raul Gatti è un ex campione del tennis caduto in disgrazia, alcolista e disoccupato, interpretato da Pierfrancesco Favino nel film Il Maestro: “Ho seguito il tennis fin da ragazzo e mi sono subito affezionato a questo personaggio perdente, il più fallito che ho interpretato nella mia vita. Perché anche quelli che ho rappresentato in passato, per quanto fossero decaduti, avevano comunque un atteggiamento da vincenti”. Siamo negli anni ‘80 e Gatti viene assoldato per allenare un giovanissima promessa, Felice Milella, un ragazzino di 13 anni con i numeri per partecipare ai match più prestigiosi. Il regista Andrea Di Stefano aveva questo progetto nel cassetto molto prima che il tennis tornasse ad essere uno sport di moda: “Ho scritto questa sceneggiatura nel 2006, l’ho depositata e abbiamo le prove – ironizza il regista. Doveva essere il mio primo lungometraggio, prima ancora di realizzare L’ultima notte di Amore, con Pierfrancesco Favino, a cui avevo già pensato allora per questo personaggio di divo decaduto”. L'intervista di Barbara Sorrentini al regista Andrea Di Stefano e a Pierfrancesco Favino.

    Clip - 26-11-2025

Adesso in diretta