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Senza ebola

L’epidemia di ebola in Africa occidentale è finita. L’annuncio arriva quasi in coincidenza con un altro annuncio, quello di Putin che ha comunicato al mondo che la Russia ha registrato il brevetto di un vaccino contro il virus efficace nella grande maggioranza dei casi. Ci sarà tempo per verificare.

Per ora vale la pena di concentrasi sul comunicato dell’Organizzazione mondiale della Sanità che ha decretato la fine della trasmissione del virus certificando che tutte le catene note di trasmissione sono state fermate in Africa occidentale.

In due anni, l’epidemia ha ucciso più di 11mila persone in Liberia, Sierra Leone e Guinea. Con la fine della trasmissione del virus in Liberia, per la prima volta dall’inizio dell’epidemia tutti e tre i Paesi maggiormente colpiti non hanno notificato alcun caso da almeno 42 giorni, il periodo di tempo previsto per poter proclamare la fine della trasmissione.

La Sierra Leone era stata dichiarata libera dalla trasmissione del virus il 7 novembre scorso, la Guinea il 29 dicembre, infine è arrivata la Liberia. L’Oms ha comunque sottolineato che i tre Paesi restano a rischio e che potranno ancora verificarsi piccoli focolai della malattia.

Ci sono voluti due anni e uno sforzo organizzativo, di sensibilizzazione, oltre che economico, immenso per i tre Paesi ai quali va, più che alle organizzazioni internazionali, il merito di avere sconfitto la malattia che avrebbe potuto produrre danni enormi. Gli scenari degli esperti infatti erano catastrofici: si parlava di milioni di infettati, di centinaia di migliaia di morti e di Paesi che sarebbero piombati in una sorta di medioevo sanitario e sociale.

Invece tutto sommato se ne esce relativamente bene se si pensa che il virus ha colpito soprattutto tre Paesi che praticamente non avevano una struttura sanitaria funzionante. Eppure i pochi medici (che tra l’altro sono stati i primi a morire) hanno saputo organizzare (con nulla: mancavano mascherine, guanti usa e getta, siringhe, medicinali, disinfettanti) una barriera contro la trasmissione del virus, evitando contatti, creando cinture sanitarie e affrontando possibili rivolte della popolazione che non voleva saperne di abbandonare pratiche tradizionali come la pulizia dei morti prima della sepoltura.

Le istituzioni sanitarie internazionali, soprattutto l’Oms, sono invece arrivate tardi. Non hanno riconosciuto, dopo i primi contagi, la pericolosità del virus e la facilità di trasmissione in città come Freetown, Monrovia e Conakry.

Oggi tutto questo è finito ma ebola e alcune possibili varianti del virus potrebbero ripresentarsi e magari in città africane diverse da quelle dei tre Paesi colpiti questa volta.

  • Autore articolo
    Raffaele Masto
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