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Dakar, all’ombra della Statue de la Renaissance

Non capita spesso. Di solito si arriva nelle capitali africane di sera, o all’alba. Arrivare a Dakar a metà pomeriggio è quasi un evento. L’A330 della Brussels Airlines punta la penisola sulla quale sorge la capitale senegalese, la supera, compie un ampia virata, perde quota, torna indietro. La manovra sembra fatta apposta per mostrare l’imponente monumento al Rinascimento africano che spicca nella luce tersa del pomeriggio. Poi l’aereo punta la pista, perde ancora quota e un attimo dopo è a terra.

Dakar si offre ai nuovi arrivati mentre l’imponente monumento sembra vegliare su questa città di quasi cinque milioni di abitanti, con un traffico impossibile, come tutte le megalopoli africane. Il monumento è l’ultimo arrivato nelle attrazioni di questa città: si tratta di una statua alta 49 metri, tutta in bronzo progettata dall’architetto senegalese Pierre Gudibai Atepa e costruita da una società della Corea del Nord. Raffigura un uomo che cinge una donna alla vita e con l’altro braccio solleva un bambino.

È stata voluta dal controverso ex presidente senegalese Abdulaye Wade e inaugurata nel 2010, il 4 aprile giorno dell’indipendenza del Senegal. Come Wade anche la statua del rinascimento africano è controversa. Per alcuni è un monumento bruttissimo, inutile, che testimonia lo spreco dei presidenti africani, per altri no.

In questo arrivo anomalo, nel tardo pomeriggio a Dakar, ha però fatto la sua bella figura, illuminato dal sole al tramonto, di un colore nero luccicante, lucido come se fosse passato un domestico con un panno a renderlo presentabile. Del resto l’Africa ha il suo concetto di bellezza e di arte e di cultura. Gli abitanti di Dakar si sono già abituati a vivere all’ombra di questo imponente monumento.

  • Autore articolo
    Raffaele Masto
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