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Molte scuole italiane a settembre rischiano di non riaprire

scuole

La questione della riapertura delle scuole sta diventando urgente. I sindacati hanno lanciato un allarme: così si rischia di non riaprire. Anche i prèsidi sono preoccupati, per non parlare dei docenti e delle famiglie. La ministra Azzolina ha risposto ai sindacati dicendo: basta dubbi, la scuola ripartirà regolarmente. E, in un’intervista, ha lamentato il fatto di essere attaccata, tra l’altro, perché giovane e donna. 

Ne abbiamo parlato con Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl Scuola. Che ribadisce la gravità della situazione e accusa la ministra di perdere tempo. E sul presunto attacco sessista dice: come donna, mi sento offesa.

Avete detto che temete per la ripartenza della scuola il 14 settembre, ma la ministra Azzolina dice che le scuole riapriranno. Perché avete lanciato questo allarme così grave?

I nostri timori sono fondati e sono sostenuti da dati rerali, numeri e dalle tante richieste che ci arrivano dai dirigenti scolastici e dal personale delle scuole.

Qual è il problema, quindi?

Abbiamo innanzitutto un problema storico della scuola italiana, che è quello della carenza di personale. Pensi che nelle regioni del Nord mancheranno tra il 50 e il 60% dei docenti in cattedra dal primo settembre. Poi bisognerà aspettare se ci sono evntuali nomine nei ruoli ma sappiamo che non ci sono candidati in graduatoria e quindi bisognerà aspettare i supplenti. E questo appartiene alla storia, purtroppo, della nostra scuola.

Ma ora c’è il Covid…

Esatto, Covid significa, per le scuole, distanziamento. Riorganizzazione delle classi con i rapporti che vengono indicati dal comitato scientifico e le autorità sanitarie: nelle classi, probabilmente, non tutti gli alunni potranno essere accolti. Ad esempio nella scuola dell’infanzia e nella primaria non è stato ancora definito qual è il numero definito del gruppo di alunni, si aspetta che lo faccia la ministra per le Pari opportunità Bonetti che è competente per l’età da 0 a 6 anni. 

Altre questioni aperte nella scuola dell’infanzia?

Ad esempio, non sappiamo ancora quale sarà il numero di bambini ammessi in queste “bolle”, dove i bambini dovrebbero rimanere come gruppi, diciamo, “omogenei”, sempre fissi con lo stesso docente.  Ma se i numeri e i rapporti stabiliti sono sottodimensionati ci vuole più organico.

Questo problema c’è anche per gli altri ordini?

Sì, la stessa cosa vale per la primaria, per le medie e per le superiori.

E per le classi che attualmente contano 25 o più alunni?

Vanno divise. Bene. Ma dove vanno? Non ci sono abbastanza aule. E poi se una classe viene divisa, laddove c’era un insegnante ce ne vogliono due. E non solo: devono anche essere abilitati per la materia corrispondente. E anche di questo il governo ancora non vuol parlare.

Di cos’altro?

Non sappiamo come verrà gestito l’ingresso nelle scuole, non si sa come fare con l’igienizzazione dei locali, visto che non c’è abbastanza personale Ata, non sappiamo come verranno gestiti i trasporti sui mezzi scolastici a disposizione degli enti locali…

Mi scusi, ma non lo sappiamo perché non lo hanno detto a voi o perché non si sa proprio?

Perché non lo hanno detto.

Quindi, magari, il ministero lo sa…

Secondo me non lo sa nemmeno il ministero. Oppure lo sa, sa che ci sono grandi numeri da affrontare, e sta facendo un’azione presumibile di perdita di tempo – o perlomeno di gestione dei tempi lunghi –  in maniera tale da arrivare il primo di settembre e dire: questo è quel che c’è, se non si può fare così facciamo didattica a distanza.

Mi scusi, ma sta dicendo che la ministra Azzolina prende tempo apposta per arrivare a settembre e mettere tutti davanti al fatto compiuto?

Probabilmente l’assenza da parte del governo di interventi certi di risorse sulla scuola porta la ministra a non voler scoprire davvero qual è il problema, perché se non ci sono le risorse la ministra Azzolina non può operare. Pensi che avevano fatto riferimento persino al Recovery Fund ma qui andremmo alla primavere prossima, se pure ci saranno…

Quindi il rischio qual è, a settembre?

Se in una scuola i dirigenti non hanno avuto le aule per organizzare le classi secondo il distanziamento diranno: noi non apriamo in presenza, noi apriamo con la didattica a distanza. E questa sarà la soluzione che qualcuno adotterà. Varrà lasciato alla responsabilità della singola scuola e della sua autonomia.

E questo cosa comporterà?

Significherà assegnare al dirigente scolastico anche questa responsabilità. Credo siano in campo il piano A e il piano B. Se ci sono tutte le aule, le risorse, le strutture, gli spazi per le aule aggiuntive si dividono le classi. Ma questo significa aggiungere risorse e probabilmente questo alla ministra non va a genio. 

Perché?

Perché qui non parliamo del miliardo che è stato messo, quando arriverà, nello “scostamento di bilancio”. Ma saranno cifre ben più importanti. Lei immagini nelle scuole dell’infanzia, ad esempio: il rapporto stabilito è uno a sette. Ora per 28 alunni ci sono due maestre, è chiaro che ce ne vogliono quattro. 

E il piano B?

Il piano B è dire: ogni scuola fa quel che può. C’è chi farà i turni, ad esempio: ma questo vuol dire dimezzare la didattica: invece che fare 6 ore di una materia, se ne fanno 3 per turno. Invece che 8 del tempo pieno se ne fanno 4. E questo vuol dire meno didattica, meno attività formativa, meno opportunità. E questo ricadrà soprattutto sui ragazzi più in difficoltà, con meno possibilità, in ambienti e contesti famigliari che non li possono seguire. Amplieremo i divari.

Quindi ormai la frittata è fatta o ci sono ancora i tempi per provvedere?

Si può fare ma bisogna volerlo fare. Guardi, ci vorrebbe quella forza trasversale che elimini anche le barriere tra partiti e posizioni politiche, dovrebbero essere “statisti”, trovare il modo di lanciare un “patto per la scuola”

La ministra Azzolina sostiene che è stata attaccata anche perché donna. Lei da donna cosa ne pensa?

Guardi, io mi sento offesa dal fatto che la ministra si appelli al genere per giustificare questa situazione e chi la critica. No, qui la questione è che il governo dovrebbe guardare a settembre come a una vera sfida per il futuro. Ripeto, ci vuole un patto per la scuola sostenuto da tutti, devono spogliarsi delle casacche politiche. Questo abbiamo detto alla ministra, ma lei ha ricondotto tutto al dire: mi attaccano perché sono donna.

E’ adeguata come ministra?

Penso che il problema sia anche quello che sta intorno a lei, compresi i diktat che riceve dal suo partito, storicamnete abituati a fare più populismo che azioni reali. 

  • Autore articolo
    Alessandro Principe
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    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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