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Sbarchi, in Italia arrivano anche le famiglie egiziane

In 48 ore in Sicilia sono arrivati 998 migranti. Le imbarcazioni intercettate dalla Guardia Costiera sono navi mercantili. L’ultimo mezzo della Guardia Costiera ad approdare ad Augusta, la Peluso, aveva 342 passeggeri, molti bambini e alcuni di questi non accompagnati. Sono navi partite dall’Egitto, ormai il dato è certo. Era circa da gennaio 2015 che non si sentiva più parlare di questa rotta.

Frontex, l’agenzia europea per il pattugliamento delle frontiere, ha comunicato un altro dato che fa tornare le lancette allo scorso anno. Nel giugno 2015, infatti, la rotta del Mediterraneo centrale (verso l’Italia) registrava dati superiori al Mediterraneo orientale. Oggi i numeri di Frontex dicono 8370 migranti arrivati in Italia contro 2700 in Grecia. Questi ultimi rappresentano il 90 per cento in meno dello scorso anno. Gli effetti – molto probabilmente – del negoziato Ue-Turchia.  “C’è stata una drastica riduzione degli arrivi sulle isole greche”, ha commentato il direttore di Frontex Fabrice Leggeri. Gli arrivi di aprile “sono ben al di sotto al numero di persone che spesso abbiamo visto arrivare quotidianamente sull’isola di Lesbo durante i mesi di picco dell’ultimo anno”. Un dato che continua incessantemente a crescere è invece quello dei dispersi. Ormai siamo a 1375.

Giovanna Di Benedetto è portavoce di Save the children. È ad Augusta e ha visto con i suoi occhi i migranti arrivati. “Non ci sono siriani, o quantomeno non saranno molti”, dice ai nostri microfoni. “La maggior parte dei bambini arrivati sono egiziani”. Una conferma arriva da Flavio Di Giacomo, portavoce in Italia per l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (IOM) (http://migration.iom.int/europe/) via Twitter: “Ultimissime notizie da Augusta: confermata la presenza di egiziani somali e sudanesi. Ci sarebbe solo un siriano a bordo”.

Una novità? “No – risponde Di Benedetto di Save the children -. È capitato diverse volte con i minori non accompagnati. Più rare invece le famiglie di egiziani”. Già nel 2015 nel suo dossier sui minori scomparsi della Caritas si parlava di 1.200 minori egiziani scomparsi in un anno, finiti nelle mani della criminalità organizzata. “Dalle primissime testimonianze che abbiamo raccolto – spiega Di Benedetto – i minori ci hanno detto di essere partiti da Alessandria, su barche diverse e poi di aver raggiunto una nave più grande, dove si trovavano in circa 500”. I minori hanno raccontato di essere stati torturati per evitare che chiedessero cibo, stando ai loro racconti.

Per l’esperienza di Save the children, i minori egiziani scappano in cerca di condizioni economiche migliori. Rispetto ad altri minori è più facile che diventino vittime della criminalità perché spesso sono le stesse famiglie a farli partire, contraendo un debito con le organizzazioni criminali. E spetta poi ai bambini, con il lavoro, estinguere questo debito.

Ascolta l’intervista a Giovanna Di Benedetto a cura di Alessandro Principe

Giovanna di benedetto Save the children

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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