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Rohith, intoccabile e di sinistra

Continuano le polemiche in India dopo il suicidio di Rohith Chakravarti Vemula, il 28enne “dalit”, o intoccabile, che nella notte di domenica si è impiccato all’interno del dormitorio studentesco dell’Università di Hyderabad, dove il giovane stava facendo il suo PhD.

Vemula si è appeso un ventilatore attaccato al soffitto nella camera di un amico, perché la sua, di camera, era stata sprangata e lui ne era stato espulso a seguito di una misura disciplinare decisa dal rettore dell’istituto. Ha lasciato una lettera le cui copie sono ora appese ai muri dell’università: “Sento un crescente divario tra la mia anima e il mio corpo. E sono diventato un mostro”. Il giovane rivela un senso di vuoto cosmico e invita chi legge a non “dare fastidio” a nessuno, “amici e nemici”, dopo la sua morte.

Dietro al vuoto denunciato da Vemula c’è però un fatto molto concreto. Insieme a quattro studenti che erano stati sospesi con lui, il ragazzo dormiva da 12 giorni di fronte ai cancelli dell’università, in una tenda che aveva soprannominato “il ghetto dei dalit”. Stavano protestando contro il trattamento subito da parte dell’università, che li aveva sospesi per tre mesi con l’accusa di avere aggredito un gruppo di studenti di destra: divieto di ingresso negli edifici del campus, niente mensa, proibizione di partecipare alle elezioni studentesche; potevano seguire solo le lezioni. Negli ultimi giorni, il giovane PhD era diventato cupo, raccontano ora i compagni.

Vemula, oltre a essere un intoccabile, era uno studente di sinistra. La doppia appartenenza, di casta e politica, viene oggi adottata come spiegazione del suo gesto.

Faceva parte dll’Ambedkar Students Association (Asa), una sigla che combatte la discriminazione contro le minoranze, fa opera di sensibilizzazione sulla condizione dei dalit nelle scuole e di recente si è anche esposta in difesa dei diritti della minoranza musulmana.

Lo scorso anno, il collettivo dell’Università di Hyderabad aveva organizzato una serie di iniziative: la proiezione del documentario Muzaffarnagar Baaqi Hai (sulle violenze interreligiose tra hindu e musulmani del 2014 nella omonima cittadina dell’Uttar Pradesh), una veglia per l’impiccagione di Yakub Memon – il musulmano indiano giustiziato lo scorso 30 luglio perché ritenuto colpevole degli attentati di Bombay del 1993 – un Beef Festival a sostegno della libertà di mangiare carne di manzo.

Durante una di queste iniziative, Vemula e i suoi scompagni si sono scontrati con un gruppo appartenente all’Akhil Bharatiya Vidyarthi Parishad (Abvp), il collettivo studentesco vicino al Bharatiya Janata Party (Bjp, il partito di governo guidato dal premier Narendra Modi), nazionalista indu. Dopo la rissa, gli studenti di destra hanno denunciato cinque studenti di Asa – tra cui lo stesso Vemula – alle autorità universitarie.

All’inizio il caso era stato cestinato; ma lo scorso dicembre, la sostituzione del vecchio rettore con uno nuovo – Vc Apparao – vicino al Bjp, l’ha fatto riaprire. Ora i media indiani parlano di pressioni provenienti dall’alto che insistevano per una misura disciplinare nei confronti degli studenti di sinistra. Ci sarebbe un vero e proprio ordine proveniente dal ministero delle Human Resources and Development (Hrd) per sospendere gli studenti “castisti, estremisti, anti-nazionali”.

Sullo scontro politico, si innesta il sentimento di discriminazione legato al sistema castale. Gli amici di Vemula paragonano ora l’esclusione subita all’antica pratica del villevarda, in cui gli intoccabili erano costretti ad abbandonare i propri villaggi.

La morte del giovane ha scatenato proteste nei campus e si è aperto nel Paese un dibattito sul trattamento degli studenti e degli accademici dalit nelle università indiane.

Il governo indiano ha lanciato un’inchiesta giudiziaria sulla morte di Vemula e il Primo ministro, Narendra Modi, ha dichiarato: “La Madre India ha perso un figlio”.

  • Autore articolo
    Gabriele Battaglia
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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