Approfondimenti

Putin rompe il tabù atomico, non c’è ancora un accordo sul rincaro del gas e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di venerdì 30 settembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30.  Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato l’annessione dei territori occupati in Ucraina con una cerimonia al Cremlino seguita anche da un maxischermo nella Piazza Rossa. Si è poi detto disposto a riprendere i negoziati con l’Ucraina, aggiungendo: “L’Occidente ora non si azzardi ad attaccare la Russia”. Ed ha evocato la minaccia nucleare. Non c’è ancora nessun accordo sul tetto del prezzo del gas in Europa. Berlino si difende dall’accusa di aver pensato solo per sé con un accordo da 200 miliardi: “Non è un tetto, ma solo un freno ai rincari e un aiuto sulle bollette”. Intanto Giorgia Meloni lancia un avvertimento all’alleato Matteo Salvini – “non è tempo di divisioni, ma di responsabilità” – e si prepara per la sua prima uscita pubblica dopo il voto, domani a Milano.

A Mosca la cerimonia di annessione delle regioni ucraine

Vladimir Putin oggi dal Cremlino ha celebrato l’annessione dei territori occupati in Ucraina. Davanti a lui i governatori filo-russi delle regioni ucraine di Dontesk, Lugughansk, Zaporizhia e Kherson, i fedelissimi del presidente russo – il ceceno Kadyrov e l’ex presidente Medvedev – e i vertici dell’esercito e della chiesa ortodossa russa. “Ora ci sono quattro nuove regioni in Russia, i loro abitanti diventeranno per sempre cittadini russi” ha detto Putin. Sentiamo un passaggio del suo intervento

Putin poi ha detto di essere ora pronto a riprendere i negoziati con Kiev, ma poi ha evocato, in caso di attacco ai territori annessi, l’uso dell’arma atomica affermando che “c’è già un precedente, sull’uso del nucleare, quello degli americani a Hiroshima”. Infine l’attacco alla cultura occidentale definita satanica “fanno perfino cambiare sesso ai loro figli” ha detto il presidente Russo. Un doppio messaggio quello di Putin, lanciato sia sul fronte interno che alla comunità internazionale. Ne parliamo con Giovanni Savino, docente di storia contemporanea esperto di Russia

Il primo a reagire al discorso di Putin è stato Zelensky. “L’annessione è una farsa, l’intero territorio del nostro Paese sarà liberato dal nemico, non tratteremo mai con Putin” ha detto il presidente ucraino, che proprio oggi ha firmato la richiesta di adesione alla Nato chiedendo ai Paesi dell’alleanza atlantica un procedura rapida. Condanne all’annesione Russa e sostegno all’Ucraina sono arrivati dall’intero fronte Occidentale, Biden ha annunciato l’invio di nuove armi a Kiev e di ulteriori sanzioni contro Mosca. Jens Stoltemberg, numero uno della Nato, ha ribadito il diritto dell’Ucraina a liberare i territori occupati ma ha frenato sull’ingresso di Kiev nell’alleanza atlantica: “Serve l’unanimità, ora siamo conentrati a dare sostegno pratico all’Ucraina”. Sentiamo un passaggio della conferenza stampa di Stoltenberg

Intanto sul campo di battaglia proseguono scontri e bombardamenti. Questa mattina un attacco missilistico ha colpito un convoglio umanitario con a bordo decine di civili in uscita da Zaporizhzhia: 25 i morti oltre 50 i feriti. Mentre sul fronte orientale sono arrivati i primi dei 300mila riservisti russi per arginare la controffensiva ucraina. Ascoltiamo Francesco Strazzari, docente di relazioni internazionali alla scuola Sant’Anna di Pisa

L’Europa resta senza tetto sul gas

Al vertice dei ministri dell’Energia non è stato siglato alcun accordo su un limite da applicare al prezzo del gas. E’ stata raggiunta, invece, l’intesa sulla riduzione dei consumi (che dovrebbe far calare i prezzi) e sugli extra-ricavi delle compagnie energetiche. Il governo tedesco, intanto, ha respinto le accuse di voler procedere per conto proprio sul price-cap: “Il nostro piano da 200 miliardi di euro non è un tetto, ma solo un freno ai rincari e un aiuto sulle bollette”, ha detto una portavoce del ministero dell’economia di Berlino.
La fissazione di un tetto al prezzo del gas a livello europeo sembrerebbe molto rischiosa. Secondo diverse analisi tecniche, potrebbe disincentivare i fornitori dal vendere la materia prima ai paesi che impongono il tetto stesso.

Nel Pd si inizia a parlare di “scioglimento”

(di Anna Bredice)

Due fatti quasi in tempo reale scuotono il Partito democratico, una lettera di Enrico Letta agli iscritti per annunciare una fase costituente, mettendo in discussione anche il nome del partito e poi il cammino verso il congresso, l’altro fatto è un appello di alcune personalità che sono vicine al partito, ma fortemente deluse, e chiedono una cosa diversa, un cantiere nuovo, tra i firmatari Rosy Bindi, che non esita più a pronunciare una parola che finora era tabù: lo scioglimento del partito.
Il dopo voto si conferma come momento da cui ripartire: “un risultato insufficiente, ma ne usciamo vivi”, dice Letta, forse per tirare su il morale della truppa. Ma per quanto aperto ad un rinnovamento, il percorso di Letta finirà prima o poi, forse gennaio o febbraio, con le primarie tra sole due persone. Un percorso che è fatto di quattro fasi, la prima è una chiamata per una fase costituente, è il momento forse del ritorno di Articolo uno nel partito, il tempo necessario per iscriversi e si passa alla fase due, quella più importante, della soluzione dei nodi, obiettivo non facile perché si tratta di trovare la ricetta dello scollamento sempre più ampio tra partito e quella parte di società che per ragioni economiche, povertà, diritti, lavoro, servizi sociali – il confronto di alcune ragazze con Laura Boldrini sull’aborto è un esempio – si sono sentiti abbandonati. E in questa fase Letta promette di mettere in discussione tutto, il nome e l’organizzazione, un partito democratico quindi che potrebbe alla fine non chiamarsi più così. Non è poco, certo.
Nello stesso tempo però Letta aggiunge che tutto questo avverrà con le regole vigenti, che sono frutto dell’esistenza e del potere delle correnti nel partito. La fase tre è quella delle candidature, frutto della discussione, che non deve essere un casting, dice il segretario, riferendosi forse alla pioggia di candidature arrivate in questi giorni. E infine primarie aperte a tutti, non solo agli gli iscritti, primarie tra i due candidati vincenti. Rinnovamento quindi, ma nello stesso tempo la sicurezza di arrivare alla fine con un segretario che potrebbe essere frutto di una discussione profonda, ma di questo non c’è una certezza.
Nell’appello diffuso oggi invece, firmato da personalità come Rosy Bindi, Gad Lerner, Franco Monaco, Tomaso Montanari, si chiede di posticipare le primarie e di dedicare il tempo ad un nuovo cantiere per ripensare ed eventualmente ricostruire un nuovo partito aperto anche ad altre formazioni politiche e società civile.

In Iran continuano le proteste

Con effetto domino, le proteste iraniane coinvolgono diverse città del pianeta, da Ginevra a Melbourne. Mentre Berlino propone all’Unione Europea la possibilità di sanzioni contro Teheran, a Oslo le dimostrazioni di fronte alla sede diplomatica della Repubblica islamica hanno causato il ferimento di due persone e l’arresto di 90 persone. A esprimere solidarietà nei confronti degli iraniani sono anche state, ieri mattina, 25 afgane che a Kabul si sono ritrovate davanti all’ambasciata iraniana, suscitando l’ira dei Talebani. In risposta i pasdaran stanno prendendo di mira celebrità e giornalisti nel paese.
Sempre più convinti che le proteste siano fomentane dall’estero, i vertici di Teheran hanno convocato l’incaricato d’affari di Francia, per «denunciare l’ingerenza dell’Eliseo nelle questioni interne all’Iran. Intanto, il governatore di Teheran ha detto che nella capitale le manifestazioni sono completamente finite, ma non è vero. Manifestare è sempre più difficile. Nelle strade ci sono le forze dell’ordine, ovunque. Le caserme sono distribuite in modo capillare sul territorio e i militari arrivano in un attimo nei viali del centro, usando le corsie dedicate ai mezzi pubblici. Coloro che osano manifestare nel nord della capitale rischiano di ritrovarsi bloccati tra i pasdaran e le montagne.

Mark Zuckerberg non assume più nessuno

È emerso da un rapporto di Bloomberg che il colosso americano META, di cui fanno parte Facebook e Instagram, sospenderà ufficialmente le assunzioni. Ma non è tutto: finirà il 2023 come un’azienda “un po’ più piccola”. Queste sarebbero le parole dette da Mark Zuckerberg, il capo di META, ai suoi dipendenti durante uno spazio di domande e risposte. Ha parlato di una pianificazione “in maniera un po’ prudente” a causa della situazione economica ancora incerta. Il padre di Facebook non ha fatto alcun riferimento esplicito ad un piano di licenziamenti nella propria azienda, ma le sue parole sembrano non lasciare alcun dubbio. Infatti, ha annunciato che verranno ridotti i budget di quasi tutti i team dell’azienda e che questi saranno incaricati di gestire eventuali modifiche al proprio organico. META non è l’unica nel campo ad aver tirato il freno quest’anno: a inizio mese Snapchat ha licenziato circa 1200 dipendenti mentre Netflix, a maggio, ne ha mandati a casa circa 150. Insomma, nonostante i guadagni miliardari di queste aziende, a rimetterci saranno anche questa volta i lavoratori.

Foto | Una bara e pane distribuito gratis durante la protesta dei panificatori campani radunati in in piazza del Plebiscito a Napoli contro il caro bollette di luce e gas, ma anche per l’aumento di tutte le materie prime a partire dalla farina e dall’olio

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    “Quelle che arrivano dalla maggioranza sono delle sciocchezze, che sarebbero grottesche se non fossero pericolose perché tradiscono una chiara volontà di creare un clima di paura e di allarme, criminalizzando tutta la galassia dell’opposizione”. Così Benedetta Tobagi, intervistata da Luigi Ambrosio all'Orizzonte delle Venti, sui reiterati attacchi del Governo alle opposizioni accusate di fomentare la violenza. “Anche per ciò che porto nel mio nome, l’Italia ha nella sua storia una sinistra antifascista e democratica che non è mai stata violenta. Figure come mio padre e Aldo Moro sono state colpite addirittura dal terrorismo di sinistra. Questa è la storia che vergognosamente Meloni, Tajani e Salvini non riconoscono e che, invece, deve essere la nostra forza”.

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