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La decisione dell’EMA sul vaccino di AstraZeneca, la sfida tra Salvini e Meloni e le altre notizie della giornata

vaccini covid ANSA AstraZeneca

Il racconto della giornata di mercoledì 7 aprile 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. L’Agenzia europea del farmaco ha riconosciuto un forte nesso tra le rare trombosi cerebrali e il vaccino Astrazeneca, ma ha deciso di non imporre restrizioni alla somministrazione in Europa. C’è l’accordo per la somministrazione dei vaccini anti-COVID nelle aziende, ma restano anche tanti dubbi. La sfida tra Salvini e Meloni è sempre più aperta. Milioni di studenti sono già tornati a scuola in tutta Italia, ma per gli adolescenti continua la didattica a distanza. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

L’EMA riconosce il nesso tra il vaccino di AstraZeneca e i rari casi di trombosi

L’Agenzia europea del farmaco ha riconosciuto un forte nesso tra le rare trombosi cerebrali e il vaccino Astrazeneca ma ha deciso di non imporre restrizioni alla somministrazione in Europa. La causalità è definita “probabile” ma la valutazione è che questi effetti collaterali, che dovranno essere riportati sul bugiardino, siano tanto rari da non modificare il rapporto rischi benefici connesso alla vaccinazione. Al 22 marzo in tutta europa si contavano 86 casi, di cui 18 mortali su 25 milioni di dosi iniettate. L’Ema ha comunque sollecitato le autorità regolatorie dei singoli paesi a prendere decisioni anche sulla base dell’andamento della propria campagna vaccinale e della disponibilità di altri vaccini.

I ministri europei della salute sono riuniti in questo momento in videoconferenza per discutere del verdetto dell’Ema e, auspicabilmente, stabilire dei criteri unitari. La Gran Bretagna, da parte sua, una decisione oggi l’ha già presa: il vaccino Astrazeneca non sarà più somministrato tra gli under 30, una fascia di popolazione in cui, secondo le autorità regolatorie britanniche, è più evidente il nesso tra la somministrazione e le trombosi.

I dubbi sull’accordo per le vaccinazioni anti-COVID nelle aziende

(di Mattia Guastafierro)

L’accordo c’è. Le rassicurazioni anche. Alcuni dubbi però restano. Le aziende potranno vaccinare i propri dipendenti. Governo e parti sociali hanno firmato il protocollo, il piano di regole e requisiti per avviare anche sui luoghi di lavoro le somministrazioni. Ciò che manca però è una data certa di inizio. Ed è su questo che si gioca la partita più delicata. Il ministero del Lavoro ha assicurato che si tratterà di un canale parallelo alla campagna di massa, che non sottrarrà dosi alle categorie prioritarie e che in ogni caso dipenderà dal numero di vaccini che effettivamente arriveranno in Italia. La prospettiva, nelle intenzioni dell’esecutivo, è quella di non iniziare finché non saranno messi in sicurezza i fragili e gli anziani, almeno fino ai 70 anni. Solo dopo, a maggio nelle previsioni più rosee, potranno partire anche le aziende. Le indicazioni sono però generiche. Nessun vincolo è stata messo nero su bianco nel protocollo. E i timori per le pressioni delle imprese restano, in primis da parte di Confindustria, che più volte sui vaccini ha tentato fughe in avanti. “Sono pronte oltre 7mila aziende per immunizzare i dipendenti e anche i loro familiari”, annunciava giusto ieri l’organizzazione degli industriali.
Nel protocollo è, invece, spiegato come funzionerà la macchina vaccinale che darà una mano importante alla campagna massiva. Le aziende dovranno mettere a punto un piano sanitario, a carico del datore di lavoro, specificando il numero di vaccini da richiedere ai servizi regionali. L’adesione sarà volontaria e la somministrazione riservata a medici e operatori sanitari. Per completare le vaccinazioni, le aziende potranno anche firmare delle convenzioni con la sanità privata o fare ricorso alle strutture dell’Inail.

La sfida tra Salvini e Meloni è sempre più aperta

(di Anna Bredice)

Quanto deve essere costato a Matteo Salvini non votare qualche giorno fa l’emendamento di Fratelli d’Italia sui respingimenti alle frontiere? Tanto, si sarà mangiato le mani. E poi ancora, quanto gli è pesato non passare ai banchi dell’opposizione quando la cara alleata Giorgia Meloni ha presentato l’emendamento per aprire subito le palestre? Fino ad arrivare ad oggi, un altro emendamento, sempre a firma Fratelli d’Italia, per bloccare il cashback destinando quei soldi alle imprese che chiudono: ecco, il massimo che la Lega è riuscita a fare oggi è stato astenersi insieme ad un gruppo sempre più unito quando si tratta di contrastare l’asse a sinistra della maggioranza, il blocco Forza Italia, Italia Viva e Lega.
Nella foto di oggi Salvini quindi deve mettersi tra Berlusconi e Renzi, una posizione che gli sta stretta e gli fa perdere consensi, a favore di chi al momento è l’unico partito di opposizione, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, la quale proprio perché è opposizione ottiene attenzione e ascolto da parte di tutti, per primo da Enrico Letta che ha incontrato la leader di Fratelli d’Italia promettendole la presidenza del Copasir, ma non ha ancora incontrato Salvini.
La presidenza del Copasir, il comitato di sicurezza, è di fatto bloccato e in questo periodo sarebbe utile funzionasse vista l’ultima vicenda della spia al soldo dei russi, ma lo stallo è dovuto proprio ad una competizione tra Lega e Fratelli d’Italia, Salvini non vuole mollare la presidenza occupata dalla Lega.
Uno nel governo, l’altra all’opposizione, la sfida è sempre più aperta tra i due e Meloni vola nei sondaggi, è seconda nel gradimento dei leader dopo Draghi, dopo viene Conte e al quarto posto, perdendo conensi, arriva Salvini.
Eppure dovrebbero andare insieme alle elezioni in autunno e forte dei consensi, Meloni vorrebbe indicare anche qualche candidato, ad esempio a Roma dove se si candidasse probabilmente vincerebbe, ma lei ormai ha mire più alte.
Non porta molta visibilità e successo a Salvini la linea di lotta e di governo, perché Draghi non sembra scomporsi di fronte ad alcune mosse che vede forse solo come strumentali. Salvini ha chiesto di essere ricevuto dal Presidente del Consiglio al quale vuole portare le istanze dei commercianti che stanno protestando.
Si intesta la protesta, ma il problema è che quelle urla di ieri davanti a Montecitorio erano indirizzate al governo e nel governo c’è anche lui, che deve rimanere in silenzio, al massimo qualche volta alzare un po’ la voce, ma l’emendamento per riaprire tutto non lo può proprio votare.

Milioni di studenti tornano a scuola, ma non gli adolescenti

(di Lorenza Ghidini)

Alla fine, gli ultimi degli ultimi son sempre gli adolescenti. Mentre fratelli e sorelle minori da oggi son tornati sui banchi, loro proseguono davanti al computer. Per loro non vale lo studio fatto proprio dal ministero, quello che dice che in classe il rischio contagio è molto basso. Loro prendono i mezzi, e siccome i mezzi non sono bene organizzati, loro stanno a casa. Pure dove si è lavorato mesi per riorganizzare le corse, gli orari, le navette extra, come a Milano, non c’è mai stata la possibilità di sperimentare le novità, di capire se il nuovo modello era più sicuro. I ragazzi stanno a casa a prescindere. Sono severamente giudicati perché vanno in cerca di socialità dopo le sei ore passate al pc, magari abbassano pure la mascherina quando fumano una sigaretta con gli amici. Ma intanto le statistiche raccontano di un’impennata di disagi psicologici, disordini alimentari, atti di autolesionismo fino al tentativo di suicidio. Senza farla drammatica a tutti i costi, basta conoscerli per capire che bene non sta nessuno. Non sta bene nemmeno il resto della popolazione, è chiaro, ma più mazziati di loro non ce ne sono. Anzi, cornuti e mazziati, dato che il ministero dell’istruzione ha stabilito che chi ha tante insufficienze quest’anno potrà essere bocciato. L’anno scorso no, per due mesi di dad, quest’anno con due mesi scarsi di scuola in presenza invece sì. E giù una nuova dose di stress, che tanto son giovani e hanno tutta la vita davanti.
E’ vero che la valutazione è elemento essenziale della scuola, e il 6 politico è demotivante anche lui, ma magari questo discorso lo riprendiamo l’anno prossimo, stavolta ci auguriamo che prevalga il buon senso di insegnanti e presidi, non fosse altro che per la paura di una pioggia di ricorsi.

Dopo la pandemia il mondo sarà un posto migliore?

(di Chawki Senouci)

Dopo la pandemia il mondo sarà un posto migliore? Il rapporto annuale di Amnesty ci dice di non farsi troppe illusioni perché non possiamo aspettarci nulla di buono da chi ha trascinato l’umanità in questa tragedia epocale. La pandemia ha infatti certificato il fallimento dei nostri sistemi sociali, economici e politici, ha amplificato decenni di disuguaglianze e di erosione dei servizi pubblici.
Sulla violazione dei diritti umani Amnesty parla di un ceppo di leader particolarmente virulento e che ha visto la pandemia come un ‘opportunità per rafforzare il proprio potere, per reprimere il dissenso e le critiche”. Citiamo Polonia e Ungheria, i Paesi del golfo guidati dall’Arabia Saudita, la Cina, l’India definita ingiustamente la più grande democrazia nel mondo.
Chiudiamo con due buone notizie.
La prima è che secondo Amnesty la leadership mondiale nel 2020 è venuta dalle decine di migliaia di persone che hanno marciato per chiedere il cambiamento: il Black Lives Matter negli Stati Uniti, le donne pro aborto in Polonia e Argentina, i giovani pro democrazia di Hong Kong, i contadini indiani che hanno protestato contro la liberalizzazione del settore agricolo.
La seconda buona notizia è che a presentare il rapporto 2020 è stata la nuova segretaria di Amnesty
la francese Agnes Callamard. Era stata la relatrice Onu nell’inchiesta sull’omicidio del giornalista
saudita Jamal Khashoggi. Fu la prima ad accusare direttamente il Principe Bin Salman. La sua promozione è la conferma della solidità delle prove contro uno degli uomini più ricchi e più potenti nel mondo. È una buona notizia per noi, ma una cattiva notizia per gli amici del Principe.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

I dati di oggi sulla pandemia: il numero di decessi è stato molto alto nelle ultime 24 ore: sono 627. È la quinta volta che vengono superate quest’anno le 600 vittime: le altre quattro volte erano state tutte a gennaio. Bisogna dire però che anche oggi, come ieri, nel bollettino sono conteggiati decessi avvenuti nei giorni scorsi in diverse regioni, come per esempio in Veneto, Campania, Abruzzo.
Poi ci sono altri due dati importanti oggi: il primo è il tasso di positività che scende al 4%. I nuovi contagi registrati sono 13.708. L’altro dato è quello dei ricoveri: è un dato buono, scende la pressione sugli ospedali nelle ultime 24 ore: in calo sia le terapie intensive sia i ricoveri ordinari.

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    1) “La gente non lascia Gaza City perché non sa dove andare o perché non può permetterselo”. Migliaia di persone restano nella città della striscia, mentre l’esercito continua a bombardarla. (Jacob Granger - MSF) 2) “Israele sta commettendo un genocidio, ma gli altri paesi hanno l’obbligo giuridico di fare tutto ciò che possono per impedirglielo”. In esteri la seconda puntata dell’intervista a Chris Sidoti, giudice della commissione Onu. (Valeria Schroter, Chris Sidoti - Commissione Onu d'inchiesta per i territori palestinesi) 3) La Francia ancora in piazza. Un milione di persone mobilitate dai sindacati per protestare contro la legge di bilancio di Bayrou. (Veronica Gennari) 4) La tragedia umanitaria della guerra in Sudan, e i sudanesi che resistono. Premiata in Norvegia una rete di associazioni comunitarie che lavorano per favorire l’ingresso di aiuti. (Irene Panozzo, analista politica) 5) Donald Trump alla corte britannica. La luna di miele tra Keir Starmer e il presidente Usa è soprattutto una questione di business. (Marco Colombo, giornalista) 6) World Music. Together for Palestine, il concerto organizzato da Brian Eno a Londra contro il genocidio. (Marcello Lorrai)

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    È morto a 91 anni Fausto Amodei, figura cruciale per la canzone popolare italiana che alla fine degli anni cinquanta aveva contribuito a fondare il Cantacronache, il primo esperimento di canzone politica “d’autore” in Italia. Tra i suoi capolavori 'Per i morti di Reggio Emilia', una delle canzoni popolari e politiche più suonate nelle piazze d’Italia. Ma "le sue canzoni sono riuscite ad andare ben oltre il suo nome” diventando parte dell’immaginario collettivo, ricorda il cantautore Alessio Lega ai microfoni di Radio Popolare. Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia.

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