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Le intense ore di negoziati per la fine del conflitto, la Russia ribelle che dice no alla guerra e le altre notizie della giornata

invasione russa - guerra ucraina Kiev ANSA

Il racconto della giornata di martedì 15 marzo 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Nel ventesimo giorno di guerra in Ucraina, Zelensky ha detto di aver “preso atto che il suo Paese non entrerà nella NATO”. I negoziati proseguono, così come il conflitto sul campo. In Russia, intanto, continuano ad emergere le voci che, in modo silenzioso, dicono no alla guerra. Il governo italiano si muove per allentare le misure anti-COVID e stabilire i prossimi passi verso un ritorno ad una semi-normalità. La Procura di Bologna ha chiuso un’indagine su Mondo Convenienza, ipotizzando il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro a carico di 21 persone. Il destino di Julian Assange è nelle mani del Ministero degli Interni britannico, che nelle prossime settimane deve autorizzare espressamente l’estradizione del fondatore di WikiLeaks negli Stati Uniti. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Le due delegazioni continuano a trattare, ma il conflitto sul campo prosegue

Ventesimo giorno di guerra. Oggi Zelensky ha detto di aver “preso atto che il suo Paese non entrerà nella NATO”. 

Ma ancora non è chiaro se si tratta di una svolta nei negoziati, mentre continuano i colloqui in videoconferenza tra le due delegazioni. Secondo un alto consigliere ucraino “la guerra potrebbe finire a inizio maggio, forse anche prima”.



Intanto però continua anche il conflitto sul campo. Oggi colpiti obiettivi militari ma anche edifici civili a Kiev, 4 morti in un palazzo andato a fuoco.

 Uccisi in un conflitto a fuoco anche un cameraman americano di Fox News e una giornalista ucraina

.
Nella città assediata di Mariupol le truppe russe avrebbero occupato un ospedale e preso in ostaggio il personale e i pazienti. Oggi altre duemila automobili sono riuscite a lasciare la città
. Secondo le Nazioni Unite sono già tre milioni gli ucraini scappati all’estero.

La testimonianza da Kherson, da oggi sotto il controllo dei russi

La Russia oggi ha detto di aver preso il controllo della città di Kherson, nel sud del paese. A Kherson abbiamo raggiunto un cittadino italiano, Giovanni Bruno. Questo il suo racconto:


 

L’Esercito italiano valuta con attenzione l’evoluzione della guerra in Ucraina

L’evoluzione della guerra in Ucraina viene costantemente valutata dall’esercito italiano. Lo scorso 9 marzo il Capo di Stato maggiore ha diffuso una circolare con alcune indicazioni operative ai militari. Nel documento si chiede di limitare i congedi anticipati e di porre i reparti in prontezza operativa, pronti all’impiego, e addestrati al warfighting, cioè alla guerra. Subito dopo la diffusione della circolare, lo Stato Maggiore ha precisato: “Si tratta di un documento di routine”, dettato dagli sviluppi internazionali. Francesco Vignarca, della Rete Pace e Disarmo:


 

La Russia ribelle che silenziosamente dice no alla guerra

La giornalista della televisione russa Channel One, Marina Ovsyannikova, che era stata fermata per avere mostrato in diretta un cartello contro la guerra in Ucraina, è stata condannata a pagare un multa di 30mila rubli ed è stata rilasciata. All’uscita del tribunale ha raccontato di essere stata tenuta in isolamento e interrogata per 14 ore. Il suo gesto, così plateale, ha colpito molto l’opinione pubblica internazionale, in un momento in cui il dissenso russo fatica a farsi sentire. Ma nonostante il grande rischio che corre, c’è una Russia ribelle che in modo più silenzioso dice no alla guerra.

(di Martina Stefanoni)

Novaya Gazeta, il giornale russo del premio Nobel per la pace Dimitri Muratov, ha pubblicato la foto della giornalista di Channel One che durante il TG della sera ha protestato contro la guerra. L’ha pubblicata, ma ha oscurato il contenuto del cartello che Marina Ovsyannikova teneva in mano. Sembra assurdo, ma questo è il punto a cui è arrivata la censura russa e – allo stesso tempo – il punto oltre il quale si spinge la voce di dissenso che, sebbene per forza di cose limitata e laterale, continua con mezzi e modi inusuali. Novaya Gazeta, per continuare a lavorare, non può parlare di guerra, ma parla degli effetti delle sanzioni, parla delle manifestazioni e parla della pace.
I pacifisti russi, per organizzarsi senza essere rintracciati, si parlano su WhatsApp o su Telegram usando emoji. Quando l’invasione russa è iniziata, ed è stata organizzata la prima manifestazione per la pace, è circolato un messaggio così costruito: un’immagine del poeta russo Pushkin, il numero 7 e una serie di emoji di uomini che camminano. Il significato era: ci troviamo alle 7 in piazza Puskhin, a Mosca, per manifestare. Su TripAdvisor le recensioni di ristoranti, bar o luoghi turistici russi, sono state invase di messaggi contro la guerra, mentre su Google Maps, al posto delle immagini dei luoghi simbolo russi, sono state pubblicate foto dell’Ucraina distrutta dalle bombe.
Su AirBnb, invece, persone da tutto il mondo hanno prenotato case in Ucraina in cui non andranno mai. Hanno pagato per la notte e hanno lasciato messaggi di sostegno al popolo ucraino.
Nelle guerre non esistono eroi, ma esistono tante piccole voci, che insieme ne formano una grande che dice no. E questa, è la Russia che silenziosamente si ribella.

Julian Assange sempre più vicino all’estradizione negli Stati Uniti

Dopo che la giustizia britannica ha negato a Julian Assange il ricorso alla Corte Suprema, a decidere sulla sorte del fondatore di WikiLeaks sarà il Ministero degli Interni britannico, che nelle prossime settimane deve autorizzare espressamente l’estradizione negli Stati Uniti. Sul fatto che l’autorizzazione sarà concessa ci sono pochi dubbi, viste anche le posizioni politiche della ministra Priti Patel. Non è detto però che questo sia l’ultimo capitolo della vicenda, poichè la decisione dell’Home Secretary è appellabile. Stefania Maurizi è una giornalista che ha collaborato con il fondatore di WikiLeaks, autrice di “Il potere segreto, perchè vogliono distruggere Julian Assange”:


 

Sfruttamento del lavoro. Chiusa a Bologna l’indagine su Mondo Convenienza

La Procura di Bologna ha chiuso un’indagine sul gruppo dell’arredamento low cost Mondo Convenienza, nata dagli esposti presentati ai carabinieri dai facchini di un magazzino di Calderara. Secondo quanto riferisce il Resto del Carlino il reato ipotizzato è di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro a carico di 21 persone.

(di Diana Santini)

Stipendi inferiori ai minimi tabellari, turni massacranti con inizio alle 6 del mattino e fine anche a tarda sera, metodi degradanti e umilianti di controllo a distanza, nessuna attenzione alla sicurezza sul lavoro. Il format, descritto in questi termini dalla procura di Bologna nel suo avviso di conclusione delle indagini sullo stabilimento bolognese del Mondo Convenienza, è quello ormai tristemente consueto di tanta parte del mondo della logistica e delle consegne. A denunciare i vertici della holding dei mobili low cost e quelli delle cooperative appaltatrici sono stati i facchini dello stabilimento di Calderara di Reno: per questo, oltre al presidente del CdA della holding, tra le 21 persone indagate ci sono anche i gestori dello stabilimento alle porte di Bologna. L’inchiesta è partita nell’agosto 2020, quando i lavoratori del sito hanno depositato 18 esposti identici: tra le altre cose, denunciano la sistematica violazione dei diritti fondamentali, come quando descrivono le condizioni in cui venivano svolti i prelievi di sangue per l’idoneità lavorativa: nel locale ferramenta sul piazzale, senza l’uso di guanti, senza un lavandino, un lettino, un frigorifero. In caso di infortunio o malattia la paga veniva decurtata. Gli indagati respingono tutte le accuse. Le prime denunce sul sito di Calderara risalgono al 2017, ma anche altri stabilimenti sono stati oggetto di inchieste e denunce negli scorsi anni: da Settimo Torinese, dove oltre a operare in condizioni disumane i facchini faticavano persino a farsi pagare lo stipendio, alla sede del milanese, dove si lavorava 7 su 7 e a malapena i lavoratori, come denunciato dal Si Cobas, riuscivano a ottenere un riposo mensile.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

Risalgono i casi di COVID in Italia. Oggi sono stati accertati 85mila nuovi contagi e 180 morti. Diminuiscono i pazienti ricoverati in terapia intensiva, ma crescono gli ingressi nei reparti ordinari. La risalita della curva epidemica non dovrebbe modificare la roadmap per uscire dall’emergenza. Le nuove regole sono attese per domani, a partire dall’allentamento del Green Pass.

(di Anna Bredice)

Domani ci sarà una riunione a Palazzo Chigi molto importante dove verranno decisi gli allentamenti delle misure anti-COVID.” L’annuncio l’ha fatto il sottosegretario alla Salute Costa, ma già questa mattina era avvenuta una riunione ristretta tra Draghi, Speranza e il coordinatore del CTS sempre per definire le fasi di uscita dalle restrizioni. Secondo il sottosegretario alla Salute verrà eliminato il Green Pass all’aperto anche per le attività sportive e ci sarà un passaggio dal Green Pass rafforzato a quello di base in alcuni settori. Alcuni presidenti di Regioni chiedono che la fine delle misure avvenga al più presto.
Uno dei nodi da sciogliere è l’uso della mascherina nei luoghi chiusi. Bisogna decidere se questo obbligo durerà ancora a lungo oppure no. Come è avvenuto in passato, il ministro Speranza è quello che si appella ad una maggiore cautela visto il rialzo dei casi di COVID. I numeri dei contagi confermano la tendenza degli ultimi giorni: un aumento dei casi, il tasso dei contagi è al 14,5% mentre ieri era al 14,1%, ma i ricoveri in terapia intensiva diminuiscono. Sicuramente dal 31 marzo, quando finirà lo stato di emergenza, ci saranno tre tappe graduali che segneranno l’uscita dalle restrizioni, dal 1° aprile al 15 giugno, quando il Green Pass dovrebbe essere archiviato.

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    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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