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I bombardamenti a Gaza, le proteste degli operai della ex GKN e le altre notizie della giornata

gaza ramadan

Il racconto della giornata di martedì 12 marzo 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. E’ il secondo giorno di Ramadan nella striscia di Gaza, e i bombardamenti non si sono fermati. I numero dei morti è salito a oltre 31mila 100 e si aggrava giorno dopo giorno la situazione umanitaria. Mentre a Gaza le persone continuano a morire di fame da Cipro questa mattina è partita la missione di Open Arms e World Central Kitchen. Salvini insegue il consenso e il recupero dei voti soprattutto alle europee con candidati divisivi ma che rappresentano un riferimento per l’elettorato di destra. Saltato l’incontro chiave sulla reindustrializzazione alcuni operai della Ex Gkn di Campi Bisenzio hanno protestato su una torretta di illuminazione della stazione fiorentina di Santa Maria Novella. La direttiva europea per la riduzione dei consumi energetici del patrimonio edilizio prevede che gli edifici nuovi siano ad emissioni zero a partire dal 2030.

Continuano i bombardamenti a Gaza durante il Ramadan

E’ il secondo giorno di Ramadan nella striscia di Gaza, e i bombardamenti non si sono fermati. I numero dei morti è salito a oltre 31mila 100 e si aggrava giorno dopo giorno la situazione umanitaria. Oggi il ministero della salute della striscia ha detto che almeno 9 persone sono state uccise a Gaza city mentre aspettavano uno dei pochi camion umanitari che raggiungono il nord. Qui, secondo le nazioni unite, sono almeno 25 le persone morte di fame.
Questo è il racconto di un operatore di Medici Senza Frontiere, bloccato con la sua famiglia al nord della striscia di Gaza.

Intanto i negoziati per trovare un accordo per una tregua sono ad un punto fermo. Il Qatar ha detto che le due posizione al momento sembrano inconciliabili. Si teme l’ invasione di terra di Rafah e il presidente degli stati uniti Joe Biden starebbe prendendo in considerazione la possibilità di condizionare gli aiuti militari a Israele se Netanyahu procederà con un’invasione su larga scala. “Porteremo a termine il lavoro” ha risposto Netanyahu, evidenziando lo scontro ormai aperto tra i due leader. Anche da parte di altri leader occidentali in queste ore arrivano dichiarazioni critiche nei confronti delle azioni israeliane. Il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha definito “scioccanti” le immagini diffuse dalla Bbc sul personale medico palestinese di Gaza picchiato e umiliato dalle truppe israeliane. La presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen ha chiesto un cessate il fuoco immediato, mentre il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha denunciato l’uso della fame come arma di guerra a Gaza. “Questa crisi umanitaria non è un disastro naturale, non è un’alluvione o un terremoto, è causata dall’uomo”, ha detto chiedendo l’ingresso di aiuti umanitari. Oggi, intanto, è partita da Cipro la nave della Ong Open Arms, diretta verso Gaza, con a bordo 200 tonnellate di cibo.

Nel vuoto operativo dei governi, a muoversi è ancora una volta la società civile

(di Martina Stefanoni)
Mentre a Gaza le persone continuano a morire di fame, i camion con gli aiuti vengono bloccati e la missione annunciata dagli Stati Uniti per la creazione di un molo galleggiante al largo della striscia per portare dentro farmaci e cibo non sarà operativa prima di 2 mesi, da Cipro questa mattina è partita la missione di Open Arms e World Central Kitchen. A bordo ci sono 200 tonnellate di farina, riso e cibo in scatola. Impiegherà dai due ai tre giorni di navigazione prima di raggiungere un luogo non precisato della striscia di Gaza. A questo punto cosa succederà, non è chiaro. Non si sa come gli aiuti raggiungeranno la popolazione né chi sarà incaricato di distribuirli. Intanto, però, la nave di Open Arms ci prova. Se la missione avrà successo, aprirà la strada ad altre dimostrando che nel vuoto operativo dei governi, a muoversi è ancora una volta la società civile. La soluzione migliore – la più semplice, la più veloce e la più efficace – sappiamo tutti quale sarebbe: quella dei camion. Quella di aprire i valichi e permettere finalmente che alla popolazione arrivi ciò che le serve. Invece, l’esercito israeliano continua a renderlo difficile, se non impossibile. Oggi il capo dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, ha detto che alla lista degli articoli vietati da Israele si sono aggiunte le forbici mediche. Così basta un kit medico, o una bombola per l’ossigeno, o delle batterie solari, o degli anestetici, per bloccare tutto il camion. E intanto ad oggi sono 25 le persone morte di fame, 21 erano bambini. Altri 9, invece, sono stati uccisi a Gaza City mentre aspettavano gli aiuti. A poche settimane dalla strage della farina di fine febbraio. Da allora, secondo il ministero della salute della striscia, sono più di 400 i palestinesi uccisi in contesti del genere. Mentre, quindi, erano in coda per recuperare della farina per la propria famiglia.

Salvini insegue il consenso e il recupero dei voti alle europee

(di Anna Bredice)
Uno dei primi appuntamenti di Matteo Salvini dopo il voto in Abruzzo è stato oggi in Veneto dove tornerà anche nei prossimi giorni, è la regione che diventerà la posta in gioco per la Lega alle regionali dell’anno prossimo, un serbatoio di voti ma anche di grandi malumori nei confronti del capo del partito. Salvini per ora rinvia il congresso – “prima bisogna vincere le europee” – perché rischia di far emergere contrasti che finora sono ancora tenuti sotto controllo, ma non si sa fino a quando. Le critiche aumentano nei confronti di una linea che è poco compresa, cosa c’entra la candidatura di Vannacci in una Lega che per Zaia deve tornare ad essere la Lega nord ad esempio? Ma Salvini insegue il consenso e il recupero dei voti soprattutto alle europee con candidati divisivi ma che rappresentano un riferimento per l’elettorato di destra. E il Veneto sarà anche uno dei temi sullo sfondo del voto di domani al Senato. Non c’è ancora la certezza, ma i senatori leghisti ripresenteranno nel decreto elezioni l’emendamento per il terzo mandato dei presidenti delle regioni, per la Lega è il caso di Zaia, che altrimenti non potrebbe ricandidarsi. Un voto che non desta nessuna sorpresa, perché l’emendamento non sarà votato dal Pd, che presenterà solo un ordine del giorno per non scontentare Bonaccini, De Luca ed Emiliano, ma soprattutto sarà bocciato perché né Fratelli d’Italia né Forza Italia lo voteranno. Sarà una forzatura che farà la Lega nei confronti dei suoi alleati, ma Meloni a quanto pare non si scompone più di tanto. Ha evitato di usare toni trionfalistici per la vittoria del suo candidato Marsilio in Abruzzo, ancora oggi non scioglie la riserva sulla propria candidatura alle europee e nemmeno segue Salvini sul fronte della commissione di inchiesta sui dossier al centro dell’inchiesta della Procura di Perugia. Una commissione di inchiesta voluta dalla Lega, ma Meloni frena e dice che basta la commissione antimafia, anche perché non si sa che cosa ancora uscirà da quell’inchiesta nei prossimi mesi.

Operai della Ex GKN protestano su una torretta di illuminazione

Alcuni operai della Ex Gkn di Campi Bisenzio sono saliti su una torretta di illuminazione della stazione fiorentina di Santa Maria Novella. Oggi al ministero era previsto un incontro chiave sul piano di reindustrializzazione, fatto saltare all’ultimo minuto con un pretesto. Da lì la clamorosa protesta.
E si che mancherebbe davvero poco: il piano per produrre le cargobike nell’ex fabbrica di semiassi è di fatto già reale, ma il grosso per riassorbire gli operai rimasti, che hanno resistito al logoramento della nuova proprietà di anni di incertezza e senza stipendio, il piano per produrre pannelli solari è a un passo grazie alla legge Marcora sulle fabbriche recuperate. Poteva essere il giorno buono, invece il Mimit ha deciso di rimandarlo a data non meglio precisata per un pretesto, il liquidatore che sostiene di non essere in copia alla convocazione. Il governo, assente in tutta la procedura di licenziamento, assente sulle prospettive industriali, ci ha messo un attimo a far saltare tutto. Gli operai sono saliti sulla torretta per chiedere il commissariamento dell’acquirente Qf “perché siamo di fronte a dolo o incapacità umana e imprenditoriale”, dicono, e il pagamento degli stipendi. “È chiaro ormai che tutto è studiato in ogni dettaglio – conclude la RSU ex Gkn – per annientare economicamente, fisicamente, psicologicamente la comunità che da 33 mesi resiste in assemblea permanente e che fin qui ha presentato l’unico piano di fabbrica pubblica e socialmente integrata”. Resta la domanda: a chi giova impedire la creazione di una fabbrica funzionante, produttiva, che dia lavoro e sia l’orgoglio di un territorio, per lasciare invece uno scheletro soggetto alla speculazione immobiliare? E perché il governo lo sta consentendo, in un modo sempre più smaccato?

Approvata oggi dal parlamento europeo la direttiva europea per la riduzione dei consumi energetici del patrimonio edilizio

Si chiama Energy Performance of Building Directive, è stata approvata oggi dal parlamento europeo ad ampia maggioranza, ed è la direttiva europea per la riduzione dei consumi energetici del patrimonio edilizio. Prevede che gli edifici nuovi siano ad emissioni zero a partire dal 2030. Per quelli di proprietà pubblica la scadenza è fissata al 2028. Per tutti gli altri, ogni Stato membro dovrà adottare un piano nazionale per la progressiva riduzione del consumo di energia fino a zero emissioni entro il 2050.
L’obbligo di installare pannelli solari riguarderà i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. I Paesi avranno tempo fino al 2040 per dire addio alle caldaie a combustibili fossili mentre sono previsti incentivi per i sistemi alimentati da energie rinnovabili. Potranno essere esentati, tra gli altri, gli edifici storici e agricoli, le chiese e i luoghi di culto, gli immobili ad uso militare.
Ora i paesi membri avranno due anni di tempo per adeguarsi presentando a Bruxelles le loro tabelle di marcia.
Nonostante quello approvato sia un testo di compromesso, gli ambientalisti parlano di un buon risultato. Il fronte dei contrari è però agguerrito, e insiste soprattutto sui soldi. Chi pagherà la transizione energetica della nostre cose? Bruxelles si limita a fissare gli obiettivi e lascia agli stati membri la libertà di decidere come raggiungerli. In Italia però la maggioranza di governo si è sempre opposta a questa direttiva, e la sta già usando in chiave elettorale per dare contro all’Europa.

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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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