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La strategia post-europee di Giorgia Meloni, la destra francese in subbuglio e le altre notizie della giornata

Meloni Macron Malta ANSA

Il racconto della giornata di martedì 11 giugno 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. L’affermazione delle destre alle elezioni europee pesa sugli equilibri per la formazione della prossima commissione. Intanto, in Francia, l’apertura del presidente dei repubblicani francesi a Marine Le Pen ha gettato nel caos la destra. Giorgia Meloni pensa a nuove strategie per contare in Europa. La maggioranza va avanti con le due riforme che cambieranno la Costituzione. La possibile abolizione del limite dei due mandati potrebbe portare a una rielezione di Conte alla guida dei 5Stelle. Sia da parte israeliana che da parte di Hamas sono arrivate dichiarazioni non ufficiali che sembrano aprire alla possibilità di accettare la proposta di cessate il fuoco statunitense. È iniziata a Berlino la conferenza per la ripresa dell’Ucraina.

Francia, destra in subbuglio dopo l’apertura del presidente dei repubblicani a Marine Le Pen

L’affermazione delle destre alle elezioni dello scorso weekend si riflette nelle trattative di queste ore in vista della designazione della prossima commissione e della nomina del nuovo o della nuova presidente. Per il momento il perimetro dell’alleanza che negli anni scorsi ha governato l’europa non cambia, ma le formazioni di destra ed estrema destra, a cominciare da Fratelli d’Italia, vogliono contare di più.

In Francia intanto si registrano nuove scosse del terremoto politico che, vista l’affermazione del rassemblement national di Marine le pen, ha portato all’inidizione di nuove elezioni, il m30 giugno prossimo. Se le formazioni di sinistra sembrano avviate ad andare alle urne tutte insieme, in un raggruppamento che si chiamerà Front Populaire, a destra oggi è scoppiato il finimondo per l’apertura del presidente dei republicaines, partito gollista che fu di sarkozy, a un’alleanza con le Pen. Il servizio da Parigi.

 

La nuova strategia europea di Giorgia Meloni

(di Alessandro Pricipe)
Giorgia Meloni vuole contare a Bruxelles. E vuole farlo subito, ora che il voto l’ha rafforzata anche in Europa. Di restare all’opposizione per una vaga e futuribile “unità delle destre” non ci pensa nemmeno. Ursula von Der Leyen cercherà il suo appoggio. Quel “lascio la porta aperta” detto all’indomani del voto era rivolto soprattutto a lei. La strategia di Meloni prevede due step. Il primo: nel Consiglio europeo che deve decidere a maggioranza il nome per la presidenza della Commissione. Meloni offrirà il suo sì a Ursula in cambio di un commissario di peso nel nuovo esecutivo. Dal nuovo patto di stabilità al Pnrr, ci sono questioni per cui conviene essere nei posti chiave. Il secondo step è nell’Europarlamento. Il voto di fiducia al leader designato è segreto. La maggioranza Ursula ha 40 seggi di margine. Ma il rischio franchi tiratori è alto. Meloni può garantire i suoi 25 voti. Più quelli di altri membri del gruppo Ecr. Il No dei Socialisti a un’alleanza politica con la destra verrebbe aggirato. Formalmente Ecr resterebbe fuori dalla maggioranza Ursula. Ma Meloni comincerebbe a contare. Intanto per il sostegno iniziale a Von der Leyen. Poi si vedrà.

La maggioranza accelera su premierato e autonomia

(di Anna Bredice)
Come se niente fosse, la maggioranza va avanti con le due riforme che cambieranno la Costituzione, al Senato è ripreso premierato e alla Camera dei deputati l’Autonomia differenziata. Nel pomeriggio è ricominciata la discussione in entrambe le Camere, seguendo sempre quello schema che appare uno scambio tra le due riforme, un iter parallelo che forse nasconde una reciproca sfiducia tra i due partiti di governo, quasi per controllarsi a vicenda. Ma nel frattempo però ci sono state le elezioni, con la tenuta di Fratelli d’Italia e la grande perdita di voti della Lega, con Salvini che non avrebbe più quella forza numerica per imporre le regole del gioco. Dall’altra parte c’è un Partito democratico che è uscito vincente al Sud e il successo viene spiegato anche come un messaggio preciso degli elettori all’opposizione: non vogliamo l’Autonomia, una Italia di serie A e di serie B, dove la B è tutta al Sud, con minori risorse per salute e scuola. Nella prima assemblea dei parlamentari del Partito democratico dopo il voto Elly Schlein ha indicato la battaglia contro le due riforme come primo obiettivo in Parlamento, per fermare, nella speranza inoltre che anche gli altri partiti possano seguirla, Avs a quanto pare sì. Il Partito democratico ha chiesto quindi di sospendere l’esame dell’Autonomia differenziata, almeno invertendo le leggi in discussione, ma non c’è stato nulla da fare, rimane ora da praticare solo l’ostruzionismo, difficile operazione con tempi già contingentati, al punto che le associazioni contrarie al disegno di legge hanno già indetto una manifestazione per giovedì 13, quando si prevede ci sarà l’approvazione definitiva. Al Senato contemporaneamente è mancato il numero legale sul Premierato, dove sono stati presentati più di mille emendamenti sull’articolo che riguarda l’elezione diretta del Capo del governo. La mancanza del numero legale potrebbe essere anche un segnale della Lega, non del tutto convinta della riforma costituzionale che ora Giorgia Meloni vuole approvare, come ulteriore prova di forza, dopo il voto di domenica.

Conte si blinda alla guida del Movimento 5 Stelle

(di Luigi Ambrosio)
Un po’ per mancanza di alternative. Un po’ con la promessa che viene formulata in queste ore ai parlamentari e gli altri eletti: abolire il famoso limite dei due mandati che è stato un architrave dell’ideologia grillina. Toglierlo di mezzo vorrebbe dire prospettare la rielezione a molti futuri uscenti, in cambio ovviamente della fiducia sul suo nome. Che Conte rimanga alla guida dei 5Stelle tutto sommato fa comodo anche al Pd. Meglio Conte nonostante la sconfitta, anzi, meglio un Conte indebolito, e con la concorrenza inaspettata di Avs come junior partner dell’alleanza. Anche perché continua a vivere un’ala radicale nel Movimento che non ha mai rinunciato al sogno di mollare l’alleanza, e il sogno nel sogno è un nome come Di Battista. Però vorrebbe dire due cose: la fine di ogni rapporto politico col centrosinistra e il ritorno a una postura da duri e puri decisamente piu forte fuori dal Palazzo che dentro. Nel Palazzo casomai c’è un’altra ala del Movimento 5 Stelle che sta pensando ad altri nomi ancora, di segno opposto. Oggi alla Camera attorno a Chiara Appendino c’era attenzione. Una donna giovane, come Meloni e soprattutto come Schlein. Sarebbe la scelta governista, la più vicina al Pd in questo momento. Ma il corpo centrale del movimento, in particolare tra i parlamentari, è propenso a tenersi Conte. Una stabilità da preferirsi alle incognite di ogni altra opzione. Se poi arrivasse davvero la fine del limite del secondo mandato, per i parlamentari, sarebbe la quadratura del cerchio.

Le ultime 24 ore nella striscia di Gaza

Nella striscia di Gaza nelle ultime 24 ore sono almeno 40 i palestinesi uccisi dai bombardamenti israeliani. L’esercito sta portando avanti operazioni a Rafah, nel sud, e a Gaza City. Anche in Cisgiordania nelle scorse ore ci sono stati raid dell’esercito israeliano, soprattutto a Jenin, dove ci sarebbero almeno 3 morti palestinesi.

Intanto il segretario di stato americano Anthony Blinken sta proseguendo il suo viaggio in Medio Oriente nel tentativo di fare pressione su Hamas e Israele perché accettino la proposta di Joe Biden per un cessate il fuoco, sostenuta ieri dal voto favorevole del consiglio di sicurezza dell’Onu. Sia da parte israeliana che da parte di Hamas sono arrivate oggi dichiarazioni non ufficiali che sembrano aprire alla possibilità di accettare l’accordo.
Un alto funzionario di Hamas ha detto che il gruppo è pronto a discutere i dettagli mentre un alto funzionario israeliano, coperto dall’anonimato, ha detto che la proposta permetterà a Israele di raggiungere i suoi obiettivi. Nessuna risposta ufficiale, però, è arrivata né da una parte né dall’altra.

La conferenza per la ripresa dell’Ucraina a Berlino

È iniziata a Berlino la conferenza per la ripresa dell’Ucraina. Partecipano un’ottantina di paesi e 500 aziende private. Proprio ieri, il funzionario ucraino per la ricostruzione si è dimesso, accusando il governo di Kiev di ostacolare il suo lavoro. L’evento di Berlino fa da preludio al vertice sulla pace in Ucraina che si terrà in Svizzera sabato e domenica; la Russia non partecipa.

“L’Europa deve essere un continente senza guerre”;
“la Russia deve pagare per i danni all’Ucraina”;
“Noi chiuderemo questa guerra nell’interesse di tutti, la chiuderemo alle nostre condizioni”:

lo ha detto da Berlino il presidente ucraino Zelensky, che si trova nella capitale tedesca per la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina di due giorni che è iniziata oggi.

Partecipano 77 paesi e 500 imprese private; l’obiettivo è mobilitare il sostegno internazionale per la ripresa del paese e favorire gli investimenti.

A gettare ombre sull’evento sono arrivate ieri le dimissioni di Mustafa Nayyem, l’alto funzionario ucraino che sovrintende alla ricostruzione e al quale era stato impedito di partecipare alla conferenza in corso. Nayyem ha accusato il governo di Kiev di ostacolare il suo lavoro.

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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

    Pubblica - 03-12-2025

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    Finanza e Industria, ecco chi ci porta alla guerra

    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    A come Asia di mercoledì 03/12/2025

    A cura di Diana Santini

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 03-12-2025

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    MILANESI BRAVA GENTE SPECIAL - MATTEO LIUZZI E TOMMASO BERTELLI - presentato da Francesco Tragni

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    Sguardi, opinioni, vite, dialoghi al microfono. Condotta da Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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    L’inquietudine della provincia nel film “Ferine”, in concorso al Noir in Festival

    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Paolo Bergamaschi, già Consigliere Politico Commissione Esteri Parlamento Europeo, analizza lo scontro Europa-Russia, tra minacce e timidi segnali di dialogo. Francesco Vignarca, ricercatore e analista della Rete Pace e Disarmo, racconta l'impatto del piano di riarmo sulla politica dell'Unione, trainato dall'industria e soprattutto dalla finanza. Le mobilitazioni dei lavoratori dell'Ilva non si fermeranno finché i patti non saranno rispettati, perché nessuno comprerà gli stabilimenti se non ci saranno prima degli interventi, come ci spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil. Giulia Riva giornalista e nostra collaboratrice racconta la giornata internazionale delle persone con disabilità a partire dai dati sul lavoro dove le donne con disabilità sono ancora più penalizzate degli uomini (mentre in Lombardia le aziende preferiscono pagare 82 milioni di multe che assumere persone dalle categorie protette) e poi da atleta paralimpica lancia una sfida alla città di Milano che il lascito delle Olimpiadi invernali in partenza a febbraio sia almeno concretamente utile.

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