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Il messaggio di Meloni agli alleati, l’attivismo sfrenato di Salvini sui migranti, il crollo del prezzo del gas e le altre notizie della giornata

Salvini Porta A Porta ANSA

Il racconto della giornata di lunedì 24 ottobre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Giorgia Meloni si prepara al discorso alle Camere e manda un messaggio agli alleati: come vi ho tenuti a bada fino a oggi, continuerò a farlo anche in futuro. E l’attivismo sfrenato di Salvini, tra riunioni con le autorità portuali, l’incontro con Giorgetti su tasse e pensioni e una infilata di dichiarazioni programmatiche, non è proprio un buon segno per la nuova premier. Il crollo di domanda sta facendo scendere molto rapidamente il prezzo del gas sul mercato di Amsterdam, oggi arrivato sotto i 100 euro come non succedeva da giugno. I russi continuano a ripetere che l’Ucraina si sta preparando a usare una bomba sporca, ma la replica di Stati Uniti, Regno Unito e Francia è chiara: non cercate un pretesto per far fare alla guerra un’ulteriore salto di qualità.

Il messaggio di Giorgia Meloni agli alleati

(di Luigi Ambrosio)

Un discorso che sia un programma di legislatura. Meloni sta preparando questo per la sua prima volta da Presidente del Consiglio che si presenta alle Camere per il voto di fiducia. Lo fa sapere lei stessa oggi pomeriggio. Nel sottolinearlo c’è anche un messaggio agli alleati Berlusconi e Salvini che dal 25 settembre non hanno smesso di cercare di metterla in difficoltà e nemmeno oggi si sono astenuti dal farlo: come vi ho tenuti a bada fino a oggi, continuerò a farlo anche in futuro. Il conflitto nella maggioranza lo cercherà di superare proponendo una visione di lungo periodo, quasi una egemonia.
Vinte le elezioni, risultato storico per la destra che arriva dal Movimento Sociale, ora l’obiettivo è consolidare la vittoria. Il problema è se gli altri della coalizione glielo lasceranno fare.
Meloni dovrà barcamenarsi tra l’agenda Draghi e gli elementi identitari della destra. Solo ieri ha prima visto il Presidente del Consiglio uscente per un’ora e mezza, prendendo le consegne, e poi ha incontrato il presidente francese Macron. Il governo che ha costituito è filo-atlantico e non si discosterà dagli elementi fondamentali di economia politica concordati con l’Europa quando sono stati assegnati i fondi del PNRR. Allora, per dire qualcosa di destra non restano che i diritti civili delle persone. Ma non dobbiamo aspettarci che Meloni si infiammi su questo. Dobbiamo aspettarci appelli all’unità. Alla sua maniera. L’unità della Nazione, come dice lei. L’unità del Popolo, al singolare. Il coinvolgere le opposizioni per le riforme, a cominciare da quella per il presidenzialismo. E poi, il fare in fretta, suo pallino dal 25 settembre. Fare in fretta perché se le opposizioni non sono un pericolo, i suoi alleati sì.

L’attivismo sfrenato di Salvini non è un buon segno per Meloni

(di Anna Bredice)

Riunioni con le autorità portuali, incontro con Giorgetti su tasse e pensioni e infine una infilata di dichiarazioni programmatiche, tra cui il ponte sullo Stretto, nella cosiddetta “quarta Camera”, da Vespa a Porta a Porta. Se il buongiorno si vede dal mattino, per Meloni l’attivismo sfrenato di Salvini non è proprio un buon segno. Prima ancora che lei affronti il Parlamento, lui ha già fatto capire di non accettare nessun ordine e agenda dalla Presidente del Consiglio. E questo è proprio quello che Giorgia Meloni ha fatto di tutto per evitare, ma a quanto pare finora inutilmente. Ha creato un Ministero del Mare, affidato a uno dei suoi, Nello Musumeci, nella speranza di potergli affidare la delega sui porti, ma non ha ancora fatto in tempo a decidere le deleghe che Salvini questa mattina ha incontrato già il comandante della guardia costiera parlando proprio di navi e migranti. La delega, in sostanza, se l’è presa da solo e ha voluto anche mostrarlo in maniera evidente.
Del resto per Salvini agitare il governo sulla questione dello stop agli sbarchi delle navi con migranti a bordo è l’unica possibilità per riprendere consenso e visibilità nel governo di destra, riproponendo i decreti Sicurezza, che invece Meloni non vuole perché ha sempre parlato di blocco navale. Una competizione a destra sulla pelle dei migranti. E sempre oggi Salvini ha svolto un’altra riunione con Giorgetti e gli altri ministri economici per discutere di flat tax e quota 41, due cavalli di battaglia leghisti, ma che non sono gli stessi di Giorgia Meloni, che sulla Flat tax chiede una cosa diversa.
A Porta a Porta Salvini non ha negato le “fibrillazioni”, parola che dice tutto ed è stata usata per mesi quando faceva ballare il governo Draghi. La ripete oggi che Meloni non ha ancora ottenuto la fiducia. Di fronte all’agitarsi di Salvini, sbiadisce il tentativo di Forza Italia di battere un colpo. Magari dopodomani al Senato le parti si invertono e sarà Berlusconi a dire la sua, ma le parole di Mulè di Forza Italia, che chiede ai ministri del partito scelti da Meloni di dimettersi dai ruoli di vertici dentro Forza Italia e le rimprovera un atteggiamento troppo decisionista, risultano poca cosa rispetto al messaggio di Salvini: l’agenda non me la faccio imporre da Giorgia Meloni.

Questa destra non è folklore

Dopo il varo dell’esecutivo Meloni, nell’opposizione si fa sempre più strada la tentazione di criticare la destra al governo, enfatizzandone gli aspetti più pittoreschi. I nomi nuovi dei ministeri, ad esempio, sono stati in questi giorni oggetto di battute. Una strategia che rischia di risultare inefficace, se non controproducente, di fronte a una destra per nulla sprovveduta.


(di Mattia Guastafierro)




La destra al governo non è folklore. O almeno, sotto la patina del grottesco, che riveste qua e là usi e costumi del nuovo esecutivo, c’è di più. C’è una base culturale solida, misto di nazionalismo sovranista e religioso, e un bacino sociale di riferimento trasversale, che va dal mondo delle imprese ai quartieri operai e popolari.
 Anche l’accusa di incompetenza rischia di apparire vuota. Su 24 ministri del nuovo esecutivo, 6 lo erano già nei governi precedenti. Sette, se si aggiunge Meloni. E, a parte alcuni esordienti, tutti hanno una lunga esperienza politica, parlamentare o amministrativa. Un’infrastruttura consolidata, costruita negli anni, la cui ideologia si muove nel solco di una salda tradizione: ultra-liberista in economia e integralista sui diritti. 
Se il governo Meloni cadrà prima della fine del suo mandato o non verrà confermato dagli elettori non sarà per dilettantismo. A pesare potrebbero essere, piuttosto, i personalismi interni, lo sguardo dei mercati, le promesse non mantenute. I prossimi mesi saranno un test, a cominciare dalle sfide più urgenti che attendono il paese. In qualunque modo andrà, l’errore sarebbe incalzare questa destra, indifferente al politicamente corretto, solo sulla forma, una tentazione a cui già in troppi a sinistra stanno cedendo.

Crolla il prezzo del gas: ora nessuno lo vuole né sa dove stoccarlo

Il crollo di domanda sta facendo scendere molto rapidamente il prezzo del gas sul mercato di Amsterdam. Oggi è arrivato sotto i 100 euro, non succedeva da giugno. Questo potrebbe accelerare anche gli effetti sulle bollette, ma anche far crescere i prezzi velocemente quando, con l’inverno e il calo delle temperature, tornerà a risalire la domanda.
Nel mercato del gas impazzito, infatti, siamo arrivati al punto che i fornitori non sanno più dove fisicamente mettere il gas naturale liquido, fino ad esser disposti a pagare pur di venderlo.
Sembra paradossale ma non lo è: la domanda repentinamente salita in estate, quando gli stati si sono affrettati a riempire i depositi facendo decollare il prezzo, ora è letteralmente ferma per le cause note: stoccaggi ormai pieni, crollo dei consumi industriali, con cali in Germania ed Italia tra 30% e 40%, temperature di molto sopra media, e che tali resteranno ancora a lungo.
Di ciò, come sottolinea Nomisma, le bollette potrebbero beneficiare prima del previsto. Ma nella situazione, nell’immediato potenzialmente buona, c’è un però.
Le scene al limite dell’apocalittico, decine di navi metaniere ferme al largo dell’Europa, ormai son quotidiane. Fino al paradosso estremo, appunto, dei contratti ad un’ora, cioè consegna immediata, arrivati in negativo, perché i costi dello stoccaggio sono invece ai massimi storici: praticamente costa appunto meno regalare il GNL che conservarlo, solo che nessuno lo vuole perché ora non serve e appunto non si sa dove metterlo. Questo inevitabilmente si ripercuoterà sulla salita dei prezzi quando, col calare delle temperature, si rialzerà la domanda ed i grossisti non aspettano altro per riprendere a vendere una materia prima a quel punto gravata da alti costi di stoccaggio. Quando accadrà e quanto durerà la situazione attuale? Difficile dirlo. 2 o 4 settimane, secondo gli analisti. Dipenderà da quanto e quando le temperature inizieranno a scendere, visto che la ripresa dell’industria non è all’ordine del giorno: gli indici delle piccole medie imprese diffusi oggi confermano la recensione prossima.
Gli utenti finali, cittadini e industrie, restano esposti alle oscillazioni di quel mercato instabile cui è stata delegata la gestione di una materia prima così preziosa, con la stessa Ue che, dopo l’ennesimo rinvio sul varo del piano gas, non sembra aver fretta di provare a controllare.

La propaganda russa sembra anticipare una nuova mossa estrema da parte di Putin

(di Emanuele Valenti)

I russi lo hanno ripetuto più volte, con insistenza, nelle ultime ore: l’Ucraina si sta preparando a usare una bomba sporca. Non solo, nella maggior parte dei casi lo hanno fatto parlando con i vertici militari di alcuni paesi occidentali: Stati Uniti, Regno Unito e Francia.
L’obiettivo sembra essere: fare in modo che la questione diventi di dominio pubblico non solo in casa ma anche a livello internazionale.
La risposta di Stati Uniti ed Europa è stata netta: non cercate un pretesto per far fare alla guerra un’ulteriore salto di qualità, in sostanza un’ulteriore escalation.
Tra le ultime dichiarazioni che arrivano da Mosca quella del capo delle unità che all’interno dell’esercito si occupano di attacchi nucleari, chimici o biologici: siamo pronti ad agire in un contesto di contaminazione radioattiva.
Difficile, se non impossibile, pensare che gli ucraini possano usare armi del genere, a maggior ragione sul loro territorio.
Le dichiarazioni arrivate da Mosca negli ultimi giorni e ancora nelle ultime ore ci dicono soprattutto una cosa: l’esito di questa guerra sta diventando sempre più imprevedibile, proprio quando le debolezze e le difficoltà russe si stanno manifestando in maniera molto chiara. In questo momento la domanda non è chi vincerà questa guerra, ma cosa potrebbe succedere dopo una nuova ultima mossa estrema da parte di Putin.

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    Un anno di Trump (dopo i primi quattro dal 2016). Il 6 novembre 2024 il tycoon veniva rieletto alla Casa Bianca con una maggioranza risicata, poco più di 2 milioni di voti su 156 milioni di schede votate. In un anno Trump ha trasformato il declino di una superpotenza - gli Stati Uniti degli ultimi anni - in una forza aggressiva contro paesi e principi che erano stati amici dal dopoguerra ad oggi. Trump e il tramonto della relazione privilegiata americana con l’Europa; Trump e il tramonto delle garanzie democratiche dello stato di diritto. Nel primo anniversario del ritorno di Trump alla Casa Bianca è arrivata l’elezione del sindaco di New York Zohran Mamdani. Ecco un passaggio del suo discorso della vittoria: «la saggezza convenzionale direbbe che sono ben lontano dall’essere il candidato perfetto. Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E, cosa ancora più grave, mi rifiuto di chiedere scusa per tutto questo». Pubblica ha ospitato Ida Dominijanni, giornalista e saggista, fa parte del direttivo del Centro per la Riforma dello Stato. Ha insegnato filosofia politica e teoria femminista all’università di Roma Tre ed è stata ricercatrice alla Cornell University (NY).

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    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei

    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei “A Gaza mancano cibo e rifugi, bisogna aprire il valico di Rafah”: è l’ennesimo appello che l’Onu rivolge a Israele. A quasi un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nella Striscia entra ancora solo una minima parte degli aiuti previsti; le agenzie umanitarie denunciano che Israele impedisce l’ingresso anche a tende, coperte e rifugi. I palestinesi della Striscia, in gran parte sfollati, non sono in condizione di affrontare la stagione fredda che si avvicina. L’esercito però, in violazione del cessate il fuoco, continua l’opera di demolizione degli edifici: dall’alba sono in corso raid aerei sui quartieri orientali di Gaza City. A livello diplomatico intanto gli Stati Uniti, intanto, portano avanti il loro piano per Gaza presso il consiglio di sicurezza dell’Onu: nelle scorse ore la risoluzione che autorizza la Forza internazionale di stabilizzazione è stata presentata anche ai paesi arabi coinvolti nel processo di mediazione tra Hamas e Israele. Da Deir al Balah, la testimonianza di Nicolò Parrino, responsabile logistica di Emergency a Gaza, intervistato da Chawki Senouci.

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