Approfondimenti

Due nuove tragedie nel Mediterraneo, lo scioglimento del gabinetto di guerra israeliano e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di lunedì 17 giugno 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Nel Mediterraneo due naufragi nel giro di poche ore riportano l’attenzione su una strage che non ha mai fine; mentre a Gaza non si vede traccia della paventata “pausa tattica”, Netanyahu scioglie il gabinetto di guerra e aumenta così il potere del governo di ultradestra; la maggioranza popolari-socialisti-liberali prova a costruire la nuova Commissione Europea; le logiche securitarie e punitive del governo italiano generano affollamenti nelle carceri che nei casi più esasperati si traducono in suicidi.

Nel Mediterraneo si continua a morire

Almeno 50 migranti sono dispersi al largo della Calabria, altri 10 sono morti soffocati nella stiva di una nave partita dalla Libia. Due naufragi nel Mediterraneo a poche ore di distanza l’uno dall’altro. 

Ad un centinaio di miglia dalle coste calabresi, una barca a vela si è rovesciata e decine di passeggeri sono dispersi. Si parlava inizialmente di una cinquantina, ma secondo i sopravvissuti sono almeno 66. Tra loro almeno 26 bambini, alcuni di pochi mesi. Secondo medici senza frontiere, che ha accolto al porto di Roccella Ionica i sopravvissuti, intere famiglie afghane sono morte. 

Erano partiti dalla Turchia 8 giorni fa, e da 3 – 4 giorni imbarcavano acqua.

Un’altra imbarcazione, invece, è stata soccorsa a sud di Lampedusa dalla nave Nadir della ONG ResQship. Nel ponte inferiore, completamente allagato, sono stati trovati dieci migranti morti.  54 i sopravvissuti. 

Secondo UNHCR, dall’inizio dell’anno sono almeno 800 i morti nel mediterraneo centrale.

Filippo Ungaro ne è il portavoce:

Nessuna “pausa tattica”: Israele non ferma gi attacchi su Gaza

L’esercito israeliano ha fatto sapere oggi di controllare circa il 60% della città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. In queste ore, secondo il capo dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini, i bombardamenti e i combattimenti nel sud sono continuati, nonostante l’annuncio di una “pausa tattica” per permettere l’ingresso di più aiuti umanitari. Il portavoce dell’esercito israeliano oggi ha specificato che la pausa – che dovrebbe essere in vigore tutti i giorni dalle 8 alle 19 – non significa la fine dei combattimenti, ma solo la creazione di un corridoio “sicuro”. Non si hanno però notizie per il momento sul numero di convogli umanitari che hanno raggiunto la popolazione della striscia. 

In Israele intanto sono in corso manifestazioni anti governative. Migliaia di persone si sono radunate davanti alla Knesset, a Gerusalemme, per chiedere elezioni anticipate e un accordo per gli ostaggi con Hamas. Manifestazioni ci saranno per tutta la settimana, con l’obiettivo di arrivare alle elezioni prima dell’anniversario del 7 ottobre. 

Oggi Netanyahu ha annunciato lo scioglimento del gabinetto di guerra, dopo le dimissioni di 2 dei 5 ministri. L’annuncio era atteso, ma così facendo, il premier israeliano accentra ulteriormente il potere sul suo governo di destra ed estrema destra.

Sentiamo Meron Rapoport, giornalista israeliano:

 

Grandi manovre a Bruxelles per un “Ursula bis”

(di Michele Migone)

In genere, chi entra in conclave da papa, esce poi cardinale. Ursula Von Der Layen dovrebbe essere l’eccezione che conferma la regola. Dal vertice informale di Bruxelles dovrebbe arrivare il segnale verde per il suo secondo mandato. Ma non solo. Si profila un accordo anche sugli altri tasselli del mosaico: il portoghese Antonio Costa al Consiglio Europeo. E’la poltrona chiesta dai socialisti. Roberta Metzola – del partito popolare – confermata alla presidenza dell’Europarlamento. Infine l’estone Kaja Kallas, liberale, a capo della politica estera dell’Ue. È un chiaro messaggio alla Russia. Contro di lei, Mosca ha spiccato un mandato di cattura per profanazione della memoria storica – l’abbattimento dei monumenti sovietici in Estonia – che a livello internazionale ovviamente nessuno riconosce. Troppo veloce per essere vero? In realtà, l’accordo non è chiuso. Antonio Tajani ha detto che il PPE avrebbe delle perplessità su Costa perché poco filo Kiev. Ma al di là di questi distinguo una cosa appare chiara: con un’ intesa la maggioranza politica – Popolari-Socialisti e Liberali – su cui poggerà la futura commissione si blinda. Chi, come Macron e Scholz non volevano un Ursula Bis, è ora troppo debole per proporre altri nomi. E il presidente francese potrebbe diventarlo ancora di più dopo il 7 luglio. Meglio quindi andare rapidi a un accordo, prima che una possibile vittoria di Marine Le Pen a Parigi porti ad altri sommovimenti a Bruxelles. Rimane l’incognita della votazione di conferma all’Europarlamento. Sarà a scrutinio segreto e c’è paura dei franchi tiratori. Bisognerebbe ampliare la maggioranza. Ma i popolari hanno finora detto no alla proposta socialista di far entrare i verdi e i socialisti hanno messo il veto a un alleanza a destra con parte dei conservatori, cioè con Giorgia Meloni. Ursula Von Der Layen ha proposto ai suoi uno chiara strategia d’azione. La maggioranza formale rimane quella, poi sarà lei a chiederà i voti segreti a destra e a manca. In cambio, posti di prestigio in commissione – come vorrebbe Meloni – o provvedimenti ad hoc sull’ambiente – come chiedono i verdi. Funzionerà?

La logica “più carcere” del governo che genera solo sovraffollamento

(di Massimo Alberti)

Col  governo Meloni nelle carceri è cresciuto sia il sovraffollamento che la conflittualità, che porta ad una crescita degli atti di autolesionismo. I dati del ministero della giustizia diffusi dall’Ansa dicono che l’indice di sovraffollamento ha superato il 130%. Frutto delle scelte legislative del governo, ma anche dei tagli all’amministrazione penitenziaria. Il dato più eclatante è quello dei suicidi: 43 nel 2024 contro i 28 dello stesso periodo dell’anno scorso. Sono il picco di una situazione generale di conflittualità che cresce: dai tentati suicidi, agli scontri col personale di Polizia penitenziaria, alle proteste, a ferimenti e colluttazioni. I detenuti sono oltre 61000 su 47000 posti disponibili. Non è un caso. Il governo Meloni ha portato diverse modifiche legislative che introducono il carcere per alcuni reati  o inasprito le pene per altri, pensiamo ai decreti Rave, Cutro e Caivano, di fatto individuando nella galera soluzione e risposta al malessere sociale, rifiutando, nonostante il tra virgolette garantista Nordio al ministero, ogni politica su pene alternative. L’accelerazione del sovraffollamento fino a sforare il 130% ne è la conseguenza. Ma lo è anche dei tagli: così come ha dimenticato gli ultimi che stanno fuori, la scure si è abbattuta tanto più su chi è dentro, o ci lavora. Già la manovra del 2023 tagliava circa 36milioni al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. C’è una carenza cronica di personale, mancano migliaia di operatori sociali ma anche la polizia penitenziaria è sotto organico: circa 15000 a fronte di un piano assunzioni di 250 l’anno, che portò nel 2023 a una sorta di storica rottura tra destra e sindacati degli agenti, e che va di pari passo con l’aumento di inchieste che riguardano le violenze di polizia tra le celle. L’unica traccia di investimento è il piano di edilizia che prevede 21 interventi di ristrutturazione per un totale di 166 milioni, non solo ben sotto il necessario in strutture vecchie e spesso fatiscenti, ma di cui un quarto destinato a costruire un nuovo penitenziario in Friuli. A ribadire che l’unica logica è più carcere. A ciò si aggiunge il disagio espresso da sindacati, associazioni e garanti territoriali, per il nuovo garante nazionale nominato dalla destra: accusato, in sostanza, di difendere il governo e non i detenuti, come scrive la FP Cgil in un comunicato.

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    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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    L’undicesimo episodio del podcast dell’Alleanza Clima Lavoro, a cura di Massimo Alberti, è dedicato a un tema centrale del dibattito pubblico: la Legge di Bilancio, ovvero lo strumento chiave per orientare la nostra spesa pubblica. Da sempre l’Alleanza Clima Lavoro richiama la necessità di sostenere il percorso di transizione verso un’economia a zero emissioni, integrando politiche climatiche, industriali e del lavoro, e rafforzando al contempo il welfare e la qualità della vita delle persone. La manovra economico-finanziaria del Governo per il 2026 procede, purtroppo, in direzione opposta: è una “manovra pericolosa” che, oltre a non offrire una prospettiva di decarbonizzazione, prevede un aumento delle spese militari cui si accompagnano tagli o mancati investimenti in sanità, istruzione, ambiente e politiche industriali. Nel corso della puntata emergono tutte le criticità di una Legge di Bilancio che rinuncia a svolgere un ruolo di indirizzo strategico per il futuro del Paese. Il confronto tra l’analisi della manovra e le proposte alternative per migliorarla rilancia una domanda di fondo: quale modello di sviluppo intendiamo davvero perseguire?

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