Approfondimenti

Le pressioni sul governo israeliano, la destra all’attacco del diritto all’aborto e le altre notizie della giornata

Meloni ANSA

Il racconto della giornata di lunedì 15 aprile 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Israele sostiene di dover rispondere all’attacco dell’Iran e le preoccupazione della comunità internazionale è altissima mentre i bombardamenti su Gaza proseguono senza sosta. La destra italiana all’attacco del diritto all’aborto con un emendamento al decreto sul Pnrr che permetterà alle associazioni pro life di entrare nei consultori. Ad un anno dall’inizio del conflitto in Sudan, nel paese africano si sta consumando “la più grande crisi alimentare di sempre”. È iniziato oggi a New York il processo a Donald Trump, accusato di aver pagato, ai tempi delle presidenziali 2016, 130mila dollari a una porno star, Stormy Daniels, per comprare il suo silenzio sulla loro relazione. Dopo Fabio Fazio e Corrado Augias, Amadeus si aggiunge alla lista di volti storici persi dalla tv pubblica, guidata dalla destra.

Gli appelli affinché si eviti un’escalation del conflitto in Medio Oriente

Israele non ha scelta: deve rispondere all’attacco dell’Iran. La posizione che Tel Aviv ha espresso agli Stati Uniti è netta: il massiccio bombardamento che il regime iraniano ha scatenato contro Israele è un atto senza precedenti, e ora il governo di Benjamin Netanyahu deve agire di conseguenza; a dirlo è stato il ministro israeliano della Difesa Gallant al capo del Pentagono Austin. Gli Stati Uniti però spingono per scongiurare un’escalation regionale del conflitto, e stavolta Israele sembra propensa a seguire le indicazioni dell’alleato americano: il gabinetto di guerra che si è riunito oggi a Tel Aviv avrebbe discusso diverse opzioni per rispondere a Teheran, ma resta intenzionato a scegliere un’opzione che eviti “una guerra regionale”.
A fare pressione sul governo israeliano non sono però è solo Washington, sono anche altri paesi, dalla Turchia agli Emirati Arabi.

Sulla risposta israeliana all’attacco dell’Iran si concentra la preoccupazione dell’intera comunità internazionale: di questo hanno discusso questa mattina i membri del G7 e per domani pomeriggio è stata convocata una riunione dei ministri degli esteri dell’Unione europea per discutere della posizione di Bruxelles. 
A Roma nel pomeriggio si è riunito il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
La situazione è in continua evoluzione anche a Tel Aviv, dove l’opposizione torna a chiedere le dimissioni di Netanyahu, e dove è stata annunciata una nuova riunione del gabinetto di guerra già domani, sarà la terza in 3 giorni.

Le conseguenze dell’attacco iraniano sulla strategia di Israele a Gaza

L’attacco iraniano ha avuto conseguenze anche sulla strategia militare israeliana a Gaza: l’invasione su Rafah è stata posticipata

(di Sara Milanese)

Israele pianificava di muovere i primi passi verso un’offensiva di terra a Rafah questa settimana, ma ha deciso di posticipare i piani dopo l’attacco iraniano e le riflessioni su come rispondere a Teheran. Lo riporta la Cnn citando due fonti israeliane. I piani originari prevedevano che oggi l’aeronautica israeliana iniziasse a lanciare volantini in alcune parti della città per preparare le operazioni di evacuazione, hanno detto le fonti. Ma l’attacco iraniano ha fatto rinviare il piano anche se Israele rimane determinato a portare avanti un’offensiva di terra nella città meridionale della Striscia, dove si stanno rifugiando un milione e mezzo di civili.
Sull’evacuazione dei civili e sulle tempistiche di questa offensiva di terra non ci sono indicazioni chiare. Quel che è certo è che i raid aerei sulla striscia continuano, e anche se Israele afferma di averli diminuiti nella speranza di un accordo per la liberazione degli ostaggi, nelle ultime 24 ore almeno 68 civili sono morti per i bombardamenti, molti dei quali hanno colpito il centro dell’enclave, dove da giorni l’esercito conduce un’operazione militare molto aggressiva. 
Dall’alba di oggi sarebbero in corso combattimenti anche nella parte settentrionale della Striscia, a Jabalia. 
Sono ancora molti gli sfollati che cercano di tornare a nord, dopo il ritiro dei militari israeliani da Khan Yunis. Tel Aviv però anche oggi ha intimato la popolazione a restare a Rafah. Ieri 5 civili sono stati uccisi dai militari proprio mentre cercavano di tornare a Gaza City.

La destra all’attacco del diritto all’aborto

La destra all’attacco del diritto all’aborto. Nel decreto sul PNRR, su cui il governo ha chiesto oggi la fiducia, un emendamento consentirà alle Regioni di avvalersi nelle organizzazione dei consultori, senza nuovi o maggiori oneri, anche di soggetti del terzo settore che abbiano esperienza nel sostegno alla maternità. Questo quanto scritto nel provvedimento, a firma di Fratelli d’Italia. Tradotto: le associazioni pro life potranno entrare nei consultori. Protesta delle opposizioni: “È vergognoso. Questo governo continua nella sua battaglia contro le donne e contro i loro diritti”.

La più grande crisi alimentare di sempre in Sudan

Ad un anno dall’inizio del conflitto in Sudan, nel paese africano si sta consumando “la più grande crisi alimentare di sempre”: lo denuncia il Pam, il programma alimentare mondiale, dalla conferenza umanitaria internazionale che la Francia ha organizzato a Parigi proprio nel giorno dell’anniversario della guerra. Da 12 mesi le truppe dell’esercito sudanese del generale Al Burhan si confrontano con i paramilitari del generale Dagalo; il conflitto ha causato 23mila morti e tra i 9 e i 10 milioni di sfollati interni e rifugiati. Dapprima concentrato a Khartoum, la guerra si è presto estesa a tutto il paese, con violenti combattimenti nella regione occidentale del Darfur.

Al via a Manhattan il processo a Donald Trump

(di Roberto Festa)

Un attacco all’America. Non lesina i termini, come sua abitudine, Donald Trump, per definire il processo iniziato oggi contro di lui in un’aula di Manhattan. L’intenzione di fare del processo un grande show a beneficio della sua campagna elettorale è evidente. L’accusa nei suoi confronti è quella di aver pagato ai tempi delle presidenziali 2016 130 mila dollari a una porno star, Stormy Daniels, per comprare il suo silenzio sulla loro relazione. Quei soldi sarebbero stati pagati alla Daniels dall’allora avvocato di Trump, Michael Cohen, poi restituiti da Trump a Cohen, facendoli passare come spese legali per la campagna elettorale, falsando dunque la loro reale destinazione. Il processo è iniziato oggi con la selezione dei 12 giurati, che potrebbe durare anche 2 settimane, e con due decisioni, una favorevole, l’altra no, a Trump. Il giudice Juan Merchan ha infatt escluso dalle prove le registrazioni di Access Hollywood, con le frasi imbarazzanti di Trump sulla come trattare le donne. Ma, sempre il giudice, si è rifiutato di ricusare se stesso dal processo, come aveva chiesto Trump, che lo accusa di avere un pregiudizio negativo contro di lui. Quanto succederà nei prossimi giorni in quest’aula di New York rischia di essere comumnque un problema per la campagna di Trump. Potrebbe infatti alzare un velo sulla sua vita sentimentale e sessuale, creando più di un imbarazzo nell’elettorato religioso e conservatore dei repubblicani.

Anche Amadeus dice addio alla tv pubblica guidata dalla destra

Amadeus lascia la Rai. “Non è stata una scelta facile, è tempo di nuovi sogni”, ha detto il conduttore tv in un video. La decisione è stata ufficializzata oggi dopo un incontro con il direttore generale di Viale Mazzini, Giampaolo Rossi. Amadeus non rinnoverà il suo contratto in scadenza ad agosto. La Rai dice di aver fatto di tutto per trattenerlo, ma nei giorni scorsi si è parlato di pressioni subite dal conduttore per far lavorare personaggi dello spettacolo vicini al governo. Per l’ex direttore artistico di Sanremo ora sembra probabile il passaggio sul canale Nove del gruppo Warner Bros. Dopo Fabio Fazio e Corrado Augias, Amadeus si aggiunge alla lista di volti storici persi dalla tv pubblica, guidata dalla destra.

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    1) A Gaza le disgrazie non arrivano mai sole. Nella striscia arriva la tempesta Byron: centinaia di migliaia di persone a rischio mentre pioggia e vento distruggono tende e rifugi. (Sami Abu Omar) 2) Siria, l’incognita della convivenza. Il futuro del paese dipenderà anche da come le diverse comunità etniche religiose riusciranno a vivere insieme. Reportage dalla zona Alawita della Siria. (Emanuele Valenti) 3) Stati Uniti, dopo 28 anni la candidata democratica diventa sindaca di Miami. Per Donald Trump, che ripete che il paese non è mai stato così bene, è un altro campanello d’allarme. (Roberto Festa) 4) Regno Unito, il labourista Starmer ha appena iniziato la sua battaglia contro l’immigrazione. Il primo ministro britannico ora vuole modificare la convenzione europea sui diritti umani. (Elena Siniscalco) 5) Operazione Overlord. I militanti di estrema destra inglesi che vogliono fermare le barche dei migranti che partono dalla Francia verso il Regno Unito. (Veronica Gennari) 6) Un mondo sempre più ricco e sempre più diseguale. Secondo il World Inequality report lo 0,001 controllano una ricchezza tre volte superiore a quella di metà dell'umanità. (Alice Franchi)

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    Tommy WA: la nuova promessa del folk africano si racconta a Radio Pop

    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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