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Il sistema sanitario di Gaza in ginocchio, Piantedosi ha chiesto il rinvio dei cortei pro Palestina e le altre notizie della giornata

Cortei pro palestina a milano

Il racconto della giornata di giovedì 25 gennaio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. A Gaza city l’esercito israeliano spara sui civili in coda per ricevere aiuti umanitari. Il sistema sanitario di Gaza è in ginocchio, li ospedali funzionanti nella striscia sono meno della metà. Secondo il Washington Post, Joe Biden avrebbe chiesto al capo della CIA di lavorare per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco di due mesi. Il ministro dell’interno ha chiesto ai questori di rinviare i cortei pro Palestina di sabato prossimo. Il Partito democratico si ricompatta sulla mozione che presenterà sul Medio Oriente. Le principali decisioni prese nell’odierna riunione del Consiglio dei Ministri.

A Gaza City l’esercito israeliano ha sparato sui palestinesi in coda per gli aiuti umanitari

“Il sistema sanitario a Gaza è in ginocchio”. Lo ha detto oggi il capo dell’Oms Tedros Gebreyesus, ribadendo la richiesta per un cessate il fuoco. “La soluzione esiste – ha detto – manca solo la volontà”. I morti nella striscia sono 26mila, 8mila i dispersi, quasi due milioni gli sfollati interni. Gli ospedali funzionanti, anche se solo parzialmente, nella striscia di Gaza sono meno della metà, e i due principali ospedali di Khan Younis, nel sud, sono da giorni sotto assedio. Il ministero della sanità della striscia ha detto che l’ospedale Nasser sta esaurendo le scorte di cibo, medicinali e anestetici.
Oggi poi, 20 persone almeno sono state uccise a Gaza city – e almeno 150 ferite – mentre erano in coda per ricevere aiuti umanitari.

(di Martina Stefanoni)
Non abbiamo ancora moltissimi dettagli su quanto accaduto. I giornalisti presenti sul posto hanno detto che le persone stavano aspettando aiuti lungo una strada principale nell’estremità sud della capitale, quando l’esercito ha iniziato a sparare con i carri armati contro la gente in coda. In quest’area della striscia – che da settimane l’esercito israeliano dice di avere sotto controllo – arrivano pochissimi camion con gli aiuti, e a intervalli di tempo molto lunghi, quindi quando questa mattina uno di questi ha raggiunto Gaza city, la popolazione si è riversata in strada per cercare di ottenere cibo, acqua e medicinali. Un cittadino che vive vicino al luogo dove è avvenuto il raid, quello era un punto dove le persone si recavano regolarmente lì per cercare di procurarsi il cibo quando passavano i pochi camion umanitari nella zona. Ha raccontato poi di aver visto molti feriti essere evacuati dalla zona con ambulanze, furgoni e carri trainati da asini. Molti dei feriti – secondo quanto detto dal ministero della sanità della striscia – sono gravi e sono stati portati all’ospedale Al Shifa che sebbene da qualche settimana abbia ripreso lentamente a fornire servizi medici, è ancora in grande difficoltà e per questo si teme che il numero dei morti aumenti ulteriormente. Israele non ha per il momento fornito dettagli né commenti su quanto avvenuto, ma ha detto che stava indagando.

Domani la corte internazionale di giustizia dell’Aia si pronuncerà sulle misure intermedie nel caso di genocidio presentato dal Sud Africa contro Israele. Se la corte dovesse riconoscere un reale pericolo di genocidio, potrebbe chiedere al governo israeliano un cessate il fuoco. Oggi il governo di Tel Aviv si è riunito per prepararsi alla sentenza di domani.
Intanto, secondo il Washington post il presidente statunitense Joe Biden avrebbe chiesto al direttore della Cia William Burns di lavorare per raggiungere un accordo per la liberazione degli ostaggi. Secondo il quotidiano statunitense, Burns nei prossimi giorni andrà in Europa per incontrare i capi dell’intelligence israeliano e egiziano e il primo ministro del Qatar. Il piano includerebbe il rilascio di tutti i restanti ostaggi e due mesi di cessate il fuoco.
Sia da parte israeliana che da parte di Hamas, però, al momento non arrivano segnali che lascino pensare alla possibilità di un dialogo.

Piantedosi ha chiesto il rinvio dei cortei pro Palestina di sabato prossimo

(di Roberto Maggioni)
La circolare che chiede a questori e prefetti di valutare il rinvio delle manifestazioni pro Palestina previste sabato prossimo è firmata dal capo della polizia Vittorio Pisani.
Dal 7 ottobre ogni sabato si sono svolte manifestazioni palestinesi senza problemi di sicurezza o ordine pubblico, ma sabato – giorno della memoria – secondo il ministero dell’Interno queste manifestazioni potrebbero, aperte le virgolette: assumere connotazioni lesive, sotto l’aspetto formale organizzativo e contenutistico, del valore nazionale che la Repubblica Italiana ha attribuito allo spirito commemorativo in favore delle vittime delle leggi razziali, nonché di condanna alla persecuzione del popolo ebraico.
Erano stata la comunità ebraica di Roma a sollevare ieri la questione, seguita oggi da quella di Milano.
Il ministro dell’Interno Piantedosi oggi ha accolto la richiesta delle comunità ebraiche ma è anche stato costretto a dire che, aperte le virgolette: le manifestazioni possono essere compresse o limitate solo se ci sono motivi serie di ordine pubblico. Ci sono valutazioni in corso.
Motivi seri di ordine pubblico che – raccontano le cronache – in tutti questi sabati non ci sono stati.
E dunque domani la decisione del Governo sarà tutta politica.

Il Pd si ricompatta sulla questione mediorientale

(di Anna Bredice)
Il Partito democratico si ricompatta sulla mozione che presenterà sul Medio Oriente. A differenza di quella sull’Ucraina dove ci furono delle opinioni in dissenso, questa volta anche quei parlamentari, Lia Quartapelle e Lorenzo Guerini, voteranno a favore della mozione. Un’iniziativa che parte dal Pd per costringere, come ha detto oggi Elly Schlein sottolineando che su questo il partito è unito, costringere il governo a intraprendere un’azione diplomatica e politica per la fine del conflitto. Nei vari punti del documento si chiede un cessate il fuoco immediato per la liberazione degli ostaggi da un lato e per la messa in sicurezza della popolazione palestinese e questo si chiede da tempo; poi si rilancia la soluzione politica dei due Popoli e due Stati, ma in una cornice che probabilmente avrà bisogno di più tempo, perché non può prescindere, si legge, da un ruolo rinnovato dell’Autorità nazionale palestinese, l’Anp, che in questo momento vive una grande debolezza. Una versione un po’ più sfumata rispetto a quella che probabilmente alcuni esponenti più di sinistra del partito avrebbero voluto, e cioè il riconoscimento immediato dello Stato palestinese. Un punto questo che probabilmente discorderà con il testo che Bonelli e Fratoianni stanno preparando ma che al momento ancora non hanno presentato, prendono tempo, visto che la discussione generale inizierà lunedì pomeriggio ma le mozioni verranno votate tra due settimane. Una maggiore condivisione invece forse con i Cinque stelle, rendendo forse possibile che la mozione possa avere anche i loro voti, così come la stessa Elly Shcleim, riferendosi al Question time di Giorgia Meloni di ieri alla Camera dei deputati durante il quale la segretaria del Pd è riuscita a tenere testa e a mettere in difficoltà la Presidente del Consiglio, chiede ora a Giorgia Meloni di svelare la vera posizione del governo sul Medio Oriente e attivarsi per il riconoscimento dello Stato palestinese. Nella mozione dei democratici c’è anche un altro punto importante, il sostengo all’Unione europea per l’attuazione in tempi rapidi delle sanzioni decise contro Hamas e insieme approntare un pacchetto di sanzioni contro i coloni colpevoli di crimini nei confronti della popolazione in Cisgiordania.

Le principali misure adottate dal consiglio dei ministri di oggi

Via libera al terzo mandato per i sindaci dei comuni sopra ai 15mila abitanti, accorpamento di amministrative ed europee l’8 e 9 giugno, nuove norme sulla beneficenza sull’onda del caso Ferragni, un decreto legislativo dedicato agli anziani e al sostegno alla non autosufficienza. Sono le principali misure adottate dal consiglio dei ministri che si è svolto oggi. Le principali novità riguardano l’ultimo punto, una riforma prevista dal Pnrr e che si traduce in un nuovo strumento di sostegno economico per gli ultraottantenni poveri, oltre ad alcune norme sull’invecchiamento attivo, l’inclusione sociale, la telemedicina e la flessibilità dei servizi di cura e assistenza. Abbiamo chiesto una prima valutazione a Daniela Barbaresi, responsabile welfare della Cgil.

 

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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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