Approfondimenti

Il fallimento del patto tra Europa e Tunisia, il costo del denaro ai massimi storici e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di giovedì 14 settembre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La situazione a Lampedusa è il segno del fallimento delle politiche migratorie di Italia ed Unione europea. In Libia il numero dei morti dopo l’uragano Daniel continua a crescere. La banca centrale europea decide un nuovo aumento dei tassi e porta il costo del denaro ai massimi storici.

Il fallimento del patto tra Europa e Tunisia

La situazione a Lampedusa è il segno del fallimento delle politiche migratorie di Italia ed Unione europea. L’accordo siglato da Meloni e Von der Leyen con la Tunisia per frenare le partenze finora è stato un flop. E il gruppo dei socialisti europei ne ha chiesto la sospensione, dopo che il presidente tunisino Saied oggi ha negato l’ingresso di una delegazione di europarlamentari per valutarne lo stato.
Due mesi fa, dopo averci lavorato a lungo in prima persona, Meloni annunciava la firma del memorandum con la Tunisia. Al suo fianco, tra foto e proclami, il presidente Saied, la presidente della Commissione europea Von der Leyen e il premier olandese Rutte. Bruxelles garantiva al paese nordafricano, al centro di una profonda crisi economica, 900 milioni, di cui 105 per il controllo delle frontiere, e in cambio Tunisi si impegnava a frenare i migranti. Sessanta giorni dopo gli sbarchi non sono diminuiti. Anzi, secondo i dati Ispi, dalla Tunisia sono arrivate 31mila persone, il 60% in più dei due mesi precedenti.
Le ragioni vanno individuate tanto nella debolezza dell’accordo, quanto nell’instabilità del paese nordafricano. I soldi promessi dalla Ue non sono ancora arrivati, per una serie di ragioni tecniche, ma soprattutto Tunisi non sembra avere né la capacità, né l’intenzione di gestire un fenomeno migratorio che sta alimentando forti tensioni nel paese. La convivenza tra popolazione locale e migranti subsahariani è fragile, in un contesto aggravato dall’inflazione, dalla mancanza di lavoro e dalla violazione dei diritti umani che spinge sempre più persone a fuggire. Una polveriera a cui si aggiunge l’ambiguità di Saied. Oltre ad aver usato i migranti come capro espiatorio delle difficoltà del paese, il presidente tunisino ha più volte detto che non sarà il custode dei confini di nessuno, per alzare la posta con i partner europei. Una strategia che oggi, con il collasso di Lampedusa, è diventata palese e che segna il fallimento delle politiche di esternalizzazione delle frontiere, rivendicate invece da Meloni e Von der Leyen.

Le vittime dell’uragano Daniel continuano a crescere

In Libia il numero dei morti dopo l’uragano Daniel continua a crescere. Secondo la mezzaluna rossa le vittime sono 11mila, e ancora 20mila persone sono disperse. Le squadre di soccorso continuano le ricerche, ma la situazione viene descritta come apocalittica. Oggi poi l’onu ha detto che si teme l’insorgere di malattie infettive, legate all’acqua contaminata, soprattutto a Derna, dopo l’inondazione che ha distrutto la città.
A Tobrouk abbiamo raggiunto un’attivista libica e traduttrice raggiunta a Tobrouk, che da qui tiene i contatti con amici e famigliari bloccati a Derna.

 

Costo del denaro ai massimi storici

La banca centrale europea decide un nuovo aumento dei tassi e porta il costo del denaro ai massimi storici. L’aumento di un quarto di punto, il decimo consecutivo, porta i tassi di interesse che raggiungono così il 4% sui depositi e il 4,5% per le operazioni di rifinanziamento, il più alto dall’introduzione dell’Euro. Alla riunione la BCE è arrivata divisa e si è votato a maggioranza. Una parte dei banchieri centrali avrebbe preferito fermare i rialzi, vista la crisi dell’economia dell’area euro.
Ma nonostante l’economia in declino i banchieri centrali hanno insistito nella cura che non ha dato risultati, tanto che la stessa BCE ritocca al rialzo le previsioni sull’inflazione, ed al ribasso le stime sulla crescita economica.
Potrebbe però essere l’ultimo rialzo almeno per il 2023.
E’ ben strana la logica dei banchieri centrali:siccome l’economia europea sta andando male e si stima che andrà peggio, meglio alzare i tassi oggi perché ad ottobre, o novembre, e dicembre, con l’economia ancor più deteriorata, sarebbe più complicato alzarli. Solo che al calo dell’economia europea contribuisce proprio l’aumento dei tassi. Ma l’ortodossia monetaria non prevede sconti, come i cavalli col paraocchi: nonostante la presidente della BCE Lagarde dica che i dati saranno la guida, e i dati dicono, appunto, di un continente in grave difficoltà e di un’inflazione su cui le scelte di politica monetaria incidono marginalmente, proprio perché le cause sono altre, si insiste. Il board BCE è sempre più diviso. Le stesse previsioni della Bce delineano la cosiddetta stagflazione: crescita al ribasso, previsioni di inflazione ritoccate al rialzo a causa dell’instabilità del mercato dei beni energetici. Il sistema produttivo si trova così in una pressa:da un lato i tassi alti che stroncano prestiti e investimenti, dall’altro l’energia tornata a crescere. Per i cittadini la pressa è tripla. Tra mutui che salgono, inflazione che non scende, perché generata dai profitti e appunto dai beni energetici, e salari tenuti fermi da un’economia in crisi. L’Euro sempre più debole sul dollaro, come a dire: salvatevi con l’export, in un continente dove la domanda interna è ferma con rare eccezioni. L’unico spiraglio è appunto che sia l’ultimo rialzo del 2023. La Bce non lo dice certo apertamente. Gli analisti finanziari ci scommettono. L’Ecofin di venerdì dovrà tenerne conto nel valutare se e come modificare il patto di stabilità, e la sostenibilità di una nuova austerità che potrebbe dare all’Europa un colpo durissimo.
Immediate le ricadute sui mutui, che devono ancora assorbire il rialzo sui tassi di luglio. Preoccupazione delle associazioni imprenditoriali, il cui accesso al credito si è già drasticamente ridotto da tutto il 2023, ed i sindacati per le ricadute sull’occupazione della frenata dell’economia. In Italia il governo e la maggioranza hanno criticato la decisione della BCE: hanno parlato il ministro Urso ed i presidenti delle commissioni parlamentari economiche.
L’aumento dei tassi, le stime al ribasso sono chiare, ha conseguenze pesanti su tutti il sistema produttivo europeo. Nell’Europa occidentale industrializzata l’Italia è quella che rischia le maggiori difficoltà, per una struttura industriale indebolita, anche per le scelte del governo di smantellamento dello stato sociale. In un paese con un alto tasso di proprietari di casa l’ulteriore crescita dei mutui, più 66% da inizio 2022 secondo diverse stime, pone un problema sociale soprattutto tra le fasce deboli che, intorno al 2010,hanno fatto variabili come unica opzione per sostenere mutui fatti quando i tassi erano ai massimi. I tassi alti hanno anche frenato il mercato immobiliare, con un calo intorno al 15% delle richieste di nuovi mutui. Banca d’Italia mostra il costante calo di richieste di prestiti da parte delle imprese, che vuol dire meno investimenti e meno occupati, il calo si sta già vedendo. L’inflazione, generata dalle speculazioni delle imprese e dai beni energetici, scende più lentamente che nel resto d’Europa. Col governo già in crisi nel reperire risorse per la manovra, il moltiplicarsi dei problemi che necessiterebbero interventi, che fin qui non ci sono stati, non è una grana da poco. Da qui la rabbia della maggioranza verso la BCE, per quanto non possa ceto essere un’alibi. Ma crea problemi anche all’opposizione che rischia così lasciare il monopolio delle giuste critiche alla Bce solo alla destra. Anche perché i tassi pesano anche per lo Stato, a causa degli interessi sul debito pubblico: 40 miliardi in più rispetto al 2020. Un ulteriore macigno che peserà nei conti della prossima manovra.

Cinque morti sul lavoro in poche ore

Oggi in Italia è arrivata notizia di cinque persone morte sul lavoro. Una strage che si aggiunge a quella di ieri in un’azienda abruzzese che tratta esplosivi, a quella ferroviaria di Brandizzo di due settimane fa e a quella quotidiana delle persone che nel nostro paese continuano a morire mentre lavorano. “Su questo tema non stiamo facendo abbastanza” ha scritto nei giorni scorsi il presidente della repubblica Mattarella in una lettera alla ministra del lavoro Calderone. Il servizio di Andrea Monti
Tre dei cinque uomini che sono morti nelle ultime ore stavano lavorando in Campania. Tra loro c’è la più giovane delle vittime, Antonio Donato, 29 anni, travolto da un trattore su una banchina del porto di Salerno secondo la versione fornita dalla sua azienda, la compagnia Caronte & Tourist, che ha smentito che la tragedia sia avvenuta a bordo di una propria nave, come era emerso in un primo momento. Ad Arzano, in provincia di Napoli, Giuseppe Lisbino – 44 anni – è caduto dal tetto di un capannone; nel capoluogo campano Giuseppe Cristiano, 66 anni, è stato investito da un camion dell’azienda dei rifiuti, di cui era dipendente. Anche Alfredo Morgese, 52 anni, è stato schiacciato da un tir centinaia di km più a nord, all’aeroporto di Bologna, mentre a San Polo di Piave – nel trevigiano – Marco Bettolini, 47 anni, è caduto in una cisterna all’interno di una cantina vinicola. In Italia mediamente ogni giorno tre persone muoiono sul lavoro. Oggi sono state cinque, come gli operai travolti dal treno a Brandizzo, nella strage di cui stamattina il ministro dei trasporti Matteo Salvini ha parlato alla camera dei deputati.
Nel suo intervento in parlamento Salvini ha chiesto ai membri della camera di fare tutto il possibile per evitare nuove tragedie e ha minimizzato sul tema dei subappalti, portato al centro dell’attenzione da quello che è successo a Brandizzo, dove gli operai che sono morti stavano lavorando proprio in subappalto. Salvini ha detto che in base a quello che è emerso finora, “probabilmente” la strage non è legata a questo e in generale alle norme in vigore. Al di là della singola vicenda, la questione dei subappalti però si intreccia a quella della sicurezza sul lavoro: ne abbiamo parlato col presidente dell’autorità nazionale anticorruzione, Giuseppe Busia.

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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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