Approfondimenti

La guerra in Medio Oriente, l’Ucraina in Europa, il lavoro povero e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di giovedì 14 dicembre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30.
A Gaza il numero dei morti è salito a quasi 19mila, con oltre 50mila feriti.La situazione umanitaria nel sud della Striscia si aggrava ogni giorno di più e secondo l’Unrwa la percentuale delle persone che mangiano una volta ogni tre giorni continua a crescere. La decisione di aprire il negoziato con l’Ucraina per entrare nell’Unione europea non era affatto scontata. E’ una decisione politica forte, molto significativa. Anche se ora bisognerà capire se i dettagli dell’intesa prevedano delle condizioni specifiche e che tempi ci siano.

Che cosa sta succedendo a Gaza

“La guerra contro Hamas durerà più di qualche mese”. Sono le parole che il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha detto oggi al consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan, che – in viaggio a Tel Aviv – ha incontrato oggi anche il premier israeliano Netanyahu per discutere del conflitto in corso a Gaza. Secondo quanto si apprende, però, Sullivan avrebbe detto al premier israeliano Benjamin Netanyahu che è necessaria nel giro di “settimane e non di mesi ” una “transizione” dalla fase di alta intensità della guerra “alla prossima fase a più bassa intensità”, per ridurre il numero di vittime civili e far entrare più aiuti nella striscia.
A Gaza intanto il numero dei morti è salito a quasi 19mila, con oltre 50mila feriti. Nella Striscia internet e le comunicazioni telefoniche da questo pomeriggio sono nuovamente interrotte, rendendo molto difficile per le ambulanze e i servizi di soccorso raggiungere i feriti. La situazione umanitaria nel sud della Striscia si aggrava ogni giorno di più e secondo l’Unrwa la percentuale delle persone che mangiano una volta ogni tre giorni continua a crescere.
Anche in Cisgiordania la situazione è molto tesa. Nel pomeriggio si è concluso un assedio dell’esercito israeliano nella città di Jenin durato più di tre giorni che ha provocato almeno 12 morti. E’ stato il raid più intenso nella città dal 7 ottobre.A Jenin abbiamo raggiunto Ahmad Odeh, architetto palestinese.

Al via il negoziato con l’Ucraina per entrare nell’Unione europea

(di Alessandro Principe)

La decisione di aprire il negoziato con l’Ucraina per entrare nell’Unione europea non era affatto scontata. E’ una decisione politica forte, molto significativa. Anche se ora bisognerà capire se i dettagli dell’intesa prevedano delle condizioni specifiche e che tempi ci siano. Ma il passo forte resta.
Alla vigilia il premier ungherese Orban aveva preannunciato il veto. Ma poi si è trovata una soluzione, un escamotage: Orban non ha partecipato al voto, non era presente nella sala del consiglio europeo. Ha poi puntualizzato di essere contrario ma non ha messo il veto, non ha delegato nessuno a partecipare e risulta quindi “non votante”. E quindi la decisione all’unanimità resta valida. C’è da dire che ieri l’Europa aveva sbloccato 10 miliardi di fondi per l’Ungheria congelati per le violazioni di Budapest a principi fondamentali dell’Europa come la libertà di espressione e l’indipendenza della magistratura.
L’annuncio è stato dato dal presidente del consiglio europeo Charles Michel
La decisione di aprire i negoziati di adesione all’Ue con l’Ucraina “è un momento storico” e una decisione “molto forte. Questa sera il popolo ucraino sa che siamo dalla loro parte”.
La notizia arrivata da Bruxelles è stata subito salutata dal presidente ucraino Zelensky – che aveva fatto un appelllo ai leader in collegamento video questa mattina – con queste parole: è una grande vittoria per tutta l’Europa che motiva, ispira e rafforza”. Ricordiamo che i negoziati per l’adesione da momento del via libera richiedono molto tempo, perché la mole della legislazione europea che i paesi candidati devono recepire nel loro ordinamento nazionale è considerevole. Durante il periodo di preadesione i paesi candidati beneficiano di aiuti a livello finanziario, amministrativo e tecnico.

Le sfide di Giorgia Meloni al Consiglio europeo

(di Anna Bredice)

La trattativa è ancora in corso e i commenti che arrivano da Bruxelles passano dal “siamo in alto mare”, a “qualche spiraglio di compromesso”, anche se al ribasso. Dal Consiglio europeo, nel quale in ogni caso il Patto di stabilità non è tra i temi in discussione, fino all’Ecofin della prossima settimana, la sfida di Giorgia Meloni è quella di non uscirne sconfitta, di far passare per un successo anche la piccola concessione che la Germania e gli altri paesi cosiddetti Frugali potranno dare, quella di rivedere la procedura per deficit eccessivo, se prevedere cioè un intervento minore anche solo per alcuni anni, fino al 2027. Non è quello che Giorgia Meloni con molta enfasi diceva solo ieri in Parlamento, ma nemmeno porre il veto è una soluzione praticabile perché bloccherebbe l’intesa impedendo il via libera al nuovo Patto di stabilità. È quello che la Lega ad esempio già teorizza, del resto per Salvini conta solo la campagna elettorale, la tenuta dei conti per i prossimi anni appare una questione secondaria. Molinari dice che bisogna tenere il punto sia sul Mes che sul Patto di stabilità, una posizione talmente intransigente da mettere in difficoltà la Presidente del Consiglio che è costretta a trattare a Bruxelles, cercando di convincere la Germania a cedere qualcosa, ma senza apparire sconfitta. L’Ecofin è previsto per la prossima settimana e il Consiglio europeo è l’occasione per capire come andranno le cose. La fotografia al bar dell’albergo, che sembra prendere il posto di quella di Draghi sul treno criticata dalla stessa Meloni fa molto immagine, in realtà le divisioni ci sono ancora, anche perché ogni paese andrà al voto il prossimo giugno e deve vedersela con i propri avversari interni.

Nel nostro Paese si lavora troppo e male

(di Massimo Alberti)

In Italia le imprese prosperano sul lavoro povero. Per questo i salari non salgono e le aziende non investono sulla produttività. L’Inapp fotografa il sistema produttivo italiano dove si lavora troppo e male.
Così l’italia è fanalino di coda tra i paesi Ocse per i salari, ma cresce la quota dei profitti delle imprese. In 30 anni gli stipendi sono cresciuti dell’1% contro il +32% dei paesi dell’Ocse. Troppi profitti, pochi investimenti e di conseguenza poca produttività. E’ la fotografia del mercato del lavoro italiano scattata dall’Inapp, l’istituto di analisi per le politiche pubbliche, che smentisce diversi luoghi comuni sul mercato del lavoro.
Quella dell’Inapp è una delle fotografie più complete sullo stato del lavoro in Italia, che spiega compiutamente le ragioni di un paese con salari a livello dell’est Europeo più che dell’occidente industrializzato. Il rapporto va a fondo delle cause sistemiche che, nel sistema produttivo italiano, causano lo squilibrio tra salari bassi e profitti troppo alti. Il primo: la precarietà e la mancanza di tutele. in caso di una nuova crisi ben 4 milioni di occupati resterebbero senza ammortizzatori. Il secondo: i continui incentivi alle imprese, inefficaci. solo il 4,5% sostiene che siano serviti per prendere decisioni. Poi si arriva a toccare il cuore del problema, quello della produttività, ma ribaltandone la prospettiva. In sintesi in Italia si lavoro troppo, per pochi soldi, e male perché è questo su cui le imprese prosperano. Le imprese non investono e così la produttività ha raggiunto un divario del 25,5% rispetto agli altri Paesi del G7. Ma nonostante la bassa produttività, l’Italia mostra una crescente quota dei profitti sul PIL, mentre la quota salari cala. Come è possibile? In sostanza, le imprese vivono di lavoro povero, grazie alle leggi sul lavoro che lo permettono, generando una palese diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza prodotta dal lavoro. E non hanno dunque alcun interesse a investire per migliorare la produttività. Perciò è del tutto sbagliato, come si sente continuamente proporre, legare aumenti salariali alla crescita della produttività, perché diventerebbe un incentivo ulteriore a non investire per tener bassi i salari, visto che i profitti crescono comunque proprio sulle spalle di chi lavora. Per questo il presidente Inapp Sebastiano Fadda,critica la decisione di affossare il salario minimo legale: “Non esistono ragioni né sul piano analitico né dell’evidenza empirica per escludere l’imposizione di una soglia minima invalicabile”.

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    Le politiche pro natalità non funzionano, lo dicono i fatti

    Più che gelo siamo in glaciazione demografica, questione sociale per carità ma soprattutto politica, perché sono governi soprattutto di destra che la predicano, ma le politiche pro-natalità non stanno funzionando, perché sono cambiate le scelte, le prospettive e le possibilità dei nuovi genitori e la loro riduzione numerica è un dato di fatto storico non trasformabile con richiami ai valori della famiglia o con bonus bebè. Alessandra Minello, ricercatrice in Demografia al dipartimento di Scienze statistiche dell’Università di Padova, autrice per Laterza di “Senza figli. Scelte, vincoli e conseguenze della denatalità”) ci propone una lettura più solida di quella del dibattito politico sul tema. “È cambiato il modo in cui diamo valore e cerchiamo soddisfazione nella nostra vita. È una cultura che sta cambiando e parte dalle valutazioni di sé, dalle scelte appunto”. L’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Pubblica di mercoledì 22/10/2025

    Marina Berlusconi, una keynesiana (smemorata) a Segrate. In una lettera al Corriere della Sera di domenica scorsa la presidente di Fininvest e Mondadori ha denunciato lo strapotere mondiale delle Big Tech e ha vantato il sistema regolatorio pubblico vigente in Europa. «Quello delle Big Tech - ha scritto - è un potere che rifiuta le regole. E' concorrenza sleale bella e buona», ha scritto Berlusconi. La presidente Fininvest ha dimenticato la storia dell'impero industriale e finanziario che oggi controlla e guida. Una storia di norme ad personam: dai cosiddetti “decreti Berlusconi” emanati dal governo Craxi nel 1985, alla legge Mammì che certificò il monopolio TV privato, alla legge Gasparri del 2004. Nel suo articolo Marina Berlusconi ha scritto che «l’intreccio tra politica e Big Tech negli Usa è sotto gli occhi di tutti […] questi colossi non sono più solo aziende private, sono attori politici», ha sentenziato Berlusconi rimuovendo il fatto che il suo gruppo è ancora oggi l’azionista di fatto di un partito, oggi al governo, come Forza Italia. Pubblica ha ospitato Stefano Balassone, ex consigliere di amministrazione della Rai, già vice-direttore di Rai Tre, oggi produttore e autore televisivo.

    Pubblica - 22-10-2025

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    Trasmissione trisettimanale, il lunedì dedicata all’America Latina con Chawki Senouci, il mercoledì all’Asia con Diana Santini, il giovedì all’Africa con Sara Milanese.

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    ILARIA BERNARDINI - AMATA

    ILARIA BERNARDINI - AMATA - presentato da Barbara Sorrentini

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    DA RANUCCI AL SOLE 24 ORE: LIBERTA’, QUALITA’, CREDIBILITA’ DELL’INFORMAZIONE IN ITALIA

    Una bomba sotto l’auto di un giornalista d’inchiesta, lo sciopero di un’intera redazione contro la scelta del proprio giornale di affidare a una firma esterna l’intervista di punta alla presidente del Consiglio, i dati d’ascolto progressivamente in calo dei Tg della rete pubblica. Vari elementi illuminano in questi giorni lo stato di sofferenza dell’informazione in Italia, tra attacchi alla libertà e scossoni alla sua credibilità. Ospiti: Francesco Prisco, cdr del Sole 24 ore; Alessandra Costante, segretaria Fnsi; Francesco Siliato, Sociologo dei processi culturali e comunicativi, fondatore dello Studio Frasi. Condotta da Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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    Presto Presto - Interviste e Analisi di mercoledì 22/10/2025

    Glaciazione demografica, questione sociale per carità ma anche realtà storica non trasformabile con richiami alla famiglia, l'analisi di Alessandra Minello, ricercatrice in Demografia al dipartimento di Scienze statistiche dell’Università di Padova (l’ultimo suo libro da poco uscito per Laterza è “Senza figli. Scelte, vincoli e conseguenze della denatalità”). Le diseguaglianze nel lavoro, i salari poveri, la impossibilità di conciliare lavoro e vita per tutte 8e tutti) sono gli elefanti nella stanza demografica che il governo non vuole affrontare, ce ne parla Lidia Baratta, giornalista economica de l’Inkiesta, per cui cura la newsletter settimanale “forza lavoro” Insieme a 67 organizzazioni fra le più rappresentative del Terzo settore italiano la rivista VITA ha lanciato una campagna e un appello affinché il Governo si adoperi per togliere il tetto al 5 per mille, oggi alzato a 610 milioni dopo che il Tero settore ne ha persi 80 per il limite ancora più basso posto l'anno scorso, ce ne parla Stefano Arduini, direttore di Vita. Oggi è la Giornata Mondiale del Clima e il Giusto Clima, la nostra trasmissione dedicata al tema, vi propone una serata live con ospiti di ReCommon e GreenPeace e poi con un film: ce lo racconta Marianna Usuelli, redattrice della trasmissione.

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