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Rex Ryan, sadico e americano

È inutile che oggi cerchiate l’espressione Big Cookie tra titoli dei magazine sportivi americani. Non la troverete, e non solo per motivi ortografici, perché l’ultima giornata della National Football League è stata al contrario il trionfo degli upset, i risultati a sorpresa di chi non poteva proprio perdere. E invece.

Il suicidio perfetto è stato compiuto dai Jets di New York, che hanno perso 22 a 17 contro Buffalo e si sono giocati il posto che sembrava ipotecato ai playoff. I Bills erano senza mezza squadra e senza ambizioni di gloria, ma nella Nfl va così.

Sadico, e non si parla solo di physique du role, il loro coach Rex Ryan, che ha deciso la quinta stagione consecutiva senza post season per quella che fino a un anno fa era la sua squadra.

Una storia, la sua, che vale la pena di raccontare. Nato nel 1962 in Oklahoma, Ryan è figlio e fratello d’arte. Suo padre Buddy è l’uomo che lo ha fatto entrare nel mondo del football professionistico, che il ragazzo ha scalato nell’arco degli ultimi venticinque anni.

Nel 2009 il primo ruolo da capo allenatore, proprio con i Jets. Il team, la cui popolarità negli anni ha pagato la grande ascesa dei concittadini Giants, ha vinto un solo Super Bowl nel 1969, poi più nulla.

I primi anni di Rex Ryan sulla panchina sono coincisi con gli ultimi felici per gang in verde. Che non vedeva più i playoff da troppo tempo e per questo motivo aveva deciso di separarsi dal suo allenatore, ruolo che nella Nfl comporta grandi responsabilità e non minori compensi.

Rex, affrancato grazie a una portentosa dieta dalla enorme pancia che lo aveva caratterizzato negli anni newyorkesi, si accasava a Buffalo. I biancoblu sono stati Oj Simpson e Jim Kelly. Sono stati soprattutto la squadra che negli anni 90 ha perso quattro Super Bowl consecutivi. Roba da barzellette.

Non per Rex Ryan, che ha preso sul serio la causa e si è perfettamente calato nella realtà dei Bills. Lo dimostra il feeling costruito con i tifosi, cui hanno contribuito le sue scelte cromatiche. Appena giunto nei pressi delle Niagara Falls il coach si è fatto serigrafare di biancoblu, con lo stemma sociale in bella evidenza sul cofano, il terrificante pickup. Ma soprattutto ha riprodotto i nuovi colori del cuore sulla t-shirt della pin-up che arreda il suo bicipite. Il tatuaggio, ovviamente, prima era verde Jets, la squadra cui oggi Rex Ryan ha regalato una nuova delusione.

Ci sono poche cose che raccontano bene gli Stati Uniti come il football americano. E poche cose che raccontano il football come Rex Ryan.

  • Autore articolo
    Dario Falcini
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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