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Rewilding, la nuova frontiera per la conservazione della biodiversità

rewilding - highlands scotland

Rewilding è un termine inglese che indica il recupero di aree selvatiche nelle quali reintrodurre specie quasi estinte, ricostruendone così l’habitat e contemporaneamente riducendo la presenza dell’uomo. Si tratta di un movimento che comincia a diffondersi in varie zone d’Europa, recuperando il messaggio più profondo del Green Deal. Il ripristino delle foreste originarie contribuisce alla lotta ai cambiamenti climatici rimuovendo l’anidride carbonica dall’atmosfera e sostenendo gli habitat naturali. Secondo l’ultimo rapporto di State of Nature, la Gran Bretagna è uno dei paesi più poveri di natura al mondo e si colloca nell’ultimo 25% dei paesi a livello globale. La causa è da ricercarsi nell’agricoltura intensiva e nell’alterazione del clima, che hanno un forte impatto sulla biodiversità.

Non è un caso, quindi, che il rewilding in Inghilterra abbia preso piede, soprattutto in Scozia e in Galles. Questi due paesi, infatti, hanno lanciato importanti campagne nazionali di crowdfunding, chiedendo pubblicamente anche il sostegno delle istituzioni. In Galles, il principale obiettivo del rewilding è riportare al suo antico splendore la foresta pluviale celtica nell’estremo sud-ovest del paese. Il progetto, che concretamente partirà tra pochissimo, nel 2025, prevede di realizzare il maggior ripristino della foresta pluviale nel Regno Unito. Un tempo in Gran Bretagna le foreste pluviali, caratterizzate cioè da abbondanti precipitazioni, un elevato tasso di umidità e una bassa variazione annuale della temperatura, si estendevano su ampie zone della fascia costiera occidentale. Gran parte di questi preziosi habitat, però, sono stati persi per la deforestazione e ora ricoprono solamente l’1% dell’intero territorio.

Al momento, in Galles, la zona presa in considerazione per la rigenerazione forestale è di circa 59 ettari, in gran parte composta da praterie pascolate da pecore con un basso livello di biodiversità. Il progetto gallese vuole combinare piantumazioni di alberi autoctoni, anche recuperando specie antiche, con la rigenerazione naturale dell’ecosistema. Questo prevede, a fianco dei nuovi boschi di latifoglie come querce, tigli e sorbi, il mantenimento e il ripristino delle aree umide. La sfida, come spesso raccontiamo, è anche quella di coinvolgere le comunità locali e fare in modo che la lotta ai cambiamenti climatici sia anche economicamente sostenibile. Per questo, il progetto di Rewild Galles prevede iniziative di volontariato, ma anche opportunità di istruzione e di impiego, soprattutto nel monitoraggio della fauna locale, oltre alla costruzione di una pista ciclabile e di sentieri escursionistici attraverso la foresta.

In Scozia, dove negli ultimi 40 anni la biodiversità è calata quasi del 50%, oggi il rewilding è sostenuto da una coalizione di oltre 20 organizzazioni sotto la Scottish Rewilding Alliance, che gode di un fortissimo sostegno dell’opinione pubblica e anche delle istituzioni. In tutto il paese sono già attivi oltre 150 progetti, alcuni dei quali si possono già definire dei successi. A nord di Perth, in un’area di novanta acri, le popolazioni di insetti impollinatori sono aumentate di oltre 100 volte in due anni. Un altro progetto ha permesso allo scoiattolo rosso di uscire dalle specie in via d’estinzione. In altre aree, ancora, si registra un aumento della popolazione di salmoni di fiume, della fauna aviaria dei boschi, di farfalle rare e persino di martore. La Scottish Rewilding Alliance lo dice chiaramente: il suo obiettivo è di rendere la Scozia il primo paese rinaturalizzato al mondo.

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    Sara Milanese
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