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Regionali in Lombardia: tra primarie e coalizione, il Pd si gioca un pezzo del suo destino

In questi giorni impazza sulla sponda del centrosinistra il confronto tra “coalizionisti” e “primaristi”. Facendo un rapido riassunto, l’assemblea del Pd ha detto le primarie sono il nostro strumento ma ci confronteremo con gli alleati della coalizione e decideremo con loro (con chi? Con Sinistra italiana, Verdi +Europa e liste civiche regionali, visto che dal tavolo delle opposizioni si sono via via sfilati Italia Viva, Azione e poi i 5Stelle). La coalizione si ritrova e dice: niente primarie, il bene supremo è la coalizione larga, da allargare ancora, sottinteso ai 5stelle, e stabilisce che proporrà anche un suo candidato pontiere per le future alleanze. La posizione non piace ai primaristi capeggiati da Pierfrancesco Maran che sta facendo un tour regionale e annuncia la sua candidatura alle primarie che però ancora non ci sono. I media, noi per primi, intanto indicano il possibile uomo-ponte per i coalizionisti l’altro Pierfrancesco del Pd, quel Majorino che potrebbe essere digerito anche dai 5Stelle che nel frattempo scendono a Roma da Conte e tornano con un mezzo si: presenteranno dei punti programmatici e sono disponibili ad un’alleanza per vincere, poi il candidato verrà, basta che non gli venga imposto. Sembra un’apertura, ma potrebbe anche rivelarsi la ripetizione della separazione delle scorse elezioni politiche con i 9 punti di Conte irricevibili per il Pd. Domenica comunque la coalizione di centrosinistra, nella quale intanto +Europa dice di non volere più i 5Stelle – tanto per non farsi mancare nulla – dovrebbe indicare il proprio o la propria candidata che avrà il mandato di discutere con tutti, dai 5stelle al Terzo Polo (si immagina in quest’ordine). Intanto Beppe Sala, che incredibilmente era il candidato preferito dai 5Stelle in qualità di massimo civico disponibile sul mercato, torna a dar fastidio al Pd dicendo che ci vogliono le primarie, un vincente quarantenne e poi un confronto prioritario col terzo Polo. Il progetto di Maran, insomma. Morale: tutti insieme ormai non si può stare anche se il Pd continua a esercitare un doppio sguardo a sinistra e al centro, e in questa tenaglia si gioca un pezzo del suo destino.

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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    Oggi il ministro della giustizia Nordio ha partecipato a una conferenza sui femminicidi e ha esposto una teoria sulle radici della violenza di genere. In sostanza ha detto che c’è una questione millenaria, genetica, legata al fatto che l’uomo è fisicamente più forte della donna, e che bisogna intervenire “come fanno gli psicologi e gli ipnotisti su chi ha una tara legata a un trauma adolescenziale”. Nordio ha aggiunto che l’educazione è fondamentale, che va bene farla nelle scuole ma che la sede è, innanzitutto, la famiglia. All’evento c’era anche la ministra della famiglia Roccella, che ha negato che ci sia un legame tra l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole e l’andamento del numero dei femminicidi. Dall’opposizione arrivano forti critiche, sia per la contrarietà di fatto all’educazione nelle scuole ribadita dai due membri del Governo, sia per le parole di Nordio sulla genetica: dai partiti di minoranza si parla di “visione retrograda” e di “ritorno al peggior Medioevo”. Stefano Ciccone è presidente dell’associazione Maschile plurale, impegnata contro la violenza contro le donne.

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