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Referendum lavoro, il primo no è della Consulta

E’ di fatto aperta la campagna referendaria per l’abrogazione delle norme sui voucher e sulle limitazioni della responsabilità di appaltatori e appaltanti nei confronti dei lavoratori.

Sui quesiti proposti dalla Cgil si dovrebbe votare tra il 15 aprile e 15 giugno prossimi, come prevede la legge sui referendum del 1970. Il condizionale, come si dice in questi casi, è però d’obbligo.

Ci sono, infatti, due incognite:

  • in caso di scioglimento anticipato delle camere il referendum verrebbe sospeso e rinviato ad un anno dopo le elezioni;
  • nel caso in cui il Parlamento votasse una legge che va nella direzione dei quesiti, i referendum verrebbero annullati. Spetterà alla Corte di Cassazione decidere se quella legge rispetta o meno le richieste contenute nei quesiti.

In ogni caso bisogna aspettare ancora qualche settimana per avere la data del voto: entro il 10 febbraio la sentenza di ieri della Consulta dovrà essere pubblicata e comunicata ufficialmente, tra gli altri, anche al capo dello stato. Dopodichè, ogni momento sarà buono per il presidente Mattarella (dopo una deliberazione del consiglio dei ministri) per indire formalmente – con tanto di data – i referendum.

Com’è noto la Corte Costituzionale ieri ha ammesso soltanto due dei tre referendum richiesti dalla Cgil: è rimasto fuori (dichiarato inammissibile) quello che puntava ad abrogare alcune norme del Jobs Act, quelle che hanno cancellato la possibilità di reintegrare sul posto di lavoro il lavoratore licenziato senza giusta causa.

Per discutere della decisione della Consulta, del merito dei quesiti referendari, dell’idea di lavoro che sta dietro norme come quelle dei voucher e del Jobs Act, Memos oggi ha ospitato il giurista del lavoro Luigi Mariucci e l’economista Giovanni Dosi, direttore dell’Istituto di Economia della Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa.

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    Raffaele Liguori
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