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Quanto ridere giovane Frankenstein!

Rimetta a posto la candela!

Si dice Frankenstin! Ma questa volta non poteva andare peggio, perché il Dr. Frankenstin, come ironicamente sottolineava lo scienziato matto all’assistente Igor, non c’è più.

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Battute inossidabili e ripetute all’infinito che ci hanno insegnato a ridere a crepapelle, soprattutto con il suo film capolavoro, più famoso ed esilarante Frankenstein Junior dell’amico Mel Brooks. Un sodalizio nato grazie all’incontro con la fidanzata del regista: Anne Bancroft, che all’epoca, era il 1963, recitava in teatro con Gene Wilder, in Madre Coraggio e i suoi figli. Jerome Silberman, questo il suo nome, aveva 83 anni, figlio di ebrei russi immigrati e proprio grazie all’incontro nel con Mel Brooks è arrivato al successo, con film dalla comicità pungente, scanzonata, irriverente e rivoluzionaria. Gene Wilder non lavorava più dagli anni ’90 a causa del Morbo di Alzheimer che lo aveva colpito.

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È stato attore, sceneggiatore e regista, prendendo parte in film che fanno sorridere solo a nominarli: da Per favore non toccate le vecchiette e Mezzogiorno e mezzo di fuoco di Mel Brooks, all’episodio della pecora in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso di Woody Allen, a Willy Wonka di Mel Stuart o Scusi dov’è il west di Aldrich. Con i suoi riccioloni biondi e gli occhi tondi e azzurri Gene Wilder ha sempre aggiunto qualcosa in più nei film che interpretava: la risata sfrenata.

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Tra i film che ha diretto, Il fratello più furbo di Sherlock Holmes e negli anni ’80 La signora in rosso e Luna di miele stregata. E poi un lungo sodalizio, quasi demenziale, con l’attore Richard Pryor, diretti da Sidney Poitier in Nessuno ci può fermare e Hanky Panky-Fuga per due, fino agli ultimi lavori considerati politicamente scorretti, come Non guardarmi non ti sento di Arthur Hiller, tutto giocato sulla parodia di sordità e cecità.

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La sua vita privata fu caratterizzata da quattro matrimoni, con Mary Mercier, Mary Joan Schutz, quello travolgente con l’attrice Gilda Radner, scomparsa nel 1989 per un tumore. E l’ultimo con Karen Boyen.

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  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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