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Pulizia

marco garzonio - l'ambrosiano

Per non ridurre il Giorno della Memoria a retorica dobbiamo compiere uno sforzo combinato di verità e d’immaginazione nell’uso delle parole. Potremo dire a figli e nipoti “Mai più Auschwitz” depurati da una falsa pace delle coscienze e con una qualche speranza d’interrompere un’autodistruttiva coazione a ripetere il male solo quando impareremo a riconoscere il giusto valore di verbi e sostantivi, ad accettar nessi, assonanze, parentele. Proporre di «ripulire Gaza dai Palestinesi», come ha detto Trump nell’80° dell’ingresso dei sovietici nel lager simbolo della disumanità nazista, di certo non evoca camere a gas, forni, bambini ridotti a cavie. Ma date e situazioni inducono pensieri. Al di là delle intenzioni del Presidente Usa, dei sogni dell’immobiliarista che è in lui e dei consensi di chi gode di guasconate sovraniste identificando la minorità sua nella violenza diffusa, stiamo alle parole: nel rispettarle si ricorda Auschwitz anche quando i sopravvissuti non ci saranno più. “Far pulizia” può tradire un’ombra, un abisso nero di pece, riporta all’idea che si ha dell’altro e agli atti conseguenti. L’altro può essere interlocutore naturale, soggetto con il quale confrontarci perché è come noi, dialogare, intenderci per la comune umanità che ci rende simili, conviverci constatando che son più le cose che uniscono rispetto a quelle che dividono. Al contrario l’altro può suscitar sospetti, esser ritenuto ingombro, ostacolo a mire proprie o di alleati, strumento per cavalcar paure, coprire magagne e inefficienze proprie. A quel punto l’altro diviene lo schermo su cui proiettare tutte le cause dei nostri mali, pericoloso, nemico da respingere, rispedire a casa in catene, deportare in Albania: un essere di cui vantarsi di “far pulizia”. In realtà c’è un solo luogo da ripulire: casa nostra; togliere lo sporco da noi stessi, da cuori, menti, affetti, comunità piccole o grandi, culture, fedi, sistemi economici, valori cui ispiriamo il quotidiano e visioni di futuro. Auschwitz è lo scandaloso passato da condannare ogni giorno con pensieri, nessi, atti perché il male dispone d’un cangiante, immenso imprevedibile guardaroba per travestirsi, raccontar menzogne, metterci l’un contro l’altro.

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    Marco Garzonio
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