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Majorino: “Da Maroni solo propaganda”

In questi giorni Milano sta dando accoglienza a più di tremila persone, il numero più alto mai raggiunto. “Da Como e Ventimiglia c’è un reflusso continuo di migranti verso la nostra città”, ha detto il sindaco Giuseppe Sala. “Stiamo monitorando col prefetto la situazione e non è escluso che si valuti la soluzione tende, c’è questa possibilità, perché obiettivamente di altri spazi in tempi rapidi non ce ne sono”. La destra ha subito lanciato “l’allarme tendopoli”, costringendo Sala a una precisazione via comunicato stampa: “Non è prevista alcuna tendopoli”.

Lo conferma a Radio Popolare l’assessore al Welfare del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino: “Siamo impegnati in un’accoglienza molto intensificata, che riguarda 3.300 profughi o migranti, con diversi status giuridici. E’ il numero massimo mai raggiunto in questi mesi, e anni, dalla città. Ma non ci sarà nessuna tendopoli”.

Si può parlare di emergenza a Milano?

“E’ una situazione molto complicata da gestire, continuiamo a farlo. Fino a oggi siamo riusciti a dare un tetto e un letto a ciascuno di loro, non siamo mai venuti meno a questa nostra responsabilità. E nei casi in cui si sono viste immagini di profughi che dormivano per strada di notte, erano stati loro a non accettare la nostra proposta.

Certo è complicato. Io non voglio fare dell’allarmismo, però è ovvio che siamo abbastanza al limite. E tra l’altro siamo al limite in una situazione nella quale c’è un Paese ‘a geometrie variabili’, in cui ci sono Comuni che fanno molto, e moltissime città che non fanno niente. Più della metà dei Comuni non fa un tubo. Questa è la verità”.

Come si può sbloccare la situazione prima di arrivare al punto di rottura?

“Ci vuole un impegno del governo, molto deciso, sul piano della distribuzione sul territorio nazionale in modo equo. E anche nello sbloccarci alcune situazioni che ci permetterebbero non tanto di spostare i profughi fuori dalla città, quanto di gestirli meglio in città. Ci sono caserme inutilizzate, di cui il Comune non dispone. Il Comune – a partire da Beppe Sala – ne sta chiedendo a gran voce la disponibilità. E poi ci vuole una maggiore responsabilizzazione di tanti Comuni, basti pensare all’area metropolitana milanese: su 134 Comuni, ce ne sono un centinaio che non muovono un dito. Francamente mi pare insopportabile, sul piano culturale e politico. Bisogna capire che qui non vince chi passa il cerino all’altro. I migranti sono una responsabilità da gestire tutti insieme”.

Per quanto riguarda l’area ex Expo?

“Su quell’area c’è un ostruzionismo molto deciso da parte del presidente della Regione Maroni, che finora un risultato l’ha ottenuto. L’area è ancora lì, inutilizzata. Un’area che non è quella del sito Expo, ma quella utilizzata dagli operai del cantiere, dotata di casette e strutture in cui l’accoglienza può essere assolutamente dignitosa, e che non è vicina a palazzi abitati. Quindi solo la follia della fase in cui viviamo fa sì che non venga utilizzata. Finora sta vincendo Maroni, con il suo No. In questo modo mette in difficoltà il Comune di Milano, ma non mi sembra un grande risultato. Noi però insistiamo con molta determinazione”.

Il presidente Maroni ha chiarito, acora in queste ore, il suo pensiero: qui non siamo davanti a profughi ma a clandestini.

“Al di là del fatto che Maroni, da solo, non ha la possibilità di capire chi sono, una per una, queste persone… Comunque, visto che Maroni ha fatto il ministro dell’Interno, sa bene che le persone fanno richiesta d’asilo, poi questa richiesta viene valutata, e passano dei mesi… Noi nel frattempo li dobbiamo gestire. Maroni fa solo chiacchiere e propaganda. Noi cerchiamo di gestire il problema. La differenza è questa”.

Assessore, ci chiarisca definitivamente una questione che sta girando in queste ore. Ci sarà una tendopoli a Milano o  no?

“No, no, non è prevista nessuna tendopoli. Abbiamo solo in mente di potenziare l’utilizzo di tende della Protezione civile, già peraltro presenti da alcuni mesi in due aree circoscritte della città: l’ex Cie in via Corelli e la caserma Mancini. Mettiamo qualche tenda in più lì, niente di più”.

Ascolta qui l’intervista a Pierfrancesco Majorino

maiorino profughi a milano

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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