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L’Europa e i profughi, tra paura e nuovo razzismo

«La prima cosa di cui dobbiamo accusarci, o accusare chi ha in mano le redini del potere, è quello di non aver scelto. Si potevano fare politiche di vario tipo. Di fatto, però, si è stati a guardare».

L’antropologo Marco Aime è stato l’ospite di Memos. Le sue parole richiamano l’urgenza con cui si dovrebbe agire di fronte alle stragi di profughi nel Mediteranneo. Un’urgenza negata.

Perché, professor Aime, è difficile accogliere?

«Un altro elemento fondamentale – sostiene l’antropologo – è che non si è mai pensato di agire sulle cause e chiedersi come mai ci sia questo flusso di persone. Non stiamo parlando di emergenza. L’esodo, ormai, è quotidiano. Se non ci si pone queste domande è inutile agire mettendo muri, filo spinato, cavalli di frisia. Questi sono i temi su cui l’Europa è latitante».

A chi giova questa situazione, oltre che alle organizzazioni criminali che sfruttano economicamente la disperazione di migliaia di persone?

Marco Aime
Marco Aime

«Questa massa di individui – risponde il professor Aime – senza più patria, senza più terra, senza passaporto, “con la nuda vita” come avrebbe detto Benjamin, è funzionale a molti tipi di politica. Da un lato, pensiamo alla Turchia. Il governo turco si erge a protagonista nella gestione dei profughi incassando dall’Europa un bel po’ di denaro per fare – più o meno finta – di gestire il fenomeno alla radice. Pensiamo anche ad Assad in Siria che usa i profughi anche per forme di ricatto. Queste masse di persone sono poi funzionali ad un’economia sommersa. Non avendo altre possibilità e non essendo riconosciute, sono catturate in questa rete di lavoro nero, di caporalato. Per usare un’espressione ormai nota, quella di Primo Levi, si crea una zona grigia dove tutto è possibile».

L’intervista con l’antropologo Marco Aime, dell’Università di Genova, prosegue su due temi fondamentali: la paura e il razzismo. La paura coltivata e fomentata dalle retoriche politiche di gruppi, partiti e governi xenofobi. E il razzismo che –  perso il suo tragico fondamento “pseudo-scientifico” – oggi va a cercare nella cultura delle radici e della tradizione un nuovo richiamo alla purezza etnica.

Marco Aime ha curato un libro, uscito di recente, dal titolo “Contro il razzismo” (Einaudi, 2016),  scritto insieme all’esperta di diritti umani Clelia Bartoli, al genetista Guido Barbujani e al linguista Federico Falloppa.

Ascolta tutta la puntata di Memos

L’immagine di copertina è tratta da un lavoro di Guy J. Abel, ricercatore al Wittgenstein Center for Demography di Vienna, di cui ha scritto il settimanale tedesco Der Spiegel.

  • Autore articolo
    Raffaele Liguori
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    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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