Approfondimenti

Prima di Rosa Parks. La lunga marcia per i diritti civili

Sessant’anni fa, il primo dicembre 1955, su un autobus di Montgomery, Rosa Parks rifiuta di alzarsi per cedere il posto ad un passeggero bianco, e viene arrestata.

Il 5 dicembre nella città dell’Alabama scatta il boicottaggio contro la segregazione sui trasporti pubblici: continuerà per 381 giorni, nel più grande movimento di disobbedienza civile negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, e in un potente preludio alle lotte per i diritti degli afroamericani del decennio successivo.

Alla fine del 2014 (e nel febbraio scorso nelle nostre sale) è uscito Selma. La strada per la libertà: nel film Ava Duvernay ha ricostruito i mesi in cui Martin Luther King conduce la campagna per conquistare il diritto di voto per i neri, sistematicamente negato negli Stati del sud, e la marcia da Selma a Montgomery del marzo del 1965, che costringe il presidente Lyndon Johnson, contro l’opposizione razzista, a firmare il Voting Rights Act che assicura questo diritto.

The Selma to Montgomery March for voting rights was the largest and most significant march of civil rights history. Here marchers and flags cross the horizon. In the air, a US Army reconnisance plane on the lookout for threats to the march.
La marcia da Selma a Montgomery

 

Nelle interviste in occasione della presentazione del film la regista ha sottolineato come nell’ambito dei rapporti razziali negli Stati Uniti molti eventi degli ultimi anni richiamino in maniera inquietante gli eventi di cinquant’anni fa: “E’ un momento difficile”, ha dichiarato Ava Duvernay (Luca Celada, il manifesto, 4 dicembre 2014), “perché solo l’anno scorso (2013, ndr) la Corte Suprema ha abrogato la section 5”, cioè il pilastro del Voting Rights Act promulgato da Johnson, l’articolo che impediva agli Stati di introdurre limiti all’accesso ai seggi senza preventivo vaglio federale.

“Molte delle conquiste ottenute da King negli anni sessanta oggi sono minacciate” ha detto la Duvernay. “E non è una coincidenza se sulle nostre strade assistiamo ad uccisioni a ripetizione per le quali nessuno viene mai rinviato a giudizio. Sono fatti che ti fanno capire quanto il progresso possa essere ribaltato, e forse il problema è il compiacimento, l’idea che tutto è stato messo a posto cinquant’anni fa. E’ chiaro invece che occorre oggi più che mai tenere viva la discussione”.

Interessante anche un cenno di Ava Duvernay sull’opportunità di rimeditare la lezione di Martin Luther King, e il riferimento sembra essere non tanto alla teoria e alla pratica della non violenza, ma al tema dell’organizzazione: “Trovo assolutamente essenziale conoscere il processo dell’antagonismo politico. Nel film volevo mostrare come King diede una struttura alla contestazione di formazioni giovanili come lo Student Nonviolent Coordinating Committee. Anche oggi c’è una straordinaria energia che proviene dai giovani, ma occorre anche imparare la disciplina politica”.

In effetti il film mostra il ruolo del coordinamento della protesta, e l’importanza dell’accumulo, della sedimentazione negli anni del lavoro di mobilitazione. Una lezione su cui appunto potrebbe essere utile riflettere ai movimenti che hanno reagito agli omicidi di giovani afroamericani, ma non solo, e non solo negli Stati Uniti.

Non ci sarebbe stato il Voting Rights Act senza, dieci anni prima, Rosa Parks. Quello di Rosa Parks non è in realtà un gesto individuale e Rosa, assurta poi ad icona della lotta per i diritti civili dei neri, non è nemmeno la prima afroamericana su un autobus di Montgomery a rifiutare di cedere il suo posto: a sua volta, prima di Rosa Parks c’è un lungo, intenso accumulo di lotte e di organizzazione.

Per i rapporti razziali negli Stati Uniti la seconda guerra mondiale è uno snodo fondamentale. Negli anni del New Deal i neri apprezzano largamente l’operato di Roosvelt. Utilizzati marginalmente in combattimento nel primo conflitto mondiale, gli afroamericani danno invece un contributo sostanziale all’impegno degli Stati Uniti nel secondo, tanto sui fronti di guerra quanto in patria.

(Mary_McLeod_Bethune),_'Mrs._Eleanor_Roosevelt_and_others_at_the_opening_of_Midway_Hall,_one_of_two_residence_halls_buil_-_NARA_-_533032

Eleonor Roosevelt incontra rappresentanti della comunità afro-americana

 

Quello che durante la seconda guerra mondiale combatte contro una Germania quintessenza del razzismo è in realtà un esercito a sua volta razzista, in cui sostanzialmente vige la segregazione razziale. L’impiego di truppe afroamericane diventa però rilevante soprattutto nell’ultima parte della guerra, con il 99esimo Squadrone da caccia operativo sull’Italia meridionale in preparazione dello sbarco alleato e nelle battaglie di Anzio e Cassino, e con la divisione di fanteria Buffalo, che combatte in Italia dall’autunno 1944.

Uomini e donne afroamericani sono assunti per rimpiazzare i lavoratori bianchi chiamati alle armi, e trovano impieghi anche ben pagati nell’industria bellica. La guerra segna così l’inizio della “seconda grande migrazione” degli afroamericani dagli Stati rurali del sud ai centri urbani del Nord, West e Midwest.

L’importanza degli afroamericani per lo sforzo produttivo destinato alla guerra è tale che nel 1941, sulla spinta della marcia su Washington organizzata dal leader sindacale nero A. Philip Randolph, Roosevelt emana l’ordine esecutivo 8802 che desegrega l’industria bellica. La parola d’ordine che percorre la comunità afroamericana è quella della Double V: vittoria contro il fascismo all’estero, vittoria contro la discriminazione a casa.

Nel 1945 gli afroamericani piangono la morte di Roosevelt. Josh White, cantante di blues che ha conosciuto personalmente il presidente, lo commemora con The Man Who Couldn’t Walk Around: irrituale, l’esplicito riferimento alla poliomielite di Roosvelt e l’esaltazione dei risultati che è comunque riuscito a raggiungere, è anche la metafora dell’”handicap” che i neri devono riuscire a superare.

[youtube id=”uVFZkzpLQkI”]

Ma la fine della guerra per gli afroamericani è una doccia fredda.

Molti perdono i loro nuovi posti di lavoro. L’alterazione dei precedenti equilibri razziali prodotta dalla partecipazione degli Usa al conflitto ha messo in agitazione le componenti più razziste dell’America bianca, soprattutto negli Stati del sud, dove reagiscono rabbiosamente. Non si contano le angherie nei confronti dei reduci afroamericani: e numerosi sono i casi di linciaggio, con episodi particolarmente atroci. Nel luglio del 1946 a Monroe, in Georgia, un veterano e la moglie, assieme ad un’altra coppia di neri, vengono tirati giù da un’auto da un gruppo di uomini, allineati e uccisi a colpi d’arma da fuoco: in uno dei corpi vengono individuati 180 fori di proiettile. L’indagine viene archiviata, ma i giornali afroamericani in tutto il Paese pubblicano le foto dei volti massacrati delle vittime: la fotografia comincia ad essere largamente usata come arma di denuncia del razzismo.

Nata nel 1909, la Naacp (National Association for the Advancement of Colored People), che ha costruito la propria credibilità fra gli afroamericani innanzitutto sulla battaglia condotta fra le due guerra contro la pratica del linciaggio, e che entra nel secondo dopoguerra cresciuta in radicamento, ruolo e forza contrattuale, sensibilizza Harry Truman – che alla morte di Roosvelt ha assunto la presidenza – su quello che sta avvenendo.

Truman è tutt’altro che esente da pregiudizi razziali. Ma dato il maggioritario appoggio elettorale degli afroamericani al Partito Democratico, deve tenere conto della Naacp e, controvoglia, nel giugno del 1947 interviene anche alla manifestazione dell’organizzazione al Lincoln Memorial, ascoltato in diretta radiofonica da un’audience enorme.

Poi, nel 1948, emana l’ordine esecutivo 9981 che impone la desegregazione e uguali opportunità e condizioni di trattamento all’interno delle forze armate.

LawsonandTruman-XL

Il presidente Harry Truman nel suo studio

E’ luglio, e mancano poco più di tre mesi alle elezioni presidenziali e Truman compie un grande azzardo politico. In realtà il presidente ha puntato sull’inserimento nella piattaforma democratica di un’agenda sui diritti civili molto più blanda, ma è rimasto spiazzato da dinamiche interne al partito e soprattutto da un memorabile intervento alla Convention democratica di Hubert Humphrey, che incita il partito a imboccare con decisione la strada dei diritti umani.

A questo punto Truman assume vigorosamente come proprio questo impegno, che peraltro suscita grandi resistenze, malumori e perplessità, in particolare fra i democratici del Sud ma anche tra altri navigati esponenti democratici che ritengono che questa scelta possa indebolire il partito e sia inopportuna poco prima delle presidenziali.

Ma d’altro canto Truman ha combattuto e si è fatto onore nella prima guerra mondiale – è stato proprio lì che col grado di capitano ha rivelato decisione e capacità di comando – sa cosa sia rischiare la vita in guerra ed è realmente indignato dai soprusi e dalle violenze contro i reduci afroamericani.

A chi nel 1948, anche fra i democratici, lo critica per i suoi provvedimenti contro la segregazione, risponde: “I miei antenati erano confederati: ma mi ha dato il voltastomaco sapere che nel Mississippi  soldati neri, appena tornati da oltreoceano, siano stati tirati giù dai camion militari e picchiati”.

Emanato l’ordine 9981, Truman conduce un eccezionale rush finale di campagna elettorale e vince contro tutti i pronostici: il giorno dopo le elezioni, trionfante, si toglie la beffarda soddisfazione di farsi fotografare con tra le mani una copia del Chicago Tribune che annuncia “Dewey sconfigge Truman”.

Victorious presidential candidate Pres. Harry Truman jubilantly displaying erroneous CHICAGO DAILY TRIBUNE w. headline DEWEY DEFEATS TRUMAN which overconfident Republican editors had rushed to print on election night, standing on his campaign train platform. (Photo by W. Eugene Smith//Time Life Pictures/Getty Images)
Harry Truman vittorioso alle elezioni del 1948

Ma sono comunque necessari anni di dialettica fra Truman – cui poi nel 1952 succede Eisenhower – la Commissione sull’uguaglianza di trattamento ed opportunità, pure voluta da Truman, e i vari corpi delle forze armate perché il processo di desegregazione giunga finalmente nel 1954 a compimento.

Processo che viene anche favorito dalla guerra di Corea, che inizia nel 1950, sia perché le forze armate americane hanno bisogno di uomini, e questo incentiva il reclutamento dei neri, sia perché mentre gli Stati Uniti si propongono come paladini nel mondo della democrazia e della libertà contro il comunismo, non possono esporsi all’imbarazzante accusa da parte dei paesi comunisti di avere un esercito ancora segregato su basi razziali.

Guerra di Corea per la quale il mondo afroamericano non arde di entusiasmo, come testimonia fra l’altro Korea Blues di J.B. Lenoir (nato nel ’29 nel Mississippi), inciso già nel 1950, in cui lo spettro della morte in combattimento si mescola con quello del tradimento da parte della propria donna rimasta sola a casa.

[youtube id=”sIBRiVqajwo”]

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio mercoledì 17/12 19:29

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 17-12-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve mercoledì 17/12 18:31

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 17-12-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di mercoledì 17/12/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 17-12-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di mercoledì 17/12/2025 delle 19:49

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 17-12-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Il giusto clima di mercoledì 17/12/2025

    Ambiente, energia, clima, uso razionale delle risorse, mobilità sostenibile, transizione energetica. Il giusto clima è la trasmissione di Radio Popolare che racconta le sfide locali e globali per contrastare il cambiamento climatico e ridurre la nostra impronta sul Pianeta. Il giusto clima è realizzato in collaborazione con è nostra, la cooperativa che produce e vende energia elettrica rinnovabile, sostenibile, etica. In onda tutti i mercoledì, dalle 20.30 alle 21.30. In studio, Elena Mordiglia e Marianna Usuelli, in redazione Lorenzo Tecleme e Gianluca Ruggieri.

    Il giusto clima - 17-12-2025

  • PlayStop

    L'Orizzonte delle Venti di mercoledì 17/12/2025

    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 17-12-2025

  • PlayStop

    Esteri di mercoledì 17/12/2025

    1) Dove non distruggono le bombe, distrugge la pioggia. A Gaza più di 100 edifici sono crollati per il temporale, mentre un altro neonato è morto di freddo. (Francesco Sacchi - Emergency) 2) Armi sostenibili. Gli investimenti “verdi” europei che alimentano l’industria della guerra. Tra le aziende finanziate anche Elbit Systems, primo produttore di armi israeliano. (Alice Franchi) 3) Dalla deforestazione ai bio fuels. Gli effetti concreti delle decisioni in materia ambientale sulle foreste tropicali. (Daniele Cicuzza - Univ. Bornei) 4) Germania, la crescita di Afd spacca il paese. Ma la paura per l’estremismo di destra cresce tra i tedeschi senza un passato migratorio. (Alessandro Ricci) 5) “Vance un cospirazionista, Musk un drogato, Trump un uomo con la personalità da alcolizzato”. L’incredibile intervista della chief of staff del presidente Usa Susie Wiles. (Roberto Festa) 6) Progetti Sostenibili. A Barcellona il fiume Besos è tornato ad essere un fiume. E la città tutto intorno è rifiorita. (Fabio Fimiani)

    Esteri - 17-12-2025

  • PlayStop

    L'Orizzonte di mercoledì 17/12 18:35

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 17-12-2025

  • PlayStop

    Alessandro Grazian: il ritorno del cantautore e il nuovo album "senza titolo"

    È da poco uscito, a dieci anni dal precedente, il nuovo album di Grazian, apprezzato musicista e cantautore padovano. “Nella mia testa è un album senza titolo” racconta il musicista ai microfoni di Volume, “ma nel mondo di oggi dove tutto deve essere linkato e taggato ho dovuto scrivere qualcosa per cui alla fine si intitola Grazian”. L’album, che mette insieme le idee raccolte in questi dieci anni, esplora storie di amore imperfette, solitudine e diversità attraverso il leitmotiv di un ragazzo e una ragazza che si incontrano e si separano con la città di Milano sullo sfondo. Il cantautore ci ha raccontato anche come le esperienze nella musica per il cinema abbiano influenzato la scrittura dei testi e degli arrangiamenti del nuovo disco: "Negli ultimi anni mi sono appassionato molto alla sceneggiatura e al linguaggio del cinema e sicuramente quella visione si è trasferita anche nelle canzoni". L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive.

    Clip - 17-12-2025

  • PlayStop

    Poveri ma belli di mercoledì 17/12/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 17-12-2025

  • PlayStop

    Vieni con me di mercoledì 17/12/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 17-12-2025

  • PlayStop

    Volume di mercoledì 17/12/2025

    Il ricordo di Andrea Paroda del leggendario musicista country Joe Ely appena scomparso, Alice Cucchetti in studio per un best of delle serie tv più belle del 2025, il mini live di Grazian che suona e racconta il nuovo album, il brano di Natale del giorno e il quiz sul cinema dedicato a Rob Reiner.

    Volume - 17-12-2025

  • PlayStop

    Musica leggerissima di mercoledì 17/12/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

    Musica leggerissima - 17-12-2025

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di mercoledì 17/12/2025

    Considera l'armadillo di mercoledì 17 dicembre 2025 con Marco Granata, biologo, dottorando di @Università di Torino e di @ermlin project abbiamo approfondito la conoscenza dell' ermellino, mascotte delle olimpiadi invernali. A cura di Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 17-12-2025

Adesso in diretta