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Pose, la serie con il cast LGBT più ampio di sempre

pose serie tv

Ne avevamo già parlato come di una delle novità seriali più entusiasmanti del 2018, e per molti mesi abbiamo atteso di sapere quando e come sarebbe stata visibile in Italia: ora Pose, co-creata dal prolifico e acclamato Ryan Murphy, approda su Netflix.

Non sorprende, anche perché Murphy, dopo quasi 20 anni di carriera in casa Fox, ha firmato l’anno scorso un accordo di esclusiva con la piattaforma streaming senza precedenti: 300 milioni di dollari, il più alto compenso mai raggiunto da un creatore/showrunner.

Carico di tutti i premi che sta raccogliendo in questi mesi per la sua miniserie American Crime Story: L’assassinio di Gianni Versace, l’autore ha già messo in cantiere per Netflix due titoli, The Politician e Ratchet, il primo destinato a raccontare a ogni stagione una diversa campagna elettorale, il secondo sulla vita dell’infermiera Ratchet di Qualcuno volò sul nido del cuculo, entrambi forti di ormai storici attori murphyani come Jessica Lange e Sarah Paulson, oltre a ghiotte new entry come Gwyneth Paltrow e Sharon Stone.

Finora, però, è proprio Pose la serie che sembra aver portato a compimento il percorso dell’autore: è contemporaneamente di grande intrattenimento e fortemente politica, accessibile a un pubblico ampio pur raccontando di un fenomeno molto specifico. Ambientata nella New York degli anni 80, segue le vite di Damon, Blanca, Angel ed Elektra, il primo un ragazzino gay, cacciato di casa dai genitori, che sogna di diventare ballerino, le altre tre donne transgender latino o afroamericane, determinate a fare i conti, in modi diversissimi, con una società che più transfobica non si può.

L’impegno politico di Pose si estende anche oltre i suoi temi: la maggioranza del cast principale, per la prima volta nella storia della tv, è composta da interpreti transgender, così come ci sono autori trans dietro la macchina da presa, dalla regista e produttrice Janet Mock alla sceneggiatrice Our Lady J al regista Silas Howard. Inoltre, da qualche anno Murphy cerca di formare crew composte al 50% da donne, e in Pose, tra le altre cose, quattro episodi su otto sono firmati da registe (non è un gesto simbolico, ma un utile atto pratico: il numero di film diretti da donne, per esempio, è calato di 3 punti percentuali nel 2018, attestandosi sul 15% del totale). E, oltre tutti questi numeri e dati, Pose è una serie che sa raccontare un periodo storico preciso, attraversato da fenomeni drammatici come l’epidemia di AIDS, conservando uno spirito gioioso e vitale, fotografando con partecipazione le specificità di una comunità (quella che organizzava settimanalmente i ball, feste dove ci si sfidava a colpi di sfilate e di voguing, lo stile di danza poi reso celebre da Madonna), coinvolgendo lo spettatore, allontanandosi dalla convenzione che racconta certe storie solo sotto forma di tragedia e aspirando provocatoriamente a un lieto fine.

Fa il paio con uno storico documentario di Jennie Livingston, vincitore del Sundance nel 1991, intitolato Paris Is Burning, anch’esso reso disponibile su Netflix: crudo e realistico quanto Pose è colorato e vivace, le due opere si rispecchiano l’una nell’altra, in una visione che fa serenamente piazza pulita di pregiudizi, gabbie sociali, semplificazioni.

Foto | Wikipedia

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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