Approfondimenti

Non sono solo canzonette

dittatura

La perversione del Di Maio pensiero -“dall’anno prossimo solo televoto”- e del Salvini pensiero (e ora ci si mette pure il presidente della Rai, Foa) consiste nello sfruttare l’occasione di una kermesse canora per riaffermare sotto traccia un concetto molto più ampio, che nulla ha a che fare con Sanremo, e che è il vero obiettivo della polemica costruita ad arte: la loro idea di “volontà popolare”.

Un’idea che non è affatto “volontà popolare” ma è plebiscito. Il plebiscito non è democrazia, è manipolazione delle masse che favorisce le soluzioni autoritarie. La vera volontà popolare, come egregiamente indica ad esempio la nostra Costituzione, si esprime attraverso tutti gli istituti che mediano la rappresentanza.

Quando tu mortifichi le istituzioni, azzeri il Parlamento, affermi che “il governo è sovrano”, fai appello al “popolo” per farti difendere dalla Legge o per dare forza alla la tua volontà politica, stai minando la democrazia. E il concetto di “popolo” assume il suo contorno più sinistro. Quello della mobilitazione permanente delle masse, tipica delle dittature.

C’è poi un ulteriore piano di realtà, funzionale al progetto: la negazione del valore della conoscenza, della cultura, della funzione dell’esperto. Che siano i medici nella questione vaccini o i giurati nella scelta di una canzone, non cambia nulla. E’ una modalità di “guerra rivoluzionaria” per fare saltare in aria tutti gli ostacoli al raggiungimento del potere. In nome del popolo. Facendo leva su sentimenti irrazionali che purtroppo sono diffusi anche laddove non ce lo si aspetterebbe (“e perché dovrei dar retta a quel signore, solo perché si definisce scienziato?”). Con un prezzo altissimo: la distruzione della competenza, quindi il declino culturale ed economico, e la distruzione della democrazia.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Raul Gatti è un ex campione del tennis caduto in disgrazia, alcolista e disoccupato, interpretato da Pierfrancesco Favino nel film Il Maestro: “Ho seguito il tennis fin da ragazzo e mi sono subito affezionato a questo personaggio perdente, il più fallito che ho interpretato nella mia vita. Perché anche quelli che ho rappresentato in passato, per quanto fossero decaduti, avevano comunque un atteggiamento da vincenti”. Siamo negli anni ‘80 e Gatti viene assoldato per allenare un giovanissima promessa, Felice Milella, un ragazzino di 13 anni con i numeri per partecipare ai match più prestigiosi. Il regista Andrea Di Stefano aveva questo progetto nel cassetto molto prima che il tennis tornasse ad essere uno sport di moda: “Ho scritto questa sceneggiatura nel 2006, l’ho depositata e abbiamo le prove – ironizza il regista. Doveva essere il mio primo lungometraggio, prima ancora di realizzare L’ultima notte di Amore, con Pierfrancesco Favino, a cui avevo già pensato allora per questo personaggio di divo decaduto”. L'intervista di Barbara Sorrentini al regista Andrea Di Stefano e a Pierfrancesco Favino.

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