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Convincere Renzi a non essere più Renzi

In platea ad ascoltare Pisapia, ieri, c’erano anche due leader del Pd non renziano: il sindaco di Bologna, Merola, già renziano e oggi sostenitore di Orlando. E Gianni Cuperlo, che Pisapia ha salutato pubblicamente, riconoscendogli di essere parte del perimetro minimo cui l’ex sindaco di Milano fa riferimento per costruire il nuovo centrosinistra “ampio e aperto” che sta cercando di ricostruire.

Minimo, ma non esclusivo. Pisapia sa che il suo progetto non può partire escludendo Renzi a priori perché l’ex premier ha ancora le chances maggiori di tornare a essere il segretario del Pd.

“Renzi un avversario? Io non ho alcun avversario, lavoro per conto mio” ha detto Pisapia.

Il rapporto con Renzi è il problema più grande che Pisapia deve affrontare.

“Non aiuta che lui abbia detto che il segretario Pd è anche il candidato della coalizione” ha detto a Radio Popolare.

E non aiuta nemmeno che Renzi continui a usare toni arroganti, di chiusura. Non va bene che abbia affibiato l’etichetta di “reduci” agli scissionisti.

Il compito di essere il federatore, il costruttore dell’Ulivo dal basso come ha spiegato ieri, si scontra contro lo scoglio dell’ostilità reciproca tra renziani e anti renziani.

Renzi era il convitato di pietra. Tutti ne parlavano. I simpatizzanti per dire che no, con lui non si può più. I leader coi toni duri di chi si rivolge a un antagonista. E allora Pisapia ha sfidato Renzi sulle cose: lo Ius Soli, una legge contro la tortura, l’accoglienza dei migranti. Una legge sui voucher che risponda alle domande del sindacato altrimenti, ha detto, sosterrò i referendum della Cgil.

Il rapporto con i sindacati è un altro nodo cruciale. Ieri ad ascoltare Pisapia c’era anche il segretario della Fiom, Maurizio Landini.

“Renzi deve decidere con chi stare” è il messaggio chiaro di Pisapia, il punto irrinunciabile. E deve scegliere in fretta. Dopo il 30 aprile, il giorno delle primarie Pd, basta alleanza con la destra e con i Verdini.

Il successo del tentativo di Pisapia è nella rinascita del centrosinistra, o sinistra-centro come lo chiama lui. Nelle alleanze e soprattutto nelle politiche. O non sarà

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    Luigi Ambrosio
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