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Perché Russia e Turchia rimangono “alleati”?

E’ condivisa dalle autorità turche e russe l’idea che l’attentato all’ambasciatore russo ad Ankara avesse come obiettivo il danneggiamento delle relazioni tra i due Paesi. Relazioni che con fatica la Turchia ha cercato di ricostruire dopo l’abbattimento del jet russo, avvenuto in una fase di braccio di ferro tra i due Paesi nel campo di forze siriano.

Una strana relazione: due Paesi con leader dalle caratteristiche autoritarie e autocratiche simili, legati da relazioni economiche vitali, ma sul fronte siriano schierati su lati opposti. Relazione di cui la Turchia continua ad avere bisogno e che anche la Russia in questo momento sembra non disdegnare, pur con mille riserve.

Entrambi i Paesi hanno rilasciato dichiarazioni distensive, nessun diplomatico russo è stato ritirato dalla Turchia e nessun ufficio consolare chiuso; da parte sua la Turchia ha espresso subito la determinazione a non permettere che l’attacco oscurasse i rapporti russo-turchi  e ha mostrato piena collaborazione sulle indagini, accettando senza riserve l’invio di investigatori da Mosca. In Russia lo stesso Vladimir Putin ha parlato di una provocazione mirata a minare i rapporti tra i due Paesi e il processo di pace in Siria promosso da Russia, Turchia e Iran.

Ma l’assassinio di un ambasciatore è un fatto gravissimo che difficilmente può rimanere senza conseguenze sulle relazioni internazionali dei Paesi coinvolti. Prevedere in che modo non è facile. Il coltello dalla parte del manico in questo momento sembra averlo la Russia: in una posizione di forza sul campo siriano e capace di influenzare la già traballante economia turca.  La Turchia invece è più debole avendo sostenuto parte dei ribelli anti Assad, sconfitti nella battaglia per Aleppo; è sconvolta da linee di frattura esterne e interne sempre più profonde a causa della spregiudicatezza del suo leader e offre il fianco ad attacchi terroristici di diverse nature.

Tutto in questa situazione lascia pensare che alla Turchia convenga tenersi stretto l’amico russo, anche se ingombrante. Ma c’è un elemento, un tasto sensibile che una volta schiacciato può generare reazioni incontrollate che vanno al di là delle convenienze: si tratta delle relazioni che la Russia intrattiene non solo con Assad, che Erdogan voleva spodestare per prendere il controllo su una porzione di Siria, ma  anche con gli autonomisti curdi di Turchia, con cui il conflitto è ripreso e si è aggravato.

Comunque in questo momento nelle relazioni fra i due Paesi, almeno a parole, prevalgono il raggiungimento della pace in Siria e la comune lotta contro il terrorismo.

  • Autore articolo
    Serena Tarabini
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    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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    Nubi sull'università italiana: si moltiplicano le adesioni alle università private telematiche, mentre alle statali il governo Meloni taglia i fondi. Ospite l'economista Gianfranco Viesti. E poi, il caso Raiplay Sound, la censura nei confronti di un podcast – prima autorizzato e poi annullato - sulla storia di Margherita Cagol, una delle fondatrici delle Brigate rosse. A Pubblica Nicola Attadio, uno degli autori insieme al giornalista Paolo Morando e al musicista Matteo Portelli.

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