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Perché diciamo di non andare a votare

L’unica cosa giusta da fare il 22 ottobre è non andare a votare. Andare alle urne per fare la croce sul No servirebbe solo ad abbassare di un paio di punti percentuali il risultato del plebiscito che il presidente di regione Lombardia Roberto Maroni ha preparato per lanciare la sua campagna elettorale verso la riconferma al Pirellone. Così come sarebbe inutile (e anzi dannoso) andare a votare a favore del quesito, per dimostrare che ci sono diversi modi di dire sì, come invitano a fare diversi sindaci lombardi del partito democratico. Si mettano il cuore in pace gli amministratori dem: un minuto dopo aver reso noto il risultato del referendum, Roberto Maroni e la Lega avranno già fagocitato nel calderone del finto voto autonomista tutti quei voti, attribuendoli a sé. Da qui al 22 ottobre c’è una sola cosa da fare. Raccontare ogni giorno che, mentre stanno portando avanti una riforma del sistema sanitario regionale che va sempre di più verso la privatizzazione del settore, Maroni e la Lega sperperano i soldi dei cittadini lombardi (tra pubblicità, acquisto dei tablet per il voto elettronico, merce di scambio coi 5stelle locali, e normali procedure elettorali siamo già a 50 milioni di euro di spesa). Soldi che avrebbero potuto spendere, ad esempio, per garantire, all’inizio del prossimo anno scolastico, visto che ora è di competenza regionale, il trasporto a scuola degli alunni disabili, che invece rischia di saltare. Ma se, dopo oltre 20 anni in cui (mal)governano questo territorio non hanno ancora fatto nulla di tutto ciò è perché, a Maroni e ai suoi sodali, dei cittadini lombardi interessa poco o nulla.

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    Alessandro Braga
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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