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Una palma d’oro che fa ridere

Palma d’oro a sorpresa a “The Square” di Ruben Ostlund, il regista svedese già conosciuto per “Forza maggiore” e che ha vinto con un film divertente che descrive il cinismo di un gallerista d’arte, costretto a fare i conti con una serie di sfortune che gli cascano addosso.

C’erano film migliori in questa 70ª edizione tanto, forse un po’ troppo vilipesa dalla critica.  Un’edizione che per ansia di celebrazione ha costruito un festival specchio dei tempi, con una selezione senza maestri (a parte Michael Haneke, che poteva stare tranquillamente fuori concorso), ma con registi ancora ‘giovani’ e con un cinema che mescola ricerca e passione per i film, soprattutto del passato (si pensi a Hazanavicius o a Todd Haynes, a Ozon e a Doillon).

Inoltre, la scelta di proporre le prime nuove puntate di “Twin Peaks” di David Lynch e la sfida di prendere in concorso due film prodotti per Netflix.

Tornando al palmarès, giusto il premio all’attrice Diane Kruger che dedica la palma a tutte le vittime del terrorismo, tema trattato nel film di cui lei è protagonista, “In the fade” di Fatih Akin.

Inspiegabili due premi a Lynne Rimsey: uno per l’attore Joaquin Phoenix, l’altro per la sceneggiatura confusa del film “You were never really here” in ex aequo con il regista greco Yorgos Lanthimos per il bel film “The killing of the sacred deer”.

Giusto il Premio della Giuria al russo Zvyaginstev, che con “Nelyubov-Senza amore” meritava la Palma d’Oro. Così come Robin Campillo, favorito fino all’ultimo alla Palma d’Oro e sostenuto fino all’ultimo dal Presidente della giuria Pedro Almodovar, si accontenta del Gran Prix, per il suo intenso dramma sull’Aids in “120 battiti al minuto“.

Azzeccata e perfetta la regia di Sofia Coppola per “L’Inganno” e inevitabile il premio Speciale 70esimo all’attrice australiana Nicole Kidman.

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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