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Siamo già in debito con la Terra

Oggi è l‘Overshoot Day, il giorno in cui nel mondo si esauriscono le risorse che la terra riesce a rigenerare in un anno. È quanto ha calcolato per il 2016 il Global Footprint Network, organizzazione di ricerca internazionale che ogni anno misura il consumo delle risorse disponibili sul pianeta. Nel 2015 fu il 13 agosto. Nel 2000, quando si incominciò a calcolarlo, era circa a metà settembre.

In pratica da oggi cominceremo a sfruttare risorse in teoria non ancora rigenerate, iniziando a consumare il futuro. Per esempio emettiamo più anidride carbonica in atmosfera di quella che gli oceani e le foreste sono in grado di assorbire e in questo modo acceleriamo lo squilibrio climatico che contribuisce a ridurre le risorse disponibili perché aumenta la desertificazione e l’inaridimento delle terre.

Ovviamente la situazione non è così drammatica in tutte le parti del pianeta. Ci sono alcuni Paesi che già stanno facendo molto per ridurre il loro impatto. Il Costa Rica, esempio mondiale di sostenibilità, nei primi tre mesi di quest’anno ha generato il 97 per cento della sua elettricità da fonti rinnovabili. Anche il Portogallo, la Germania e la Gran Bretagna hanno raggiunto livelli elevati circa la capacità di produrre energia rinnovabile, tanto che, nel caso del Portogallo per esempio, il cento per cento della sua domanda di energia elettrica è stata soddisfatta da fonti rinnovabili per diversi giorni.

Per quel che riguarda l’Italia, se la popolazione mondiale vivesse e consumasse al ritmo di noi italiani servirebbero 2,7 pianeti, mentre per soddisfare la domanda italiana di risorse sarebbero necessarie 4,3 “Italie”.

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“Per invertire questa tendenza serve sicuramente una politica seria sull’argomento ma sono importanti anche i comportamenti dei singoli individui”, dice Roberto Brambilla, della rete civica che per l’Italia segue l’Overshoot Day.

Ascolta qui l’intervista a Roberto Brambilla

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  • Autore articolo
    Alessandro Braga
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    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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