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Lo sforzo dell’ONG La Strada per sostenere le donne vittime di violenza in Ucraina

violenze - Ucraina

Per parlare delle violenze che stanno subendo in queste settimane le donne ucraine, abbiamo raggiunto telefonicamente Kateryna Cherepakha, la presidente della sezione ucraina dell’ONG europea La Strada. L’organizzazione si occupa di violenza domestica, di genere, di traffico di esseri umani e, dall’inizio della guerra, tenta anche di aiutare le donne che in queste settimane stanno denunciando violenze sessuali e stupri commessi dai soldati. Il numero di emergenza dell’associazione, attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ha ricevuto nelle scorse settimane diverse richieste di aiuto.

La nostra organizzazione ha due numeri gratuiti di emergenza, uno dedicato ai casi di violenza domestica, traffico di esseri umani e discriminazioni di genere, l’altro invece dedicato a bambini e ragazzi. Questi numeri esistono da diversi anni, ma dal 24 febbraio, da quando la guerra è iniziata, abbiamo continuato a ricevere molte chiamate. Ne riceviamo di ogni tipo, ovviamente sono quasi sempre le donne a chiamarci per segnalare violenze domestiche e di genere. Ma la tipologia di chiamate più inquietante è sicuramente quella che riguarda le violenze sessuali e lo stupro da parte delle truppe russe.

Dall’inizio del conflitto ci sono stati segnalati casi che hanno visto coinvolte sei persone, tutte donne e ragazze, di cui tre minori. Questi sono soltanto quelli che abbiamo ricevuto noi, tramite le nostre helpline, ma altri sono stati denunciati alle autorità, ad altre organizzazioni e attraverso i media. A questi si aggiungono quelli che, sfortunatamente, non conosceremo mai perché molte ragazze e donne abusate sono state poi uccise. Durante la guerra e l’occupazione le donne diventano estremamente vulnerabili e subiscono diversi tipi di violenza, ma violenze sessuali e stupri sono di certo le più diffuse

Cosa sta facendo la Strada per aiutare queste donne?

Al momento operiamo con i nostri numeri di assistenza e siamo disponibili anche online. Offriamo supporto e consulenza psicologica a quanti riescono a contattarci, così come informazioni e assistenza legale. Proviamo anche a fare da tramite con altre organizzazioni o a segnalare alle vittime luoghi dove possano ricevere un aiuto immediato, trovare rifugio e denunciare le violenze.
A volte capita che la prima volta non sia la vittima a contattarci direttamente. Ci sono donne che si rivolgono a noi per conto di altre e raccolgono informazioni. Solo in un secondo momento, le vittime chiamano il nostro numero e si rivolgono all’organizzazione.
Per le donne è difficile parlare di questo specifico tipo di violenza ed è necessario che gli operatori che entrano in contatto con loro, che sia al telefono, online o di persona, abbiano ottime capacità comunicative, impegno, empatia e conoscenze psicologiche di base per gestire la situazione ed essere in grado di capire a chi segnalare il caso e quali informazioni dare in queste situazioni. Capire, per esempio, se dare i contatti telefonici della polizia o dell’ufficio del procuratore generale che sta raccogliendo prove sui crimini di guerra, oppure quelli di organizzazioni locali che possono offrire assistenza medica o di altro tipo.
E c’è sicuramente anche bisogno di pazienza e tempo, perché le vittime sono davvero traumatizzate. Allo stesso modo servono risorse, finanziarie ma anche umane, per far fare loro terapia e aiutarle a riprendersi e ricostruire una vita che sia il più possibile equilibrata.

Quindi, ci vorrà tempo anche per conoscere l’effettiva dimensione di questo fenomeno?

Anche se mettessimo insieme tutte le segnalazioni raccolte, non potremmo avere un quadro realistico di quello che sta avvenendo. La violenza sessuale e lo stupro sono crimini che non vengono facilmente denunciati dalle vittime. Anche in tempi normali, in tempi di pace, le donne non riescono a parlarne perché si tratta di questioni molto delicate e anche a causa dello stigma sociale.
Mentre noi stiamo parlando, ci sono donne in Ucraina che sono in pericolo, si trovano nei territori occupati e in luoghi dove sono tagliate fuori da ogni cosa, non hanno elettricità, acqua corrente, e soprattutto non hanno la possibilità di contattare qualcuno e denunciare. Per queste persone l’unico obiettivo al momento è quello di rimanere in vita. Le vittime riescono a denunciare quello che hanno subito, soltanto quando si sentono al sicuro, se i soldati vengono allontanati dai territori dove si trovano o quando le persone abusate riescono a lasciare il Paese.
Ci aspettiamo che con il tempo, quando le persone riusciranno a ricevere supporto, a fare terapia, ci saranno molti più casi denunciati perché le donne abusate si sentiranno più forti o perlomeno in una situazione adatta per raccontare questi fatti. Ma non ci sono dubbi sul fatto che il numero delle vittime è molto più alto di qualsiasi dato che è possibile trovare adesso.

 

Eleonora Panseri
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    Redazione
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    La nave solidale colpita da droni prima della partenza per Gaza

    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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