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No Music For Genocide: un’alternativa è possibile

No Music For Genocide

“Unisciti al movimento: rifiuta il genocidio e rimuovi la tua musica da Israele”. Questo è lo slogan di No Music For Genocide, un’iniziativa di boicottaggio culturale che si inserisce nel contesto dei boicottaggi di Bds. Più di 400 artisti e etichette discografiche hanno deciso di bloccare geograficamente Israele e rimuovere la loro musica dal Paese. Una risposta al genocidio, ma anche alla pulizia etnica in Cisgiordania, all’apartheid israeliano, alla repressione politica degli sforzi pro-Palestina e ai legami dell’industria musicale con le armi e i crimini contro l’umanità.
“Il successo dei boicottaggi culturali contro l’apartheid in Sudafrica dimostra che il lavoro creativo ci garantisce potere e influenza”, si legge sul sito del movimento. A pochi mesi dall’invasione russa dell’Ucraina, tutte le principali etichette discografiche hanno rimosso il loro intero catalogo dalla Russia o hanno chiuso le loro attività, condannando implicitamente o esplicitamente le azioni di Putin e donando fondi all’Ucraina. Nessuna misura di questo tipo è stata presa contro Israele, o a sostegno della Palestina, dopo decenni di occupazione e 23 mesi di genocidio.
Fra i 400 che hanno preso parte all’iniziativa ci sono i Massive Attack, i Fountain Dc e i Kneecap. I Massive Attack non hanno aderito solo al movimento, ma hanno anche deciso di rimuovere la loro musica dal catalogo di Spotify: sono il primo gruppo musicale di una major a farlo. Un gesto di protesta nei confronti di Daniel Ek, il Ceo della piattaforma musicale, che ha investito 600 milioni di euro nella società di intelligenza artificiale militare Helsing.
Sui social la band ha citato il “peso morale ed etico” che grava sugli artisti: i ricavi derivanti dal loro lavoro finiscono per finanziare tecnologie letali. A giugno, la società di venture capital di Ek, Prima Materia, ha guidato l’ultimo round di finanziamenti dell’azienda di tecnologia per la difesa. Il software di Helsing utilizza la tecnologia dell’intelligenza artificiale per analizzare i dati dei sensori e dei sistemi d’arma provenienti dai campi di battaglia per informare le decisioni militari in tempo reale. Produce anche un proprio drone militare, l’HX-2.
Sotto al post su Instagram in cui i Massive Attack comunicavano la decisione ai fan, un portavoce di Spotify ha replicato dal profilo spotifyforartists. “Spotify e Helsing – scrive – sono due aziende completamente separate. E anche se non posso parlare per conto di Helsing, so bene che non sono coinvolti a Gaza. Lo so perché anch’io mi sono posto le stesse domande e ho chiesto chiarimenti. Gli sforzi di Helsing sono concentrati sulla difesa dell’Europa in Ucraina”. Come fanno notare alcuni utenti, le due aziende sono separate dal punto di vista legale, ma non dal punto di vista finanziario. Daniel Ek non è solo il Ceo di Spotify, ma anche il presidente di Helsing.
I Massive Attack si uniscono a una serie di altri gruppi, come gli australiani King Gizzard and the Lizard Wizard, la band statunitense Hotline TNT e i Deerhoof nel rimuovere la loro musica da Spotify in seguito agli investimenti di Ek. A differenza degli altri artisti, però, i Massive Attack non potranno ospitare la loro musica sull’alternativa Bandcamp, perché è disponibile solo per artisti di etichette indipendenti. Dopo essere passati a Bandcamp e aver reso i loro album “paga quanto vuoi”, anche zero sterline, l’intero catalogo di 27 album dei King Gizzard ha occupato i primi 27 posti della piattaforma.

Valeria Schroter

 

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    Niente visti per chi fugge da Gaza in Italia

    Nonostante due sentenze del Tribunale di Roma che riconoscono il diritto ad ottenere un visto umanitario per i cittadini di Gaza, citando anche la convenzione internazionale sulla prevenzione del genocidio, in Italia per motivi umanitari o per ricongiungimenti familiari, “il governo è rimasto completamente inerte”. Come denuncia Gianfranco Schiavone presidente Consorzio italiano solidarietà e membro di Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione): “L’arrivo di alcuni minori con le famiglie di qualche settimana fa era un’azione propagandistica perché quando viene posto davanti alle sue precise responsabilità giuridiche di fatto il governo italiano non agisce”. L’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia a Gianfranco Schiavone.

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