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Moni Ovadia: la patria mobile degli esuli

A 25 anni dallo straordinario successo di “Oylem Goylem” il celebre artista torna in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano con il suo nuovo spettacolo “Dio Ride. Nish Koshe” che riprende il tema dell’ebreo errante, con nuove storie e musiche esguite dal vivo dalla Ovadia Stage Orchestra.
Ai microfoni di Radio Popolare Moni Ovadia riflette, racconta, si indigna e sorride, con lo stesso spirito con cui sale sul palco.

Secondo una narrazione talmudica con il valore di commentario poetico, Dio ride sostanzialmente di sé stesso. E ride, perché è entrato a gamba tesa in questioni di uomini, nelle quali non avrebbe dovuto entrare. Questo insegna molto, anche se naturalmente siamo nella chiave del paradosso. Durante una discussione di maestri, che parlano di un punto della legge, uno di loro chiama a testimone Dio della sua ragione, e Dio invia una voce celeste, cosa che non doveva fare. A quel punto, un altro maestro strilla “Non è nei cieli!” Insomma, nelle questioni che riguardano la Terra, il Padreterno se ne stia al suo posto. Io lo trovo straordinario, uno spunto vertiginoso contro ogni fanatismo, intolleranza.
Dio ride di varie cose. Degli uomini, e loro ridono di lui. Ma questo mio cammino nasce da un assillo. La drammaturgia è la stessa di “Oylem Goylem” ma i contenuti sono diversi. Lì parlavo di esilio, mamme, denaro, attività commerciali. Qui siamo sempre nel quadro dell’esilio ma il tema è la spiritualità umoristico-paradossale. Wittgenstein diceva che un serio e fondato saggio filosofico dovrebbe consistere di storielle e barzellette. E il filosofo Slavoj Cicek ha scritto un saggio dal titolo “Centosette barzellette.” Io sono sulla stessa linea nel mio modestissimo ambito.
L’assillo che muove tutto questo, dicevo, è che l’esilio non è più permesso perché l’umanità ha alzato muri. Muri, fili spinati, barriere fisiche ai confini e nell’anima. Tutto questo provoca intolleranza, violenza, ottusità, stupidità. E faccio riferimento al muro più terribile, quello che segrega il popolo palestinese, lo spossessa, lo deruba del suo futuro, delle sue risorse, lo vessa e chiude gli israeliani in un ghetto iperarmato e consumista. Una autentica catastrofe.
Parto da qui per dire che, nella condizione dell’esilio la spiritualità era straordinaria, si poteva ridere di Dio, con Dio, Dio rideva di sé stesso e si celebrava il sapere e la profondità dell’anima. Lo dico con musica, canti, umorismo ma anche con letture da Franz Rosenzweig, il più grande filosofo ebreo del ‘900, con le parole di Chaim Potok che spiega chi sono questi ebrei di cui si parla, un mucchio selvaggio di meticci sbandati, male in arnese, piagnucolosi, che ebbero l’estro di colonizzare il cielo col Dio dello schiavo straniero e inventare la “patria mobile.”
La Torah non porta al nazionalismo, perché il nazionalismo è la più intollerabile forma di idolatria, l’idolatria della terra.
Gli ebrei sono esattamente come tutti gli altri. Quando si comportano in modo orrendo lo fanno come tutti i nazionalisti. L’intelligenza ebraica derivava da quattro cose: essere in esilio, essere in minoranza, essere perseguitati e il fatto che tutti nel mondo della “Yiddishkeit” studiassero le scritture. Lo facevano i sapienti, i ciabattini, i sarti e anche i borsaioli. Questo ha fatto l’eccellenza ebraica. Il resto dimostra che sono esseri umani come gli altri che cadono nella coazione a ripetere dell’uomo, che da millenni non capisce che saremo in pace solo quando vivremo da stranieri fra gli stranieri.

  • Autore articolo
    Ira Rubini
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    1) 25 novembre, quando lo stupro è un’arma di guerra. Nel Sudan sconvolto dalla più grave crisi umanitaria al mondo, migliaia di donne e bambini sono vittime di violenza di genere. (Stefano Piziali - Cesvi) 2) Ucraina, mentre i negoziati per un accordo tra Mosca e Kiev continuano, il piano per la pace Statunitense spacca l’amministrazione americana. (Roberto Festa) 3) La peggiore crisi economica mai registrata. L’occupazione israeliana in Cisgiordania e la distruzione e Gaza hanno provocato un crollo senza precedenti nell’economia palestinese, riportando il paese indietro di decenni. (Allegra Pacheco - West Bank Protection Consortium) 4) “A Dankirque non si vive, si sopravvive”. Sulle coste francesi la situazione umanitaria delle persone migranti peggiora giorno dopo giorno e lo stato non si assume le sue responsabilità. (Veronica Gennari) 5)Lo scandalo di pedofilia che ha sconvolto il vescovo di Cadice è un caso senza precedenti nella chiesa spagnola. (Giulia Maria Piantedosi) 6) Rubrica sportiva. Dopo 52 anni, la nazionale di calcio di Haiti si qualifica per i mondiali. Un risultato storico e prezioso per un paese distrutto dalla violenza. (Luca Parena)

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    Oggi a Cult Mary Sarnataro ci ha parlato di “Zitte mai!”, la serata speciale in scena al teatro Lirico di Milano, che un gruppo di comedians, capitanate da Deborah Villa, dedica all'associazione Cerchi nell'Acqua, che da anni è vicina alle donne vittime di violenza. A partire dalla libertà di esprimersi, la prima che viene a mancare quando una relazione diventa prevaricante, l'appuntamento sarà l'occasione per riflettere sulla violenza sulle donne, usando lo strumento della comicità. L’intervista di Ira Rubini.

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    Celebriamo la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne con una selezione musicale quasi esclusivamente al femminile, tra novità degli ultimi giorni e brani più storici. Nella seconda parte Corrado Nuccini ci parla di Solido Festivalino di Ferrara, che andrà in scena questo weekend, e ospitiamo Marco Giudici che ci racconta e suona alcuni pezzi del suo nuovo album "Trovarsi soli all'improvviso".

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