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Milano Aiuta, l’iniziativa di Milano per fornire supporto agli over 65

milano aiuta over 65

Da qualche giorno c’è una iniziativa, Milano Aiuta e la mail milanoaiuta@comune.milano.it, che serve a raccogliere tutte le iniziative a favore della fascia della popolazione che in questo momento è ancora più fragile, gli over 65.

È uno dei tanti modi, in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo in questi giorni, per creare una rete di solidarietà e darsi tutti una mano a distanza, visto che fisicamente non si può.

L’iniziativa milanese è coordinata dall’assessore ai servizi sociali Gabriele Rabaiotti. L’intervista di Alessandro Braga a Fino Alle Otto.

Come funziona l’iniziativa Milano Aiuta?

È una mail di raccolta che si rivolge a gruppi, associazioni ed imprese. Non si rivolge a persone individuali perché sarebbe complicato a tenere insieme tutte le parti. Milano Aiuta è nata dopo le diverse sollecitazioni arrivate quando l’emergenza si è fatta forte: abbiamo immaginato di poter avere un canale di raccolta e di raccordo per mettere insieme tutte queste disponibilità di servizi ed attività che vengono svolte a titolo gratuito e che sono rivolte alla popolazione più fragile che è stata invitata in questi giorni a rimanere a casa. Oggi l’invito vale per tutti, ma in quei giorni l’appello era rivolto in particolare agli over 65. L’idea è quella di raccogliere queste informazioni e da giovedì mattina attiveremo sullo 020202 un canale diretto: le persone potranno chiamare e i nostri operatori costruiranno il raccordo tra le domande e le richieste che perverranno dalle persone al loro domicilio e queste disponibilità.

Facciamo un esempio: ho 70 anni, vivo a casa da solo e in questo momento non posso uscire se non per comprovate necessità. Posso rivolgermi a questo servizio affinché qualcuno mi porti a casa le spesa e i farmaci?

Certo. Diciamo che la persona che chiama parla con gli operatori. Questi hanno sotto mano questa rete di contatti che si è fatta presente e visibile con Milano Aiuta. A quel punto, a seconda delle esigenze, noi attiviamo il canale che potrebbe riguardare la consegna della spesa a domicilio, la consegna del farmaco o la visita non rinviabile. Più iniziative riusciremo a raccogliere, più servizi riusciremo ad offrire.
Parallelamente a Milano Aiuta, insieme a Fondazione Cariplo e Fondazione di Comunità Milano, è stato attivato un fondo di raccolta dei soldi per poter donare risorse economiche e con queste anche pagare servizi ed attività che vengono date alle persone a titolo gratuito. Questo è il meccanismo che stiamo cercando di attivare e di cui Milano Aiuta è sicuramente un pezzo molto importante.

In questi giorni passando sotto i ponti della Stazione Centrale i posti in cui fino a dieci giorni fa decine di persone dormivano nei sacchi a pelo sono vuoti. Cosa è successo?

Sono successe molte cose. Questa emergenza mette un po’ di timore e di paura a tutti, anche chi sta per strada e chi non ha un ricovero o un posto sicuro in cui stare. Noi abbiamo tenuto aperte tutte le strutture di accoglienza e ospitalità per i senza dimora e proprio su queste nei prossimi giorni partirà un lavoro insieme ad Emergency per avere gli screening all’interno di queste strutture collettive molto particolari in cui l’esposizione al rischio di coronavirus è più forte che altrove. Partiremo con l’iniziativa grazie alla disponibilità arrivata proprio grazie a Milano Aiuta.

Lei tutti i giorni si rapporta col terzo settore. Che situazione stanno vivendo queste persone?

Gli incontri che abbiamo fatto sono stati rivolti a capire quali forme di tutela si potevano immaginare per i lavoratori e gli operatori delle cooperative e delle associazioni di promozione sociale, tutte quelle situazioni che abbiamo dovuto interrompere a partire dal decreto e dalle ordinanze successive e che nel tempo si sono spente. Siccome in alcuni casi questi contratti lavorano a prestazione si rischia di non vedersi riconosciuta la tariffa e, quindi, lo stipendio. Stiamo capendo come poter ovviare a questo grave problema. In molti casi queste sono strutture grandi in cui la manodopera è sicuramente il costo maggioritario. Come Consiglio Comunale abbiamo votato un primo stanziamento di 2 milioni di euro e sappiamo che la Fondazione Cariplo si è messa subito al lavoro su questo fronte e stiamo chiedendo al governo di intervenire a supporto perché il rischio di lasciare tanta gente a casa quando sarà finita l’emergenza è un rischio troppo alto.

Come vede la richiesta avanzata dal governatore Attilio Fontana al governo per una chiusura totale della Lombardia?

A me sembra una cosa ragionevole, ma mi sembra anche che in questo momento ci siamo mossi un po’ in ritardo rispetto alla richiesta di un atteggiamento più rigoroso e severo. Abbiamo tutti un po’ titubato perché non eravamo forse così consapevoli o non volevamo trasmettere paura e preoccupazione. Questo lo stiamo pagando. Forse più che lanciare appelli in maniera individuale andrebbe fatto un ragionamento insieme ai sindaci e alla conferenza Stato-Regioni per capire effettivamente quanto sia opportuno introdurre misure più dure e radicali. In questo momento non possiamo avere posizioni e comportamenti individuali che creano grande confusione. La gerarchia dell’ordine e la filiera del comando in una situazione di emergenza devono funzionare senza troppi protagonisti. Questa è la cosa che abbiamo un po’ pagato come Paese e la cosa che dovremmo imparare nei momenti di emergenza.

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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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