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#metoo in piazza a Parigi

Era l’occasione di trasformare l’hashtag #metoo che spopola sui social network di mezzo mondo in una manifestazione di sostegno alle donne vittime di violenza o molestie in Francia, una presa di coscienza e una reazione collettiva. Che fosse per denunciare uno stupro, le pesanti avances e palpatine varie subite in strada o sui mezzi pubblici o ancora le insinuazioni di un datore di lavoro maschilista, donne e uomini erano invitati a ritrovarsi in Place de la République, domenica scorsa, a Parigi.

Organizzata da una giornalista freelance e da qualche volontario in meno di due settimane, lo slogan della mobilitazione, “metoo nella vita reale”, era stato anche rilanciato in molte altre città francesi. Il risultato? Ecco le opinioni di chi c’era.

Aude, 41 anni: “E’ un po’ desolante che dopo aver visto molte persone mobilitarsi sui social, molte donne, molte con l’hashtag #metoo eccetera e alla fine ci sia pochissima gente. C’è qualche associazione, si vedono molte persone del settore ma… vedo poche ragazze. Poche donne in generale”.

Laetitia, 41 anni: “Fa capire bene che siamo ancora incapaci di trasformare le mobilitazioni via social in movimenti di piazza e che le persone che non hanno la cultura della manifestazione non la acquisiscono nei movimenti su internet. È facile scrivere #Metoo su un post, un’altra cosa è scendere in strada. Ma sono anche delusa dal fatto che non sia una manifestazione. Sarebbe stato meglio farsi vedere mentre così rimaniamo invisibili, parcheggiate sulla piazza e circondate dai celerini”.

Le ventenni, in ogni caso, preferiscono vedere il bicchiere mezzo pieno. Come Baïne, 23 anni, studentessa : “Di solito le violenze sulle donne non è che interessino molto, non mi pare che siano in molti a protestare. E stavolta mi sembra che l’impatto sia reale”.

Anche questo gruppo di ventenni fa notare come in una giornata grigia e piovosa come questa, non solo le donne ma anche molti uomini e diverse famiglie abbiano scelto di venire a manifestare. Certo, non è abbastanza, e Tiffaine, 25 anni, sottolinea : “Ho l’impressione che non ci siano politici, né personaggi pubblici o mediatici. Penso che la loro presenza sarebbe importante, senza bisogno che si approprino di un movimento spontaneo come questo, che è nato da un’iniziativa personale su Facebook ed è stato organizzato da persone diverse, non da un movimento. Per me è un dato positivo perché permette di riappropriarsi della lotta. Ma ci vorrebbero delle personalità, che sarebbero ascoltate anche da gente che non si sente direttamente coinvolta, perché siamo tutti coinvolti da questa problematica”.

La Francia non è nuova agli scandali a sfondo sessuale e sessista, basti pensare al caso Strauss-Kahn. Questa volta, mentre negli Stati Uniti scoppiava l’affaire Weinstein, a Parigi la rivista culturale Les Inrocks metteva in prima pagina Bertrand Cantat, l’ex cantante dei Noir Desir che ha ucciso a forza di botte la sua compagna, Marie Trintignant, nel 2003. Davanti alle polemiche, la redazione ha dovuto scusarsi pubblicamente ma la coincidenza aveva già avuto l’effetto di ravvivare l‘indignazione popolare.

Laetitia, 41 anni: “Bisogna sentirsi legittime. E c’è voluta una presa di parola pubblica perché anche le donne lambda potessero dire ‘anch’io’. E la cosa incredibile è che io come altre non mi sentivo coinvolta e poi ci siamo rese conto che sì, invece, che succede sempre da quando siamo ragazzine e che è diventata una cosa normale e che ci autocensuriamo in continuazione, in pubblico, come fosse normale e che tutto ciò non è normale”.

Rosa, 28 anni: “Sono spagnola, quindi non è la Francia, l’Italia o la Spagna, è il mondo. Il maschilismo è diffusissimo ed è importante sostenersi tra donne, unirsi contro le molestie e fare rete, organizzarsi e imparare a batterci per difenderci insieme”.

Negli ultimi anni, in realtà, il Paese sembra più sensibile a questi temi. Si sono moltiplicati blog, spazi online e reali in cui denunciare e condividere certe situazioni. Anche se la piazza non era piena, diverse centinaia di persone si sono comunque mobilitate e la parola, almeno quella, si sta liberando. Non solo quella delle donne perché sono tanti gli uomini che vogliono far sapere di esserci:

Gabriel, 29 anni: “Penso che anche i ragazzi abbiano un ruolo da giocare contro le molestie e il sessismo in generale, innanzitutto un ruolo di sostegno. Una delle cose che mi ha colpito di più del movimento #metoo, che ho scoperto settimana scorsa sulle bacheche delle mie amiche e che mi sembra nuova, è il fatto di esprimersi individualmente. Non è una presa di parola organizzata, collettiva, divisa in correnti. Ed era interessante capire se a partire da questa presa di parola individuale si sarebbe potuta creare una dinamica collettiva. Visto com’è andata oggi, a me sembra possibile”.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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