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Messico e nuvole, i luoghi simbolo del viaggio del Papa

Pochi Paesi al mondo possono vantare un valore simbolico così alto per un Papa. Il Messico è il secondo Paese con più cattolici al mondo, ma anche l’unico Stato americano che non riconosceva il Vaticano fino a pochi anni fa. Dai tempi di Emiliano Zapata e di Pancho Villa, infatti, il giovane Paese “socialisteggiante”, fortemente influenzato dalla massoneria anticlericale e dal ruolo militante che ebbero i cristiani contrari alla rivoluzione, aveva negato il riconoscimento allo Stato Pontificio. Solo nel 1992 riconoscerà la “monarchia assoluta dello Stato della Città del Vaticano”, ma Wojtyla e Ratzinger non riuscirono ad esempio mai a incontrare il Presidente del Paese.

Papa Francesco sarà invece il primo Papa, forse perché latinoamericano, a varcare il portone del Palacio Presidencial di Città del Messico affrescato con i murales di Diego Rivera inneggianti la rivoluzione e i padri del comunismo. Ma le tappe più significative del viaggio sono altre. Si chiuderanno simbolicamente ad esempio cinque secoli di discriminazione, anche violenta, nei confronti delle lingue degli indigeni. La storia messicana ci ricorda che furono uomini di Chiesa a bruciare sul rogo i manoscritti delle civiltà maya e azteca ai tempi della Conquista, perché considerati “manifestazioni del Maligno”.

Nel Chiapas, lo Stato meridionale dei maya, nella cattedrale di San Cristobal de las Casas – il primo vescovo americano e difensore dei diritti degli indigeni – verrà celebrata per la prima volta la messa in lingua maya grazie al decreto pontifico appena firmato da Francesco che autorizza l’uso delle lingue autoctone nella liturgia cattolica. Ma il Chiapas è anche teatro dello scontro per la terra e della rivolta zapatista, oltre che il corridoio di ingresso per i disperati che scappando dal inferno centroamericano devono superare quello messicano per tentare di superare la frontiera con gli USA.

Dall’estremo Sud all’estremo Nord del Messico, l’altra importante tappa del viaggio pastorale sarà Ciudad Juarez. Una città simbolo in senso negativo di ciò che il Mesico è diventato. Capitale del fenomeno della sparizione di donne, crocevia dei traffici illegali di armi e droga, sede di uno dei Cartelli narcos più agguerriti, quello fino a poco tempo fa guidato da Amado Carrillo, il Señor de los Cielos della serie di Netflix. Ciudad Juarez è anche il punto di raduno dei migranti che tentano ogni notte di superare il confine e anche la cartina di tornasole delle promesse mancate del NAFTA, l’Accordo di libero scambio del Nord America.

Qui sorgono i capannoni delle imprese statunitensi delocalizzate che hanno spostato le lavorazioni in Messico solo per sfruttare manodopera a minor costo e senza diritti. E infine qui c’è il Muro, il famigerato muro di filo spinato e sensori avveniristici che gli Stati Uniti hanno innalzato lungo centinaia di chilometri per dividere i due Paesi. Quello che Donald Trump vorrebbe ancora rendere più alto esigendo che il conto sia pagato dai messicani. Gli incontri ai quali parteciperà Francesco in questa città percorreranno tutti i drammi di quell’umanità delle periferie. Incontrerà i detenuti del carcere cittadino, le associazioni che si battono per i diritti delle donne e infine terrà messa all’ombra del Muro che divide il Nord ricco dal Sud povero.

La visita pastorale di Francesco avviene in un paese in fiamme, con una guerra civile tra Stato e narcos costata migliaia di vite umane negli ultimi anni. Con sindaci e giornalisti ammazzati ogni mese, ma anche in un Paese dalla grande dignità e storia che offrirà a Francesco l’opportunità di ribadire a una folla gigantesca la sua dottrina di pace e giustizia. Il viaggio in Messico del Papa sarà un altro grande evento mediatico e politico che entrerà anche nella campagna elettorale statunitense. I destinatari dei suoi sermoni saranno i narcotrafficanti, i politici corrotti, l’economia di rapina, i violenti di ogni genere, ma anche e soprattutto la gente umile che da secoli aspetta giustizia. Un’umanità sofferente che in America Latina sta trovando un nuovo portavoce dopo anni e anni di invisibilità e indifferenza.

  • Autore articolo
    Alfredo Somoza
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    1) La guerra in Sudan continua e la crisi umanitaria si allarga. Le responsabilità, però, vanno ben oltre i confini del paese africano. (Giulia Chiopris - MSF, Emanuele Valenti) 2) “La guerra non si è fermata ha solo cambiato volto”. A Gaza la pace non esiste: almeno 236 palestinesi sono stati uccisi dall’entrata in vigore del cessate il fuoco. (Ezzideen Shehab) 3) “Maduro ha i giorni contati”. A colpi di raid e fake news, Donald Trump tenta di sollecitare la spallata interna al regime venezuelano. (Alfredo Somoza) 4) Spagna, a un anno dall’alluvione di Valencia l’indignazione popolare costringe il governatore Mazon alle dimissioni. (Giulio Maria Piantadosi) 5) Messico, l’omicidio del sindaco di Uruapan Carlos Manzo, che voleva rompere il compromesso sempre più stretto tra politica e narcotrafficanti. (Andrea Cegna) 6) New York, la vigilia. Domani il voto per il sindaco della città, un’elezione guardata con attenzione anche da Washington. (Roberto Festa) 7) Belem 2025, ultima chiamata. Il diario della Cop30: temi, obiettivi e sfide. (Alice Franchi)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    La mostra alla Fabbrica del Vapore di Milano, attraverso le opere di grafica di tre dei suoi massimi protagonisti: Pablo Picasso soprattutto, Joan Miró e Salvador Dalí, propone un percorso espositivo diviso i cinque sezioni. Il filo conduttore che unisce i loro percorsi artistici è il Surrealismo, inteso come corrente ma anche come mezzo privilegiato di espressione dell’inconscio e dell’identità individuale. In mostra il visitatore non troverà le opere pittoriche più significative, ma viaggierà sempre in prima classe con le grafiche e i disegni. Ascolta il servizio di Tiziana Ricci.

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